Cosa è andato storto, a Notre-Dame?
Uno dei più famosi monumenti del mondo è bruciato e nessuno se ne è accorto in tempo per evitare danni gravi: come è stato possibile?
L’abbazia di Notre-Dame a Parigi, uno dei monumenti più importanti e famosi del mondo, è stato gravemente danneggiato lunedì scorso da un enorme incendio che ha distrutto la famosa guglia della chiesa e due terzi del tetto. Le dimensioni dell’incendio, iniziato probabilmente per un incidente, e la velocità con cui si è allargato sono state facilitate dal fatto che la struttura del tetto era costruita interamente in legno, ma in molti si sono comunque stupiti del fatto che un posto come Notre-Dame non fosse protetto da sistemi antincendio moderni ed efficaci. In parte, ha spiegato il New York Times, quella di non avere un moderno sistema antincendio era stata una scelta consapevole, presa per non snaturare la complessa struttura del sottotetto dell’abbazia: qualcosa, però, non era stato valutato correttamente o non ha funzionato.
Alle 6.20 di lunedì pomeriggio, l’allarme antincendio dell’abbazia ha segnalato la presenza di fumo nel sottotetto, e quindi la possibilità che ci fosse un incendio. Ricevuto l’allarme, uno dei guardiani dell’abbazia ha cominciato a salire le scale verso il tetto della chiesa per andare ad ispezionare di persona il sottotetto e verificare cosa stesse accadendo: ci ha messo sei minuti e quando è arrivato in cima non ha notato niente di strano. Pensando a un falso allarme, alle 6.26 è tornato verso il basso e ha confermato che fosse tutto a posto. Ventitré minuti dopo la prima segnalazione, mentre Notre-Dame stava chiudendo ai visitatori, l’allarme antincendio è suonato per la seconda volta: questa volta, due guardiani sono saliti a verificare cosa stesse succedendo, ma alle 6.49, quando sono arrivati nuovamente in cima dopo i 6 minuti di scale necessari, le fiamme erano già troppo estese per poter intervenire. Alle 6.51 i vigili del fuoco sono finalmente stati chiamati: per spegnere l’incendio ci sarebbe voluta tutta la notte e parte della mattina successiva.
Nella ricostruzione di come è iniziato l’incendio, ci sono delle cose strane, o quantomeno sorprendenti. Come mai l’allarme antincendio non ha allertato immediatamente i vigili del fuoco? Come mai non ce ne erano sul posto? Perché il sistema antincendio richiedeva che una persona salisse fino al sottotetto (perdendo 6 minuti di tempo) per verificare la situazione? Come mai non c’erano sistemi per spegnere le fiamme automaticamente o evitarne la diffusione?
Intervistando esperti e persone che si erano occupate delle più recenti ristrutturazioni di Notre-Dame, il New York Times ha provato a rispondere a queste domande.
L’allarme dell’abbazia, come quasi tutti gli allarmi antincendio in Francia, non allerta direttamente i vigili del fuoco. Per evitare che ci siano falsi allarmi e uscite inutili di mezzi e persone, gli allarmi antincendio vengono sorvegliati da un guardiano sul posto, che ha il compito di verificare la situazione e poi chiamare soccorsi. È un sistema ragionevole, che però causa un allungamento dei tempi: nel caso di Notre-Dame questo allungamento era aumentato dal fatto che per salire in cima all’abbazia, nel sottotetto, servissero circa 6 minuti di tempo. Anche nel migliore dei casi, quindi, prima che qualcuno potesse arrivare sul posto con l’attrezzatura per spegnere un incendio, ci sarebbero voluti circa 20 minuti, ha calcolato il New York Times. In alcuni musei o edifici particolarmente importanti – al Louvre, per esempio – per ridurre iun rischi, c’è costantemente una pattuglia di vigili del fuoco, a Notre-Dame era invece tutto affidato ai guardiani.
Il “ritardo” nei tempi di allarme era naturalmente noto a chi si era occupato di progettare i sistemi antincendio della cattedrale. L’ultimo intervento era stato fatto tra il 2000 e il 2013 e diretto dall’architetto Benjamin Mouton, da cui il New York Times si è fatto spiegare diverse cose. Mouton ha raccontato che quando gli fu affidato l’incarico – che comunque portò avanti insieme a diverse persone – non era mai stata fatta una seria valutazione dei rischi di incendio dell’abbazia, che non aveva nemmeno un vero piano di evacuazione per turisti e personale. Come ha detto Régis Prunet, un ex vigile del fuoco che collaborò con Mouton, sembrava un miracolo che niente fosse mai andato storto.
Il pericolo di incendio più grosso di Notre-Dame era proprio legato alla struttura in legno che sosteneva il tetto della chiesa. Era una costruzione che in molti hanno descritto come “una foresta”, fatta di enormi travi di quercia che si incrociavano con scale e passatoie, in cui era difficile muoversi e in cui era ancora più difficile immaginare di poter inserire dei convenzionali sistemi antincendio. Installare i cosiddetti muri tagliafuoco – costruiti con materiali ignifughi che impediscono la propagazione delle fiamme – avrebbe per esempio richiesto di tagliare le travi di legno, snaturando la struttura del tetto, considerata a suo modo un elemento unico e da salvaguardare. Allo stesso modo, installare dei sistemi automatici per lo spegnimento delle fiamme avrebbe rischiato di danneggiare il legno anche in caso di piccoli incendi o falsi allarmi, a causa della troppa acqua, ha spiegato Mouton.
I tecnici che si occuparono della cosa sapevano che un incendio nel sottotetto si sarebbe propagato molto facilmente all’interno di una struttura completamente di legno, ma avevano calcolato che i tempi sarebbero stati più lunghi perché si aspettavano che un legno così vecchio come quello di Notre-Dame sarebbe bruciato lentamente. Per questo, Mouton e i suoi collaboratori decisero di affidarsi a un sistema di prevenzione e allarme, basato su sensori per il fumo e sul lavoro dei guardiani: la loro valutazione era che nel tempo richiesto per completare la procedura di allarme e verifica, un incendio non avrebbe potuto arrivare ad essere incontrollabile. I sensori, distribuiti a tappeto su tutta la cattedrale, venivano controllati tre volte al giorno e in ogni momento c’erano almeno due persone di guardia per un eventuale allarme.
Altri esperti consultati dal New York Times hanno messo in discussione le valutazioni di Mouton e dei suoi collaboratori, spiegando che era infondata l’idea che il legno di Notre-Dame sarebbe bruciato lentamente concedendo molto tempo ai soccorritori. Altri hanno invece suggerito che il sistema di rilevamento degli incendi avrebbe potuto essere aggiornato negli anni, o che si sarebbero potute fare delle scelte di compromesso che avrebbero permesso di proteggere la cattedrale senza interventi troppo pesanti sulla sua struttura. Il problema principale che ha permesso l’incendio di lunedì – oltre alla causa delle fiamme – sembra comunque essere stato proprio nell’intervento del guardiano che per primo è salito fino al tetto per controllarlo. È probabile che abbia sottovalutato la situazione o che non si sia accorto di qualcosa, perché un incendio da qualche parte c’era e i sensori lo avevano segnalato.