Di chi deve essere il dominio .amazon?
Da sette anni Amazon, la società, prova a ottenerlo; ma diversi paesi amazzonici si oppongono
Amazon, la grande società di Jeff Bezos, prende il suo nome dall’Amazon River, il nome inglese del Rio delle Amazzoni: il più grande fiume del mondo, che attraversa la foresta amazzonica. Per questo motivo, dal 2012 Amazon e otto paesi nel cui territorio c’è la foresta amazzonica si contendono il controllo del dominio web “.amazon“. Amazon vuole il dominio .amazon perché le sarebbe molto utile poter creare siti come “libri.amazon”; gli otto paesi – Brasile, Perù, Colombia, Ecuador, Bolivia, Venezuela, Guyana e Suriname – si oppongono perché dicono che sarebbe sbagliato se Amazon creasse e traesse profitto da siti come “turismo.amazon”.
Ci sono anche ragioni meno pratiche, come ha spiegato al New York Times Achilles Emilio Zaluar Neto, che si occupa di questioni tecnologiche presso il ministero degli Esteri brasiliano: «È una questione tecnica, ma c’è anche un aspetto emotivo. Diversi politici dell’Amazzonia hanno avuto forti prese di posizione. Pensano che, seppur in termini simbolici, una multinazionale si stia impossessando delle loro tradizioni».
La contesa tra Amazon e i paesi dell’Amazzonia va avanti dal 2012. Quell’anno l’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, l’organismo internazionale che si occupa della supervisione degli indirizzi Internet) decise di rendere disponibili, a pagamento, alcuni nuovi domini “generici“. Dei domini che fossero cioè diversi da quelli nazionali (come .it per l’Italia) e che si andassero ad aggiungere a domini come .com, .edu e .org. Chiunque poteva proporre un nome da aggiungere, pagare circa 200mila dollari e, se non arrivavano obiezioni, ottenere quel dominio. Amazon ci provò con diversi domini, compreso ovviamente .amazon. Brasile e Perù si opposero subito alla proposta e poco dopo si aggiunsero gli altri sei paesi, che tra l’altro sono anche tutti membri dell’ACTO, l’organizzazione internazionale per la tutela del bacino amazzonico.
Rodrigo de la Parra, vicepresidente dell’area latinoamericana e caraibica di ICANN, ha detto: «Non è la classica situazione in cui ci sono due parti che si contendono un nome. I governi degli otto paesi non hanno fatto richiesta per il dominio .amazon; sono solo preoccupati che a usarlo sia una società privata».
Da almeno un paio di anni Amazon sta cercando di andare un po’ incontro ai paesi dell’ACTO, proponendo di discutere con loro l’uso del dominio e facendo notare che lascerebbe comunque liberi i domini .amazonia o .amazonas (cioè i nomi in spagnolo e portoghese dell’Amazzonia, visto che “amazon” è il nome inglese). I paesi dicono però di volere un controllo condiviso del dominio, perché ritengano che sia l’unico modo di garantirne un uso efficace. I paesi hanno detto che potrebbero accettare nomi come “book.amazon”, ma che non sono disponibili ad accettare in futuro nomi come hotel.amazon o trip.amazon. I tentativi di mediazione vanno avanti da sette anni: Amazon si è anche offerta di pagare in vario modo i diversi paesi ma Francisco Carrión Mena, ambasciatore ecuadoriano negli Stati Uniti, ha detto che i paesi «non sono in cerca di soldi».
In più, le mediazioni sono rese difficili dal fatto che uno degli otto paesi, il Venezuela, sia in una complicata situazione economica e politica, che rende difficile per i paesi dell’ACTO coordinarsi tra loro. Al momento, Amazon ha tempo fino al 21 aprile per trovare un accordo con i paesi. Se non dovesse arrivare la decisione finale spetterebbe all’ICANN.
Bezos non ha mai spiegato nel dettaglio perché scelse il nome Amazon, ma ci sono riferimenti al fatto che la decisione fu presa perché il Rio delle Amazzoni era il fiume più grande del mondo e lui voleva fare qualcosa di altrettanto grande. Pare che prima di scegliere il nome Amazon furono presi in considerazione i nomi “cadabra” (da abracadabra: scartato perché ritenuto poco capace di ispirare fiducia), “relentless” (“implacabile”: scartato perché troppo spaccone), “awake” e “browse”. Se provate a digitare questi ultimi tre nomi seguiti dal .com, arrivate comunque ad Amazon.