Cosa sta succedendo in Irlanda del Nord
Giovedì sera è stata uccisa una giornalista a Londonderry (o Derry, secondo chi ne parla) e non è il primo recente episodio di violenza nella regione: c'entra Brexit, tra le altre cose
Giovedì sera a Londonderry (o Derry), in Irlanda del Nord, la 29enne giornalista Lyra McKee è stata uccisa da colpi di arma da fuoco durante alcuni scontri violenti tra polizia e manifestanti. La polizia nordirlandese ha detto di considerare l’uccisione di McKee un “atto terroristico”, compiuto probabilmente dalla New IRA, gruppo di dissidenti repubblicani che si ispira all’IRA, formazione paramilitare indipendentista irlandese oggi non più in attività. Gli scontri di giovedì e la morte di McKee sono solo gli ultimi episodi gravi di violenza avvenuti di recente in Irlanda del Nord. È una storia complicata, che arriva da molto lontano e che da tempo si è legata a eventi politici di importanza nazionale e internazionale, come la crisi in corso da mesi nel governo nordirlandese e Brexit.
Gli scontri di giovedì hanno ricordato molto i cosiddetti Troubles, l’insieme di violenze, attentati e profonde divisioni che dalla fine degli anni Sessanta e per circa 30 anni causarono la morte di 3.600 persone in tutta l’Irlanda del Nord. Le due grandi parti del conflitto erano gli unionisti, per la maggioranza protestanti e favorevoli alla permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito, e i repubblicani, cattolici e favorevoli invece all’unificazione di Irlanda e Irlanda del Nord (la maggioranza era unionista e protestante). Entrambi gli schieramenti potevano contare su formazioni paramilitari: l’IRA, legata ai repubblicani del partito Sinn Féin, e l’Ulster Defence Association, legata agli unionisti dell’Ulster Unionist Party (UPP).
Il conflitto terminò solo il 10 aprile 1998 con la firma degli Accordi del Venerdì Santo, con cui si decisero le condizioni per garantire la permanenza dell’Irlanda del Nord nel Regno Unito.
Dagli Accordi del Venerdì Santo, episodi come l’esplosione di autobombe sono stati particolarmente rari in Irlanda del Nord, anche se le antiche tensioni e divisioni, ha scritto la giornalista Naomi O’Leary su Politico, «sono rimaste sotto la superficie» e i gruppi dissidenti di entrambe le parti hanno continuato a esistere e a reclutare simpatizzanti.
Da qualche tempo, inoltre, le tensioni sembrano essere aumentate, così come gli episodi di violenza. Nel marzo scorso un’auto della polizia nordirlandese aveva preso fuoco sulla strada che collega Belfast a Nangor a causa dell’esplosione di una bomba piazzata probabilmente sul pianale della vettura. Pochi mesi dopo, a luglio, alcuni gruppi di giovani dell’area cattolica di Bogside a Londonderry hanno lanciato bombe molotov contro la polizia e contro l’enclave protestante di Fountain, hanno sequestrato un furgone e lo hanno bruciato. A inizio di quest’anno è esplosa una bomba nel centro città, fuori dal tribunale cittadino, attacco per il quale è stato accusato il gruppo New IRA, lo stesso che la polizia nordirlandese sostiene essere coinvolto nelle violenze di giovedì che hanno portato all’uccisione di Lyra McKee.
Proprio Londonderry sta riemergendo come una delle città più problematiche nel gestire le tensioni tra repubblicani e unionisti, una cosa che si era già vista durante gli anni dei Troubles: qui era iniziato il conflitto nordirlandese e qui nel 1972 ci fu la cosiddetta “Bloody Sunday“, strage compiuta dall’esercito britannico durante una manifestazione convocata per protestare contro una legge speciale emanata dal governo unionista. Lo stesso nome della città, che si trova al confine con la Repubblica d’Irlanda, è da tempo oggetto di dibattito: per i nazionalisti cattolici è solo Derry, dalla parola irlandese doire, che significa querceto; per gli unionisti è invece Londonderry, quindi con il prefisso che gli fu aggiunto quando nel Diciassettesimo secolo le livery companies di Londra, insieme di associazioni commerciali e professionali, organizzarono la sua ricostruzione sul modello di una città coloniale.
È difficile dire con precisione quali siano le cause delle ultime tensioni e violenze: potrebbero riguardare il fatto che la nuova generazione di giovani non ha memoria dei Troubles e degli Accordi del Venerdì Santo, ed è quindi meno timorosa nel farsi coinvolgere in nuovi scontri tra unionisti e repubblicani. Ci sono però almeno due altre cose da considerare, entrambe molto importanti: la crisi politica in corso da tempo in Irlanda del Nord e Brexit.
I problemi politici per l’Irlanda del Nord sono iniziati nel gennaio 2017, con la caduta del governo locale provocata dalle dimissioni del vice primo ministro Martin McGuinness, del partito repubblicano nordirlandese Sinn Féin. In Irlanda del Nord i poteri del governo devono essere condivisi da unionisti e repubblicani, soluzione di compromesso che fu trovata con gli Accordi del Venerdì Santo. Dopo le dimissioni di McGuinness, annunciate in polemica con la prima ministra Arlene Foster del Partito Unionista Democratico (DUP, la destra unionista), il Sinn Féin si è rifiutato di nominare un sostituto, facendo di fatto cadere il governo e costringendo a nuove elezioni politiche. Le elezioni si sono tenute il 2 marzo 2017 e i due partiti più votati sono stati nuovamente il Sinn Féin e il DUP, che però non sono riusciti a trovare un accordo. Da allora l’Irlanda del Nord è senza Parlamento e governo locali.
La crisi politica ha probabilmente aggravato le tensioni tra unionisti e repubblicani anche fuori dal Parlamento, contribuendo alla situazione attuale. Un altro evento importante è stato il dibattito e lo stallo su Brexit, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, che ha riguardato per buona parte il confine futuro tra Irlanda e Irlanda del Nord.
La discussione degli ultimi mesi su Brexit si è concentrata in particolare sul cosiddetto backstop, ovvero quel meccanismo inserito nell’accordo su Brexit trovato dall’Unione Europea e dal governo britannico che serve ad evitare a tutti i costi la creazione di un confine rigido tra Irlanda e Irlanda del Nord. Il governo irlandese è stato il principale sponsor di questo meccanismo, che prevede che a determinate condizioni l’Irlanda del Nord rimanga di fatto all’interno del mercato unico europeo, diversamente dal resto del Regno Unito. Al backstop, che potrebbe anche non entrare mai in vigore, si è opposto però nettamente il DUP, gli unionisti nordirlandesi che tra le altre cose appoggiano il governo britannico di Theresa May. Il DUP teme infatti che differenziare il trattamento ricevuto dall’Irlanda del Nord rispetto al resto del paese sia il primo passo per separare la regione dal Regno Unito e integrarla nella Repubblica d’Irlanda. Alcuni esponenti del DUP, tra cui la parlamentare Emma Little-Pengelly, hanno accusato il governo irlandese di agire in maniera aggressiva e di voler provocare una frattura che difficilmente potrà essere ricomposta.
Le tensioni tra unionisti nordirlandesi e governo irlandese si sono riflesse soprattutto in Irlanda del Nord, anche se è difficile quantificare con precisione l’effetto di Brexit sull’aumento delle violenze degli ultimi mesi. La cosa certa è che l’attuale situazione nella regione dipende da cose diverse, che hanno contribuito ad aumentare le frustrazione di alcune parti della società nordirlandese e che hanno ridotto la fiducia reciproca tra i principali protagonisti della politica locale.