Salvini ha fatto arrabbiare l’esercito
A causa di una direttiva in cui dà ordini ai militari che dipendono dal ministero della Difesa: ma è tutto il governo a sembrare improvvisamente diviso sull'immigrazione
Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta e i capi delle forze armate hanno protestato contro il ministro dell’Interno Matteo Salvini accusandolo di ingerenza in questioni non di sua competenza per aver ordinato alle forze armate, dipendenti dal ministero della Difesa, di non far entrare nelle acque territoriali italiane le navi delle ONG con a bordo migranti provenienti dalla Libia. Lo scontro è arrivato dopo una settimana in cui il governo era sembrato particolarmente diviso sull’immigrazione, con numerosi leader del Movimento 5 Stelle che avevano apertamente preso le distanze dalle politiche promosse da Salvini.
Lo scontro con i vertici dell’esercito è iniziato intorno alle 11 di ieri mattina, ha raccontato Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, quando una direttiva ministeriale firmata da Matteo Salvini e datata 15 aprile è stata recapitata, oltre alla Polizia, ai Carabinieri e alla Guardia Finanza, anche allo Stato maggiore della difesa, a quello della Marina e alla Guardia Costiera.
Nella direttiva, dopo una lunga premessa in cui si accusano le ONG di agire da “fattore di attrazione” per i migranti (una tesi non confermata dai numeri), il ministro dell’Interno ordina di «vigilare» affinché la nave Mare Jonio dell’ONG Mediterranea, ripartita pochi giorni fa da Lampedusa in direzione della Libia, rispetti le leggi nazionali e internazionali sui soccorsi in mare e gli ordini delle autorità italiane. Salvini conclude la direttiva scrivendo: «Le Autorità militari e di polizia destinatarie del presente atto ne cureranno l’esecuzione».
Quest’ultima parte, in cui Salvini sembra ordinare ai militari di adottare una specifica condotta, ha immediatamente causato una dura reazione. Poco dopo la notifica della direttiva, avvenuta ieri mattina, fonti dello Stato maggiore hanno parlato con l’agenzia Adnkronos in cui la direttiva viene definita «una vera e propria ingerenza senza precedenti nella recente storia della Repubblica» che «viola ogni principio, ogni protocollo» e rappresenta «una forma di pressione impropria» sui comandi dell’esercito. Secondo l’ANSA, fonti del ministero della Difesa hanno detto che la direttiva supera «una linea rossa». Le principali agenzie riportano che nel pomeriggio il capo di stato maggiore della Difesa, il generale Enzo Vecciarelli, ha telefonato al ministro per comunicargli i turbamenti dei militari.
Salvini ha risposto in maniera sprezzante alle critiche, dicendo di non avere tempo di occuparsi delle polemiche e chiedendo che gli venisse fatto il nome di un militare che si sarebbe lamentato apertamente. La Lega ha fatto sapere di ritenere la direttiva del tutto ordinaria e legittima e che Salvini è «tranquillissimo» visto che rientra tra i compiti del ministero dell’Interno mantenere la sicurezza interna del paese e può utilizzare a questo scopo anche le forze armate.
La ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, è da tempo in polemica con Salvini proprio a causa delle sue apparenti ingerenze nella sua sfera di competenza. Da parte sua, invece, la Lega accusa spesso la ministra di avere una linea “filo-immigrazione”. Proprio questa settimana Trenta ha sottolineato che nell’attuale situazione di conflitto «chi fugge dalla Libia è un rifugiato». Trenta è stata criticata da Lega e Fratelli d’Italia, che sostengono la linea opposta (Salvini ha detto esplicitamente che secondo lui chi parte dalla Libia «non è un rifugiato»), e lei ha risposto affermando: «Posso invitarli tutti da me, al ministero, così gli spiego un po’ di diritto internazionale».
Anche se solitamente Trenta è abbastanza isolata nel governo, in questi giorni i suoi attacchi sono stati spesso appoggiati dal resto del Movimento 5 Stelle. Proprio ieri Luigi Di Maio ha dato una risposta insolitamente dura a Salvini sul tema dei migranti. «Se veramente abbiamo il problema di 800mila migranti in Italia, di certo non li fermiamo con una direttiva che nessuno ha mai ascoltato», ha detto Di Maio, aggiungendo poi: «Se vogliamo aiutare l’Italia molliamo quei paesi che non accolgono i migranti invece di allearci con essi come fa Salvini, da Orban in giù».
Sempre ieri, anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è sembrato prendere prudentemente le distanze da Salvini, come ha spesso fatto nelle ultime settimane: «La politica sull’immigrazione dell’Italia non si è mai ridotta a porti aperti sì o porti aperti no. Questa è una semplificazione bellissima per il grande pubblico, ma chi la segue può scoprire che la politica italiana sull’immigrazione è molto più complessa». Lo stesso ha fatto il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, a cui compete la gestione dei porti: «Sicuramente solo chiudere i porti non basta più: devono essere aperti gli altri confini e la parola d’ordine è cooperazione».