6 monumenti che abbiamo dovuto ricostruire
Talvolta perché avevamo avuto sfortuna, altre volte per la guerra e altre ancora per motivi assurdi: ma in tutti i casi facendo alla fine un bel lavoro
Dopo il grande incendio che ha distrutto buona parte del tetto e la guglia della cattedrale di Notre-Dame di Parigi, il presidente francese Emmanuel Macron ha promesso che tutto verrà ricostruito in 5 anni. In molti pensano ci vorrà più tempo ma almeno non ci saranno problemi di soldi, visto che sull’onda delle drammatiche immagini trasmesse lunedì sera dalle televisioni di tutto il mondo sono già stati raccolti oltre 700 milioni di euro, soltanto grazie alle donazioni private dei miliardari e delle grandi società francesi.
In molti, superata l’emotività delle prime ore e assodato che i danni sono stati comunque inferiori a quanto temuto inizialmente, hanno ricordato che episodi del genere possono capitare. Anche i monumenti più preziosi e importanti sono esposti a rischi, più o meno prevedibili, e data per scontata l’importanza di preservare e di investire nella tutela del patrimonio artistico è capitato molte volte nella storia che l’umanità abbia dovuto ricostruire edifici antichi che sembravano insostituibili, o di riparare danni artistici apparentemente irrimediabili. Spesso lo ha fatto con grande ingegno e maestria, tanto da – in certi casi, non tutti – far quasi dimenticare che a un certo punto un’opera d’arte di valore inestimabile sembrasse persa per sempre. Abbiamo raccolto sei storie di questo tipo, alcune più tristi e assurde e altre che semplicemente accaddero perché ogni tanto, purtroppo, cose di questo tipo accadono. E in Italia lo sappiamo molto bene.
Gran Teatro La Fenice
Il 29 gennaio 1996 alcuni veneziani che vivevano vicino al teatro della Fenice chiamarono i vigili del fuoco perché sentivano puzza di bruciato. L’edificio, uno dei simboli di Venezia e tra i più prestigiosi e famosi al mondo, stava andando a fuoco: ed era già successo nel 1836, quando un incendio causato probabilmente da una stufa malfunzionante distrusse buona parte del teatro. La Fenice era stata inaugurata nel 1792, con una facciata neoclassica e degli interni sontuosi e ricchissimi di stucchi, affreschi e legni laccati. Fu ricostruito e restaurato una prima volta, ma l’incendio del 1996 fu peggiore.
Le fiamme erano visibili da centinaia di metri di distanza, e i vigili del fuoco dovettero lavorare ore per contenerle e impedire che si espandessero agli edifici adiacenti. Vennero usati anche elicotteri attrezzati con benne – i grossi contenitori per l’acqua – finché la mattina dopo del teatro erano rimaste solo le mura esterne. Il fuoco, si scoprì poi, era stato appiccato da due operai di una piccola società incaricata di alcuni restauri, che volevano usare quello che speravano fosse un piccolo incendio come scusa per evitare una penale. Vennero arrestati e condannati a sei e sette anni di carcere (uno dei due scappò anche in Messico, ma fu catturato). I lavori di ricostruzione procedettero a rilento, e un primo bando venne annullato per i ritardi della società vincitrice. Alla fine il teatro venne inaugurato nel 2004: era stato rifatto fedelmente all’originale, restaurando le parti salvabili (anche quelle gravemente danneggiate) e ricostruendo con grande attenzione filologica quelle distrutte, utilizzando in buona parte materiali e tecniche originali.
Cattedrale di Reims
La cattedrale di Reims, nel dipartimento della Marna, è una delle più importanti chiese gotiche della Francia, insieme alle cattedrali di Chartres, Rouen e proprio di Notre-Dame di Parigi. Fu costruita tra il XIII e il XV secolo, e ha una forma che ricorda molto Notre-Dame, a cui è accomunata anche dalla fitta trama di statue e gargoyle sull’esterno della chiesa, e dalle imponenti vetrate colorate. Nelle prime fasi della Prima guerra mondiale, nel settembre del 1914, l’esercito tedesco occupò Reims durante l’invasione della Francia, trasformando la cattedrale in un ospedale militare. La tennero però solo una settimana, poi i francesi la riconquistarono: da quel momento cominciarono i bombardamenti tedeschi.
Il primo fu eseguito il 19 settembre, e fece prendere fuoco alla struttura in legno che reggeva il tetto, più o meno come successo a Notre-Dame di Parigi. Le fiamme arrivarono alla torre nord, e fusero il piombo del tetto che si riversò lungo le pareti della cattedrale distruggendo le statue. La statua dell’Angelo sorridente, che da 600 anni accoglieva i visitatori all’ingresso della chiesa, fu investita da una colata di piombo che ne mozzò la testa. Nel mese successivo colpirono la cattedrale circa 300 colpi di artiglieria tedeschi. Quasi tutta la città fu in realtà distrutta dai bombardamenti, e si spopolò da 50mila a 1.500 abitanti. A partire dal 1919 incominciarono i lavori di ricostruzione, finanziati in buona parte dalla famiglia di miliardari statunitensi dei Rockefeller. La cattedrale fu riaperta nel 1935.
Cappella della Sindone
L’edificio commissionato da Carlo Emanuele I di Savoia per custodire quello che secondo la tradizione cattolica è il lenzuolo in cui fu avvolto Gesù Cristo dopo la morte, fu costruito adiacente al Duomo di Torino nel Seicento, in stile barocco. La cupola, progettata da Guarino Guarini, era ed è probabilmente l’elemento architettonico più ambizioso e importante della cappella. Nel 1990 da un cornicione crollò un pezzo di marmo che sfondò il pavimento: vennero perciò avviati dei grossi lavori di restauro, che nel 1997 stavano per finire.
La notte tra l’11 e il 12 aprile, però, un cortocircuito provocò un grosso incendio: le prime segnalazioni arrivarono alle 23.30, e fino al pomeriggio successivo 150 vigili lavorarono per spegnere le fiamme. La Sindone era stata trasferita nel 1993 dentro al Duomo, dove era conservata in una teca in legno protetta da un vetro antiproiettile. I pompieri decisero comunque di sfondarla per portare via il lenzuolo e metterlo al sicuro. I danni alla cappella furono enormi, i lavori di restauro durarono moltissimo e costarono circa 30 milioni di euro: è stata riaperta al pubblica solo l’autunno scorso, 21 anni dopo.
Abbazia di Montecassino
Il monastero benedettino di Montecassino, nel Lazio meridionale, fu fondato da San Benedetto da Norcia nel 529, ma andò incontro a varie devastazioni e saccheggi, e soprattutto a un terremoto che lo distrusse nel 1349. Ricostruita poco dopo, venne rimaneggiata nei secoli successivi fino ad assumere la sua forma più conosciuta nel Seicento. Ma l’abbazia ebbe la sfortuna di trovarsi lungo la linea Gustav, che tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 divideva l’Italia occupata dai nazisti da quella liberata dagli Alleati. Il 18 febbraio 1944, credendo erroneamente che l’abbazia fosse utilizzata dai reparti di artiglieria tedesca come punto di osservazione, gli Alleati la bombardarono a tappeto con centinaia di bombe, distruggendola completamente e uccidendo decine di civili (alcuni dicono centinaia) che erano scappati dalla vicina Cassino, centro dell’omonima e lunga battaglia, per cercare rifugio nel monastero.
Le opere d’arte e i testi più preziosi erano stati portati via l’anno prima, ma dell’abbazia non rimase quasi più niente. Gli Alleati furono duramente criticati per la decisione di bombardare Montecassino. I lavori di ricostruzione cominciarono nel 1948 e durarono fino al 1956, improntati sul principio “dov’era, com’era” e replicando nel dettaglio le caratteristiche del monastero benedettino.
Campanile di San Marco
Costruito nella forma in cui lo conosciamo nel Cinquecento, è alto quasi cento metri ed è uno dei simboli di Venezia, dove è soprannominato El parón de casa. Quello che oggi domina la piazza di San Marco però non è il campanile che assistette all’ascesa della Repubblica di Venezia: all’inizio del Novecento, infatti, vennero effettuati alcuni incauti lavori di ristrutturazione che aprirono larghe fenditure nella struttura. Per giorni, nel luglio del 1902, i veneziani guardarono preoccupati al campanile mentre le crepe si allargavano e dalle pareti cadevano calcinacci. Il 13 luglio un concerto in piazza fu annullato poco prima che cominciasse, per motivi di sicurezza. La mattina seguente, poco prima delle 10, il campanile crollò: le testimonianze raccontano di una fenditura che si aprì per tutto un lato della torre, facendola piegare su se stessa e schiantarsi al suolo. Non morì nessuno, tranne, secondo alcune versioni dell’epoca, il gatto del custode del campanile.
Un po’ sorprendentemente, gli edifici circostanti – il campanile si trova a pochi metri dalla Basilica e dal Palazzo Ducale – non subirono danni, e dall’anno successivo cominciarono i lavori di ricostruzione. Si pensa che fu proprio in quest’occasione che venne coniata l’espressione “com’era, dov’era”, per indicare un restauro integralmente fedele al monumento originale, e pronunciata nel discorso del sindaco Filippo Grimani durante la posa della prima pietra. Per completare il nuovo campanile ci vollero quasi dieci anni.
Basilica di San Francesco ad Assisi
Costruita nel XIII secolo per ospitare le spoglie di San Francesco, è uno dei più importanti esempi di gotico in Italia, e contiene nella basilica inferiore i famosi affreschi di Giotto. Il 26 settembre 1997 un terremoto che coinvolse Umbria e Marche, con epicentro a circa venti chilometri, fece crollare la volta della basilica superiore in due diversi punti, e frantumando 130 metri quadrati di affreschi. Morirono 4 persone, due frati francescani e due tecnici della Sovrintendenza. Tra gli affreschi distrutti c’erano quelli del Cimabue e altri attribuiti proprio a Giotto.
Iniziarono dei lavori di restauro complicatissimi, che previdero la raccolta di centinaia di migliaia di frammenti e una successiva opera di catalogazione e ricostruzione degli affreschi. I lavori furono portati avanti in più fasi e si conclusero nel 2006 dopo circa 160.000 ore di lavoro, in quello che ancora oggi è considerato uno dei più monumentali e meglio eseguiti lavori di questo tipo.