In Sudan i manifestanti hanno ottenuto un’altra vittoria
Si sono dimessi sia il generale che ha guidato il golpe che il capo dei servizi segreti: il nuovo leader dell'esercito ha promesso che entro due anni ci sarà un governo eletto dal popolo
Il generale Awad Ibn Auf, capo del consiglio militare che nei giorni scorsi aveva preso il potere in Sudan deponendo il contestato presidente Omar al Bashir, ha annunciato le sue dimissioni e ha nominato come suo successore l’ex capo di stato maggiore Abdel Fattah Abdelrahman Burhan. Auf era ministro della Difesa dal 2015 ed era stato nominato vicepresidente da Bashir a febbraio. In seguito alla deposizione di Bashir aveva annunciato un governo militare di transizione della durata di due anni, dopo i quali sarebbero state organizzate nuove elezioni. Aveva anche sospeso la Costituzione, chiuso temporaneamente lo spazio aereo e i confini del paese, e imposto un coprifuoco, che però è stato ampiamente violato dai manifestanti.
Migliaia di persone infatti hanno continuato a protestare, chiedendo le dimissioni di Auf, accusato di essere troppo vicino all’ex presidente. Anche Auf, come Bashir, è infatti coinvolto direttamente da sanzioni internazionali per via del suo coinvolgimento nel genocidio del Darfur, in cui si stima siano morte 300mila persone. I manifestanti hanno quindi accolto positivamente la nomina di Burhan, che durante le proteste degli scorsi giorni li aveva incontrati per ascoltare le loro richieste e che considerano meno legato a Bashir rispetto ad Auf.
Durante il suo primo discorso alla nazione, Burhan ha confermato che ci sarà un governo militare di transizione della durata massima di due anni, durante il quale, o al termine del quale, il potere sarà trasferito a un governo civile. «Invito tutto il popolo del Sudan, compresi i partiti politici e i gruppi della società civile, a impegnarsi nel dialogo», ha detto Burhan, annunciando anche la rimozione del coprifuoco e che tutte le persone che sono state arrestate durante le proteste saranno liberate.
Dopo Auf, inoltre, ha annunciato le sue dimissioni anche Salah Abdallah Gosh, a capo del Servizio nazionale di intelligence e sicurezza (Niss) dal 2018, dopo esserlo stato già tra il 2004 e il 2009, accusato di essere il responsabile della repressione dei manifestanti nei giorni scorsi. Tra giovedì e venerdì, secondo fonti della polizia sudanese, almeno 16 persone erano state uccise e 20 ferite da proiettili vaganti sparati dall’esercito durante le manifestazioni di protesta.