Guida ai playoff NBA
Iniziano sabato sera con la prima partita della prima serie, e sembrano i più incerti degli ultimi anni: chi sono le sorprese, chi NON ci sarà e cosa tenere d'occhio
Sabato sera alle 20.30 ora italiana iniziano i playoff di basket NBA: si gioca la prima partita della prima serie, quella tra i Philadelphia 76ers, squadra che potrebbe arrivare in finale, e i Brooklyn Nets, una delle più grandi sorprese della stagione regolare. Alle 23 si gioca Orlando Magic-Toronto Raptors, mentre nella notte inizieranno due serie della parte sinistra del tabellone, della Western Conference (qui il calendario completo).
I playoff della stagione 2018-2019 sembrano molto più interessanti e imprevedibili rispetto agli ultimi anni, quando la finale tra i Golden State Warriors di Stephen Curry e i Cleveland Cavaliers di LeBron James era già praticamente scritta a ottobre. Quest’anno le grandi potenze della NBA sembrano essere meno potenti, gli strafavoriti meno favoriti, c’è più equilibrio e già i primi turni potrebbero riservare sorprese.
Per raccontare i playoff 2019 si deve partire da chi non ci sarà. Non ci saranno Luka Dončić e Trae Young, i due rookie (giocatori al primo anno) più interessanti della stagione regolare, perché le rispettive squadre, Dallas Mavericks e Atlanta Hawks, non si sono qualificate ai playoff. Per la stessa ragione non ci saranno due giocatori che hanno fatto la storia della NBA negli ultimi 15 anni, il tedesco Dirk Nowitzki (Dallas) e Dwyane Wade (Miami Heat): entrambi hanno annunciato il ritiro e hanno giocato questa settimana la loro ultima partita in NBA, tra moltissimi applausi e grande commozione del pubblico.
Ma soprattutto non ci sarà LeBron James, giocatore più forte dell’ultima generazione (il più forte di sempre, dice qualcuno), che ha vissuto una stagione fallimentare con la sua nuova squadra, i Los Angeles Lakers. James veniva da diverse stagioni spettacolari con i Cleveland Cavaliers, con cui aveva vinto anche un titolo NBA nel 2016. La scorsa estate aveva annunciato il suo trasferimento ai Lakers, società che aveva cercato di costruirgli attorno una squadra per lo meno da playoff, e forse qualcosa di più. Le cose però sono andate diversamente: tra infortuni, inesperienza dei giovani e voci di mercato, come diremmo qui, i Lakers sono arrivati decimi nella Western Conference, mancando di parecchio la qualificazione e subendo un altro duro colpo pochi giorni fa con l’inaspettato annuncio delle dimissioni di Magic Johnson da presidente della società.
Ci saranno invece i Denver Nuggets e i Milwaukee Bucks, le due grandi sorprese della stagione, arrivati secondi e primi nelle rispettive Conference e guidati da due giocatori non statunitensi, il serbo Nikola Jokić e il greco Giannis Antetokounmpo.
Denver è la seconda squadra più giovane della NBA, è forte sia in attacco che in difesa e per diversi tratti della stagione è stata in testa alla Western Conference, davanti ai molto più titolati ed esperti Golden State Warriors. ESPN l’ha definita «la squadra più misteriosa della élite NBA». Jokić, 24 anni, soprannominato “The Joker”, è stato il giocatore più importante di Denver per tutto l’anno: ha messo insieme numeri notevoli (20.1 punti di media a partita, 10.8 rimbalzi e 7.3 assist) e ha fatto molte giocate spettacolari, soprattutto per uno della sua stazza (213 centimetri e 113 chili). I Nuggets, comunque, non avranno un primo turno dei playoff facile: giocheranno contro i San Antonio Spurs, squadra molto solida e abituata a partite importanti, che dopo un inizio incerto ha finito la stagione regolare in maniera piuttosto convincente.
Il giocatore dell’anno è però Giannis Antetokounmpo dei Milwaukee Bucks. Antetokounmpo, 24 anni, ha una storia da film. I suoi genitori emigrarono dalla Nigeria in Grecia prima che lui nascesse e per molto tempo le condizioni economiche della sua famiglia furono disastrose: per un periodo Antetokounmpo vendette souvenir insieme al fratello per le strade di Atene, poi iniziò a giocare a basket nelle serie minori in Grecia, dove rimase fino a sei anni fa. Ora è uno dei due candidati a vincere il premio di MVP della stagione regolare (che viene assegnato al giocatore più forte) ed è considerato uno dei maggiori talenti della sua generazione. Il suo gioco è soprattutto efficace e potente, come dimostrano alcune delle sue migliori giocate della stagione regolare.
I Milwaukee Bucks puntano a vincere il titolo NBA, o per lo meno ad arrivare alle finali dei playoff. Non sono una squadra molto esperta, ma nel corso della stagione la società ha cercato di inserire giocatori che potrebbero rivelarsi utili nei playoff, come il 32enne George Hill e il 38enne Pau Gasol. Al primo turno i Bucks giocheranno contro Detroit, una serie sulla carta piuttosto facile; le difficoltà potrebbero arrivare però al secondo turno, dove in caso di vittoria i Bucks incontreranno una tra i Boston Celtics e gli Indiana Pacers.
Oltre a Milwaukee e Denver ci sono altre squadre da tenere d’occhio in questi playoff, che potrebbero rendere molto interessanti le prossime settimane di avvicinamento alla finale.
Dopo anni di dominio di LeBron James, quest’anno nella Eastern Conference ci sono almeno quattro squadre che potrebbero arrivare alle finali playoff: oltre ai Bucks, i Boston Celtics, i Philadelphia 76ers e i Toronto Raptors. Sui Celtics a inizio stagione le aspettative erano altissime, ma la squadra guidata da Kyrie Irving, molto talentuosa, è stata un continuo di alti e bassi, tra polemiche e momenti di poca complicità tra compagni di squadra (a febbraio Marcus Morris disse per esempio che i Celtics non si divertivano a giocare insieme). I Celtics avranno inoltre un primo turno di playoff impegnativo: giocheranno contro Indiana, una squadra molto solida e organizzata, e l’assenza per infortunio di Marcus Smart, uno dei difensori più forti ed efficaci di Boston, renderà le cose ancora più difficili.
I Philadelphia 76ers hanno uno dei più forti quintetti della NBA: l’arrivo a stagione già iniziata di Jimmy Butler e Tobias Harris ha reso i 76ers una squadra potenzialmente da finale playoff, anche se non sono mancati i problemi. Diversi commentatori sportivi sostengono da mesi che Philadelphia non sia riuscita ancora a massimizzare il suo talento, a causa di un amalgama poco riuscito dei suoi giocatori più importanti. Joel Embiid, centro camerunense considerato uno dei più forti giocatori della NBA, si è lamentato del suo ruolo in campo dopo l’arrivo di Butler, che a sua volta sembra essere stato l’origine di qualche problema di spogliatoio (come gli era già successo in passato).
Al primo turno dei playoff Philadelphia incontrerà Brooklyn, e forse dovrà farlo senza Embiid, alle prese con un infortunio al ginocchio sinistro. Brooklyn è un avversario che è facile sottovalutare, perché per anni ha messo in fila stagioni disastrose, sia in campo sia a livello di scelte societarie: il 2018-2019 è stato diverso, grazie soprattutto al 23enne D’Angelo Russell, arrivato due anni fa dai Los Angeles Lakers e diventato nella stagione in corso uno dei playmaker più decisivi della Lega.
Infine ci saranno da tenere d’occhio i Toronto Raptors, che insieme ai Bucks si sono dimostrati la squadra più solida dell’est. I Raptors hanno dalla loro una squadra completa e Kawhi Leonard, arrivato in Canada all’inizio di questa stagione dopo mesi di guerra fredda con i San Antonio Spurs. Leonard è forse il miglior two-way player della NBA, giocatore cioè che sa sia attaccare che difendere su livelli eccellenti, e che ha già vinto un titolo NBA con gli Spurs, nel 2014. Anche quest’anno ha fatto diverse giocate difensive finite negli highlights delle partite (non una cosa comune), come questo recupero buttandosi a terra, di spalle, senza guardare la palla.
Nella Western Conference i favoriti sono sempre i Golden State Warriors, anche se non tanto come gli altri anni. La stagione regolare appena conclusa è stata la peggiore dei Warriors in termini di vittorie da quando Steve Kerr è diventato allenatore, nel 2014 (da allora i Warriors sono arrivati sempre in finale, vincendone tre e perdendone una). In generale i numeri della squadra sono peggiorati in diverse voci statistiche e ci sono stati alcuni problemi di spogliatoio, una novità per Golden State: il più eclatante è stata la lite tra Kevin Durant e Draymond Green alla fine di una partita giocata contro i Los Angeles Clippers lo scorso novembre, quando Green disse a Durant che i Warriors non avevano bisogno di lui e che poteva andarsene a giocare altrove (Durant sarà free agent a fine stagione, ovvero potrà andare a giocare dove vuole, e sul suo futuro si è speculato tutto l’anno).
I commentatori sportivi statunitensi sono divisi su Golden State: alcuni dicono che non sia più la superpotenza degli ultimi anni, altri sostengono che le difficoltà della stagione regolare siano state dovute a un po’ di noia e stanchezza, come quando si è obbligati a sbrigare una pratica semplice per arrivare velocemente alla parte interessante, dove si comincia a fare sul serio. I Warriors giocheranno il primo turno contro i Clippers, una squadra contro cui sono sempre andati bene. E poi ora Steph Curry vede ancora meglio: ha messo le lenti a contatto.
I playoff della Western Conference, Warriors a parte, si preannunciano molto interessanti. Se Golden State dovesse superare il primo turno, al secondo incontrerebbe una tra Houston Rockets e Utah Jazz, in una serie che potrebbe diventare una specie di finale di Conference anticipata. In particolare sembra essere Houston l’avversario più temibile per Golden State, anche perché lo scorso anno fu l’unica squadra che arrivò a un passo dall’eliminare i Warriors nei playoff. Dopo un inizio difficile, Houston ha ricominciato a vincere una partita dietro l’altra, grazie soprattutto alle prestazioni incredibili di James Harden, che ha mantenuto una media di 36 punti a partita per tutta la stagione regolare e che è in lizza a essere nominato MVP per il secondo anno consecutivo. Molto comunque dipenderà dalle condizioni fisiche di Chris Paul, il secondo giocatore più forte dei Rockets dopo Harden, sempre abbastanza precarie.
Houston-Utah e Denver-San Antonio non sono gli unici accoppiamenti interessanti della Western Conference. Anche Portland Trail Blazers-Oklahoma City Thunder si preannuncia una serie combattuta, visto che le due squadre hanno dimostrato di equipararsi abbastanza durante la stagione regolare. Portland potrebbe far valere la sua superiore organizzazione, oltre alla leadership di Damian Lillard, mentre Oklahoma potrà contare soprattutto sulle prestazioni di Russell Westbrook, che ha concluso la terza stagione consecutiva con una tripla doppia di media (ovvero mantenendo la doppia cifra di media in almeno tre voci statistiche), e Paul George, altro fortissimo two-way player.
È difficile fare previsioni su chi arriverà a giocarsi le finali, anche perché per la prima volta da anni sembra davvero che ci sia partita per diverse squadre. Stando a quanto espresso dalla stagione regolare, ci si potrebbe aspettare una finale a ovest tra Golden State e Denver, e una a est tra Milwaukee e Toronto. Ma si sa, nei playoff NBA si gioca diversamente dalla stagione regolare, e di sorprese in passato ce ne sono state parecchie.