La guerra dei prezzemoli
Per anni quello riccio francese si è infilato ovunque ma ora c'è la rivincita di quello italiano, più profumato, saporito e facile da lavorare
Forse l’avrete notato nei viaggi all’estero, ordinando una wiener schnitzel o un merluzzo al burro con patate: a centro o bordo piatto, occhieggia l’immancabile ciuffo verde e ricciuto. Avrete automaticamente scartato quella guarnizione plasticosa non interessandovi a cosa fosse, ma avreste potuto capire che era prezzemolo. Prezzemolo riccio (petroselinum crispum), per la precisione, la variante più usata nella cucina scandinava e francese e da lì arrivata negli Stati Uniti, che è diversa da quella comune in Italia, cioè il prezzemolo a foglia liscia (il comune petroselinum hortense e il più aromatico petroselinum crispum neapolitanum). Nel mondo sono anche conosciuti come prezzemolo francese e prezzemolo italiano e, dopo anni di predominio, il primo è stato spazzato via dal secondo.
In Italia, così come in Medio Oriente, usiamo il prezzemolo per il sapore: è un ingrediente essenziale per condimenti, salse e sughi. Nel Nord Europa invece il prezzemolo ha una funzione soprattutto decorativa: «è una questione visiva e di consistenza», ha spiegato al sito Bon Appétit Jason Potanovich, chef del Culinary Institute of America di New York. In Francia per esempio le foglie di prezzemolo vengono usate per dare croccantezza alle insalate e ai fritti. Ed è dalla Francia che il prezzemolo riccio si diffuse negli Stati Uniti, soprattutto a partire dagli anni Settanta; un po’ perché quella francese era la cucina per antonomasia in tutto il mondo, un po’ grazie ai ricettari di Julia Child, che la resero accessibile e popolare tra le masse. I ristoranti ordinavano chili di prezzemolo riccio per tempestare consommè e cotolette: il gesto con cui si iniziava un pasto era ghermire il ciuffetto, sgocciolarlo un po’ e allontanarlo dalla pietanza, insieme alle rosette di pomodori, ai riccioli di burro e alle altre decorazioni intricate alla moda francese.
La diffusione del prezzemolo ricciuto era favorita dalla robustezza della pianta e dalla resistenza delle foglie, che non si sciupavano nei lunghi tragitti in camion dalla campagna al supermercato di città. Sono qualità che hanno fatto la fortuna di altri cibi a dispetto del gusto, come l’insalata iceberg o i pomodori cuor di bue. Il prezzemolo italiano invece è molto più delicato e le foglie si rovinano facilmente: cosa che ha contribuito al suo insuccesso passato e al successo presente, come garanzia di freschezza.
Negli Stati Uniti le cose cambiarono negli anni Novanta. Per prima cosa gli chef e i programmi di cucina scoprirono il prezzemolo italiano, che è molto più profumato, saporito, facile da tagliare e lavorare rispetto a quello francese, più insapore e coriaceo. Decretarono che l’italiano fosse l’unico che poteva essere usato per decorare e per cucinare: era la versione migliore, quello da comprare. Stava cambiando anche il concetto di guarnizione: tutto quello che c’era sul piatto doveva poter essere mangiato, compresa la decorazione, che non era sempre la stessa e si integrava con la portata. Per finire, la cucina francese iniziò a essere vista come pretenziosa e fuori moda, mentre prendeva piede quella italiana: più rustica e semplice, concentrata sugli ingredienti e sui sapori. Questa tendenza fu accentuata dalla crisi economica del 2008, quando la necessità di ridurre le spese all’osso e l’atteggiamento mentale che ne derivava spingevano anche gli chef a liberarsi degli orpelli inutili; i soldi in più venivano risparmiati o investiti per prodotti migliori.
Ora, scrive sempre Bon Appétit, il prezzemolo riccio è quasi scomparso nei ristoranti, mentre abbondano ricettari e siti di cucina che spiegano come coltivare il prezzemolo italiano, dove comprarlo e come fare a non confonderlo con il simile coriandolo (il prezzemolo ha le foglie appuntite e dal verde più scuro mentre quelle di coriandolo sono arrotondate). Com’è facile prevedere, visto il successo del prezzemolo italiano, è già nato un movimento di riscoperta e difesa del prezzemolo riccio: «D’accordo, è vero», scrive Marcia Kiesel su Food and Wine, «il prezzemolo riccio subisce l’ingiusto stereotipo di essere la decorazione retrò nei piatti dei ristoranti. Ma non è un motivo sufficiente per abbandonarlo com’è stato fatto negli ultimi anni. Il suo arricciamento è qualcosa di unico e a me piace usarlo di nuovo».