Non ci sono irregolarità negli appalti del comune di Riace
Lo dice la Cassazione sul caso del sindaco Mimmo Lucano: anche l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina non sembra solidissima
La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni relative all’udienza con cui lo scorso 26 febbraio aveva annullato il divieto di dimora a Riace, in Calabria, del sindaco Domenico Lucano, che era stato arrestato – e poi scarcerato – a ottobre nell’ambito di un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e illeciti nell’affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti. Lucano era diventato famoso in tutta Italia per un modello di gestione dei migranti particolarmente virtuoso. La Cassazione dice che le prove non esistono o sono molto deboli. Scrive Avvenire:
Mancano indizi di “comportamenti” fraudolenti che Domenico Lucano, il sindaco sospeso di Riace, avrebbe “materialmente posto in essere” per assegnare alcuni servizi, come quello della raccolta di rifiuti, a due cooperative dato che le delibere e gli atti di affidamento sono stati adottati con “collegialità” e con i “prescritti pareri di regolarità tecnica e contabile da parte dei rispettivi responsabili del servizio interessato”. […] Rileva inoltre la Cassazione che non solo non sono provate le “opacità” che avrebbero caratterizzato l’azione di Lucano per l’affidamento di questi servizi alle cooperative L’Aquilone e Ecoriace, ma è la legge che consente “l’affidamento diretto di
appalti” in favore delle cooperative sociali “finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate” a condizione che gli importi del servizio siano “inferiori alla soglia comunitaria”.
Secondo la Cassazione, poi, esistono invece dei fatti di “gravità indiziaria” a dimostrazione del fatto che Lucano abbia agito per favorire la permanenza in Italia della sua compagna Lemlem. Allo stesso tempo, però, come prosegue Avvenire:
Per la Cassazione, Lucano ha cercato di aiutare solo Lemlem “tenuto conto del fatto” che il richiamo a “presunti matrimoni di comodo” che sarebbero stati “favoriti” dal sindaco, tra immigrati e concittadini, “poggia sulle incerte basi di un quadro di riferimento fattuale non solo sfornito di significativi e precisi elementi di riscontro ma, addirittura, escluso da qualsiasi contestazione formalmente elevata in sede cautelare”. La decisione della Cassazione peserà sulla prosecuzione del procedimento, al momento fermo con la richiesta di rinvio a giudizio, che vede Lucano indagato per quei reati dei quali, secondo la Corte di Cassazione, non vi è prova.
L’esperienza di Riace, in Calabria, era stata raccontata negli scorsi mesi da diversi giornali internazionali e nazionali. A Riace, che era un paese ormai semideserto, nelle case abbandonate del centro oggi vivono stabilmente centinaia di rifugiati in una specie di sistema di accoglienza diffuso. Per avviare il progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), ricordava il Sole 24 Ore, «sono stati utilizzati immobili abbandonati, costruiti tra agli anni ‘30 e ’60, recuperati con fondi dell’Unione europea e progetti della Regione Calabria». Attorno ai richiedenti sono nati anche posti di lavoro che hanno riqualificato il paese: botteghe artigiane e ristoranti hanno riaperto, sono stati avviati asili, scuole multilingue, orti biologici; le case sono state ristrutturate ed è stato rifatto, tra le altre cose, tutto l’impianto di illuminazione del paese.