Trump bara a golf?
Lo sostiene un nuovo libro uscito negli Stati Uniti, ma è una cosa che ripetono molti giocatori da diversi anni
Donald Trump ama giocare a golf. Molto. Secondo il sito Trumpgolfcount, da quando è stato eletto presidente degli Stati Uniti ha visitato un campo da golf 165 volte, di cui 77 volte giocando una partita, con una media di una visita ogni 4,9 giorni. Con la sua Trump Organization possiede 17 campi da golf in tutto il mondo, di cui 12 negli Stati Uniti. Il suo preferito è quello che si trova nel resort Mar a Lago, a Palm Beach, in Florida, dove è stato 87 volte da quando è presidente, ma quando è a Washington DC si accontenta spesso di un campo che si trova a Sterling, in Virginia, a circa 40 chilometri dalla Casa Bianca. Chi ha giocato con lui (come Tiger Woods, uno dei più forti giocatori di golf di sempre) lo definisce un buon golfista, soprattutto considerando che è un uomo di 72 anni, ma da tempo le sue prestazioni suscitano diversi sospetti.
Secondo il “Golf Handicap and Information Network”, il sistema che tiene traccia dei punteggi dei giocatori di golf negli Stati Uniti, Trump avrebbe un handicap di 2.8. Nel golf l’handicap sta a indicare il numero di colpi in più che un giocatore ha a disposizione per ogni par, cioè per il numero massimo di colpi per completare un determinato torneo di golf, un giro da 18 buche o una singola buca. È un modo per dare un vantaggio ai giocatori dilettanti e permettere loro di competere ad armi pari con i professionisti, che partono sempre con un handicap pari a zero. Quindi, in sostanza, più l’handicap si avvicina allo zero, più quel giocatore è bravo. Un handicap di 2.8 come quello di Trump è un risultato che sarebbe eccezionale per un giocatore professionista di qualsiasi età, e a maggior ragione lo è per lui.
Secondo un libro pubblicato di recente, però, questo risultato sarebbe il frutto di continui imbrogli durante le partite giocate da Trump. «Se Trump ha un handicap di 2.8, la Regina Elisabetta è una saltatrice con l’asta» ha scritto in “Commander in Cheat: How Golf Explains Trump” Rick Reilly, ex editorialista di Sports Illustrated. Nel libro, di cui sono stati pubblicati alcuni estratti sul New York Post, Reilly, che in passato ha giocato con Trump e che ha parlato con molte persone – dilettanti e non – che hanno giocato con lui, racconta diversi episodi in cui il presidente degli Stati Uniti ha palesemente barato giocando a golf. «Dire che Donald Trump bari è come dire che Michael Phelps nuoti» ha scritto Reilly.
Brad Faxon, ex golfista professionista, ha raccontato a Reilly che durante una partita giocata con Trump poco dopo il suo insediamento, questo abbia prima lanciato una pallina in acqua e poi, facendo finta di nulla, ne abbia lanciata un’altra: anche quella finita in acqua. A quel punto si è semplicemente diretto verso dove la pallina sarebbe dovuta cadere e l’ha posizionata lì, con le mani. Una storia simile è stata raccontata dall’attore Samuel L. Jackson, secondo cui, dopo che Trump aveva lanciato una pallina in acqua, il suo caddy avrebbe millantato di averla trovata sull’erba.
Gli imbrogli di Trump non si limiterebbero a migliorare le sue prestazioni, secondo Reilly, ma anche a peggiorare quelle degli avversari. In una partita a cui aveva partecipato anche il giornalista sportivo Mike Tirico, quest’ultimo aveva fatto un gran tiro di più di 200 metri, mandando la pallina direttamente sul green, il terreno dove si trova la buca. Una volta arrivato lì, però, trovò la pallina in una zona sabbiosa, a circa 15 metri dalla buca. Più tardi il caddy di Trump lo avvicinò e gli confessò che la pallina era finita a poco più di 3 metri dalla buca, e che era stato proprio Trump a buttarla nella sabbia.
Non è la prima volta che si parla delle scorrettezze di Trump sui campi da golf, e già in passato in parecchi avevano espresso dubbi sulla veridicità del suo handicap. Nel 2015 Mark Mulvoy, ex direttore di Sports Illustrated, raccontò al Washington Post che una volta, negli anni Novanta, vide Trump aggiustarsi una pallina a suo piacimento vicino alla buca. Quando glielo fece notare, Trump gli rispose: «Ah, quelli con cui gioco io barano in continuazione. Devo barare anche io per stare al loro passo».
Quando uscì l’articolo Trump rispose negando di aver mai giocato con Mulvoy, e addirittura di conoscerlo: «Io non sposto le palline», disse. «Non ne ho bisogno. Ci sono molte poche persone in grado di potermi battere a golf». Altre storie simili erano state raccontate in passato da diverse altre persone, come il pugile Oscar De La Hoya, il cantante Alice Cooper e la golfista Suzann Pettersen, che lo scorso anno ha detto al quotidiano norvegese VG che Trump «bara da morire».
«Bara ai massimi livelli. Bara quando lo guardano, e bara quando non lo guardano. Bara che ti piaccia o no. Bara perché è così che lui gioca a golf. Se vai a giocare a golf con lui, lui bara», ha detto Reilly nel suo libro, aggiungendo che le scorrettezze di Trump non riguarderebbero solo il gioco. Trump, racconta Reilly, viola anche costantemente le norme di comportamento che si dovrebbero tenere sui campi da golf, per esempio non togliendosi il cappello né quando stringe la mano agli avversari al termine delle partite, né quando entra nella sede di un circolo (forse preoccupato che il sudore gli abbia rovinato la sua precaria acconciatura), e attraversando il green con il cart: che è un po’ come «appendere il bucato nella Cappella Sistina», dice Reilly.
Le scorrettezze riguardano anche il modo in cui gestisce i campi di sua proprietà, a cui a avrebbe fatto avere valutazioni esagerate. Nel campo di Bedminster, nel New Jersey, ha fatto mettere una targa con una frase dell’architetto Tom Fazio che recita “Questo è il miglior progetto che abbia mai realizzato”. Ma anche in questo caso è un’esagerazione: «Non credo di averla detta esattamente in quel modo», ha detto Fazio. Nel campo che si trova in Virginia, invece, tra la 14esima e la 15esima buca c’è un monumento in memoria della Guerra civile, che ricorda ai golfisti che passano di là tutti i soldati che sono morti esattamente in quel punto. Peccato che non ci sia nessuna prova storica di battaglie avvenute lì.