La fine della guerra civile spagnola
Fu vinta dai nazionalisti di Francisco Franco nel 1939, che iniziò così una dittatura durata fino alla sua morte, 36 anni dopo
Il 5 marzo 1939 in Spagna si combatteva da quasi tre anni: era in corso una sanguinosa guerra civile tra i nazionalisti di destra e i repubblicani di sinistra. Quel 5 marzo il colonnello dell’esercito repubblicano, Segismundo Casado, organizzò un golpe contro il suo stesso governo socialista, guidato da Juan Negrín: lo fece perché il suo esercito e la capitale erano allo stremo, e perché era convinto di poter ottenere una pace vantaggiosa dal nemico, il generale Francisco Franco. I repubblicani però non erano nella posizione di poter contrattare alcunché, e Franco pretendeva una resa incondizionata: quindi il 26 marzo ordinò un attacco contro Madrid e quattro giorni dopo entrò in città con l’esercito. Il primo aprile 1939 la guerra civile spagnola era finita e Franco controllava la Spagna: i nazionalisti di destra avevano vinto.
Il contesto
Negli anni Trenta la Spagna era un paese poverissimo, con grandi problemi sociali, uno su tutti la disoccupazione nelle campagne. Nel 1931 c’era stata una rivoluzione che aveva instaurato la repubblica e spinto il re Alfonso XIII all’esilio, ma i governi socialisti non erano riusciti a risolvere questi problemi. Gli abitanti delle campagne rimanevano esclusi dalla vita politica, per loro il cambio di regime non era stato un evento così importante; inoltre le poche riforme introdotte dai socialisti furono presto smantellate dalla destra che vinse le elezioni nel 1933, a seguito delle quali cominciarono una serie di scioperi e insurrezioni.
Nel 1936 si erano ormai formati due schieramenti con due visioni differenti del paese. Il Fronte Popolare, un agglomerato di partiti di sinistra con al suo interno forti rivalità e divergenze, e il Fronte Nazionale, anche questo composto da una galassia di partiti con tendenze politiche differenti. Sintetizzando, il primo era repubblicano, ateo, antimilitarista e marxista; il secondo era tendenzialmente monarchico, reazionario, cattolico e di ispirazione fascista. A seguito delle elezioni del 1936, vinte di misura dal Fronte Popolare, la situazione si fece particolarmente instabile. Nel luglio dello stesso anno ci furono i due omicidi che innescarono il golpe militare e la successiva guerra civile: quello del tenente antifascista José Castillo, il 12 luglio, e quello del deputato di destra José Calvo Sotelo, la notte tra il 12 e il 13 luglio.
L’intento dell’esercito di Francisco Franco era organizzare un’insurrezione contro il regime repubblicano e prendere il controllo di tutte le maggiori città spagnole in poco tempo. Tuttavia, Franco sottovalutò l’importanza di avere sufficienti risorse per sostenere l’offensiva e i repubblicani riuscirono a resistere in tutte le città tranne a Siviglia. I centri industriali come Barcellona e Bilbao, strategicamente indispensabili per una campagna militare, rimasero sotto il controllo dei repubblicani, così come i porti di Malaga e Valencia, altrettanto importanti. Iniziò dunque una lunga guerra di logoramento, il cui obiettivo principale – per i nazionalisti – era espugnare Madrid.
Una guerra “internazionale”
Gli aiuti internazionali furono fondamentali per la risoluzione militare della guerra. Se le due fazioni avessero dovuto combattere solo con le proprie forze e risorse, queste si sarebbero esaurite molto presto e si sarebbe dovuto passare a una negoziazione della pace per mancanza di armi. Il Fronte Popolare però fu aiutato dall’Unione Sovietica, che mandò consiglieri militari – non sempre graditi – e equipaggiamenti, pagati dai repubblicani con l’oro della banca centrale. La Germania nazista e l’Italia fascista fornirono invece armi e veicoli ai nazionalisti, offrendo inoltre un credito a lungo termine più vantaggioso del pagamento in oro richiesto dai sovietici ai repubblicani. Questo vantaggio economico dell’esercito franchista alla fine fu uno dei fattori che portò alla resa del Fronte Popolare. Anche Regno Unito e Stati Uniti, paesi democratici, furono partner commerciali importanti per la destra spagnola. È stato calcolato che nel luglio del 1938 un terzo delle merci importate dai nazionalisti arrivò da fonti britanniche: armi, pneumatici e soprattutto carburante, proveniente principalmente dalla britannica Shell e dall’americana Standard Oil. Lo storico Harry Browne ha scritto:
Le guerre moderne dipendono dai rifornimenti di benzina per i veicoli a motore e pertanto buona parte della responsabilità per la vittoria definitiva di Franco può attribuirsi ai capitalisti americani.
Una schiera così potente di sostenitori politici e alleati commerciali determinò l’esito della guerra più di ogni altro fattore, anche perché il Fronte Popolare non ottenne aiuti dagli altri partiti socialisti europei, né l’Unione Sovietica mandò sostanziosi aiuti economici come aveva fatto Mussolini già prima dello scoppio della guerra. I mezzi tecnici tedeschi e italiani, ingenti e molto avanzati per l’epoca, costituirono un vantaggio competitivo cruciale per i nazionalisti; l’impegno di tutti questi paesi stranieri rese la guerra civile spagnola un fatto rilevante a livello europeo: Hitler fornì un aiuto maggiore di quello richiesto dallo stesso Franco e Mussolini mandò 12 bombardieri a guerra appena iniziata.
La sconfitta dei repubblicani
I repubblicani subirono la prima grande sconfitta quando persero la regione dei Paesi Baschi nel 1937, occasione in cui fu evidente l’importanza della superiorità di mezzi dei nazionalisti. Fu in questa campagna militare che avvenne il tristemente famoso bombardamento di Guernica, piccolo paese che si trova appunto nella provincia basca di Biscaglia. La città fu rasa al suolo dagli aerei tedeschi e italiani, che la bombardarono per tre ore, lanciando bombe incendiarie agli abitanti in fuga e colpendoli con raffiche di mitragliatrici.
Tra il 1938 e il 1939, poi, l’esercito franchista appoggiato dagli alleati fascisti e nazisti si avvicinò alle due città più importanti, Barcellona e Madrid: quest’ultima era sotto assedio già da molto tempo, ma cominciò a cedere soltanto dopo che cadde la resistenza catalana: Barcellona fu bombardata dagli aerei italiani per volere di Mussolini, senza puntare a obiettivi militari e causando più di mille morti, nel marzo del 1938. Alla fine dell’anno fu espugnata dall’esercito franchista, dopodiché ci fu il colpo di stato di Negrín e la resa incondizionata. Ogni vittoria che Franco ottenne in questa guerra fu seguita da un suo provvedimento per riaffermare l’autorità dei nazionalisti e l’unità della Spagna: vietò l’uso della lingua basca e di quella catalana, abolì l’autonomia delle due regioni e non fece quasi mai prigionieri, uccidendo tutti quelli che avevano appoggiato apertamente o indirettamente la Repubblica.
Francisco Franco rimase capo e dittatore della Spagna – la nomina ufficiale era caudillo, che significa “leader” – per i trentasei anni successivi alla fine della guerra, dal primo aprile 1939 fino al giorno della sua morte, il 20 novembre 1975. Negli anni il suo regime ebbe lievi aperture dal punto di vista politico e grandi aperture dal punto di vista economico. Pochi anni prima della sua morte, nel 1969, Franco decise che il principe Juan Carlos, nipote del vecchio re mandato in esilio durante la Repubblica, sarebbe diventato suo successore nel ruolo di capo di Stato. Diventato re, Juan Carlos I trasformò in pochi anni la Spagna in un paese democratico, periodo che in Spagna è noto come Transición española.
La guerra civile spagnola è entrata nella cultura di massa attraverso almeno due opere artistiche: Guernica di Pablo Picasso, celeberrimo quadro ispirato al bombardamento della città basca, e The Falling Soldier, fotografia ugualmente celebre di Robert Capa, scattata nel momento esatto in cui un soldato repubblicano viene colpito da un proiettile e muore cadendo.