Chi è un “millennial”?
Dopo il gol segnato con la Nazionale da Moise Kean, nato nel 2000 ma non per questo un "millennial", molti giornali italiani hanno fatto confusione
Dopo la vittoria della Nazionale di calcio contro la Finlandia nelle qualificazione agli Europei del 2020, diversi giornali italiani hanno celebrato l’autore del secondo gol, l’attaccante juventino Moise Kean, definendolo un “millennial”. Il Corriere dello Sport, Ansa e Tuttosport – per citare tre testate tra molte altre – lo hanno definito il primo “millennial” ad aver segnato un gol con la Nazionale maggiore, ma hanno sbagliato di grosso. Hanno deciso infatti di chiamare “millennials” i nati nel Duemila, stravolgendo il significato di una definizione diffusa in tutto il mondo da molti anni.
Le parole con cui vengono definite le generazioni naturalmente non sono definizioni rigidamente prescrittive: sono convenzioni che nascono da studi e analisi che riscontrano elementi comuni tra le persone nate in un certo periodo, e a volte si impongono per semplicità e consuetudine. “Millennial” è una parola che ha ormai da tempo un significato preciso, e che tanti giornali italiani sono sembrati ignorare o non aver capito.
Da almeno dieci anni i gol dell’Italia vengono segnati continuamente da giocatori appartenenti alla cosiddetta generazione dei “millennials”, come nel caso di Nicolò Barella, centrocampista nato nel 1996 che ha segnato per primo nella partita di sabato contro la Finlandia. Ma anche Fabio Quagliarella, esperto attaccante della Sampdoria nato nel 1983, è a tutti gli effetti un “millennial”. Kean, che è nato a Vercelli nel 2000, non si può considerare appartenente alla generazione dei “millennials” per come è largamente intesa oggi, bensì a quella successiva.
Secondo lo studio più completo in materia, condotto dal Pew Research Center di Washington, e il cui significato è largamente adottato e condiviso nel mondo, con “millennials” ci si riferisce infatti ai nati tra il 1981 e il 1996. Sono detti anche appartenenti alla “Generazione Y”, e arrivano dopo la “Generazione X” degli anni Sessanta e inizi Ottanta. Questa definizione è comunemente utilizzata dalle aziende, negli studi scientifici e negli articoli giornalistici, anche se ovviamente i confini tra le generazioni non sono così rigidi. L’unico vero riconoscimento lo ha avuto la generazione dei “Baby Boomers“, il termine con cui l’Ufficio del censimento degli Stati Uniti d’America ha definito i nati tra il 1946 e il 1964, cioè nel periodo di “boom” economico successivo alla Seconda guerra mondiale.
Oltre che all’anno di nascita, gli appartenenti alle diverse generazioni si definiscono quindi a seconda di abitudini e stili di vita. Secondo gli studi, i “millennials” si distinguono dalle generazioni precedenti per essere la prima generazione globale, con abitudini e modi di pensare condivisi indipendentemente dalla parte del mondo in cui vivono, e per aver maggior familiarità con i mezzi di comunicazione moderni e con le tecnologie digitali. Dopo i “millennials” viene la “Generazione Z”, quella dei nati dagli ultimi anni Novanta agli anni Duemila, cresciuti in una società ancora più globalizzata dove internet è sempre esistito in modo diffuso e alla portata di tutti.