Si sono dimesse tutte le donne della redazione del mensile dell’Osservatore Romano
Compresa la direttrice, Lucetta Scaraffia, parlando di "delegittimazione" e "controllo maschile" dopo le inchieste sugli abusi sulle religiose e sullo sfruttamento delle suore
Le donne della redazione della rivista Donne Chiesa Mondo dell’Osservatore Romano e la fondatrice e direttrice Lucetta Scaraffia si sono dimesse, comunicando i motivi della loro scelta in un editoriale e in una lettera inviata a Papa Francesco. Scaraffia, femminista e docente di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma che si è occupata soprattutto di storia delle donne e di storia religiosa, ha parlato di «disistima e delegittimazione», di «selezione delle donne che parte dall’alto» e di «controllo maschile».
Il mensile Donne Chiesa Mondo, nato nel 2012 e nella cui redazione erano presenti solamente donne (teologhe, storiche, canoniste, studiose), negli ultimi mesi si è occupato degli abusi sulle religiose all’interno dell’istituzione ecclesiastica e dello sfruttamento economico delle suore quando svolgono i lavori domestici all’interno delle strutture della chiesa, nelle abitazioni di preti, vescovi o cardinali, nelle scuole o negli ambulatori. «Noi avevamo una linea diversa (rispetto a quella del nuovo direttore dell’Osservatore Romano, ndr), sulla condizione delle donne, eravamo molto più critiche sulla questione degli abusi», ha spiegato al Post Scaraffia.
Nell’editoriale del numero di aprile, Scaraffia ha scritto:
«Il mensile era nato da una iniziativa femminile autonoma, realizzato da un gruppo di donne che si erano aggregate nel corso degli anni, ed era stato approvato e sostenuto da due papi, Benedetto XVI e Francesco. Si trattava per il Vaticano di un’esperienza nuova per la sua autonomia, premiata dall’attenzione e dell’interesse di cui il mensile, pubblicato in spagnolo da “Vida Nueva”, in francese da “La Vie” e in inglese diffuso in rete, gode nei media di tutto il mondo. Questa linea non ha trovato l’appoggio della nuova direzione dell’Osservatore Romano, indirizzata piuttosto a depotenziare “donne chiesa mondo”, avviando collaborazioni e iniziative che appaiono concorrenziali, con l’effetto di mettere le donne l’una contro l’altra invece di sollecitare confronti aperti, e dimostra così di non considerare i membri della redazione interlocutori sufficientemente “affidabili”.
Si torna così alla selezione delle donne che parte dall’alto, alla scelta di collaboratrici che assicurano obbedienza, e si rinuncia a ogni possibilità di aprire un vero dialogo, libero e coraggioso, fra donne che amano la Chiesa nella libertà e uomini che ne fanno parte. Si torna all’autoreferenzialità clericale e si rinuncia a quella parresia tante volte chiesta da papa Francesco, nella cui parola e nel cui magistero tanto ci riconosciamo. Di conseguenza non possiamo che dichiarare concluso il nostro lavoro, interrotto bruscamente benché ci siano ancora progetti aperti – per esempio l’approfondimento dei cinque sensi – e articoli commissionati o addirittura scritti. Ma riteniamo necessaria questa scelta per salvaguardare la nostra dignità ed evitare così il processo di logoramento purtroppo già in corso».
Nelle lettera al Papa, ribadendo quanto detto nell’editoriale, Scaraffia ha raccontato che l’esperienza del mensile ha creato relazioni con studiose, anche non cattoliche, e con le donne musulmane; e che «con la chiusura di “donne chiesa mondo” si conclude, o meglio si spezza, un’esperienza nuova ed eccezionale per la Chiesa: per la prima volta un gruppo di donne, che si sono organizzate autonomamente e che hanno votato al loro interno le cariche e l’ingresso di nuove redattrici, ha potuto lavorare nel cuore del Vaticano e della comunicazione della Santa Sede, con intelligenza e cuore liberi, grazie al consenso e all’appoggio di due papi». Nella lettera al Papa Scaraffia ha anche affrontato la questione degli abusi sessuali sulle suore commessi da preti e vescovi, noti e denunciati già dagli anni Novanta, ma fino ad ora poco considerati dal Vaticano e ammessi dal Papa solo qualche settimana fa:
«Come ben sa, non siamo state noi a parlare per prime, come forse avremmo dovuto, delle gravi denunce dello sfruttamento al quale numerose donne consacrate sono state e sono sottoposte (sia nel servizio subordinato sia nell’abuso sessuale) ma lo abbiamo raccontato dopo che i fatti erano emersi, anche grazie a molti media. Non abbiamo più potuto tacere: sarebbe stata ferita in modo grave la fiducia che tante donne avevano riposto in noi.
Ora ci sembra che un’iniziativa vitale sia ridotta al silenzio e che si ritorni all’antiquato e arido costume della scelta dall’alto, sotto il diretto controllo maschile, di donne ritenute affidabili. Si scarta in questo modo un lavoro positivo e un inizio di rapporto franco e sincero, un’occasione di parresia, per tornare all’autoreferenzialità clericale. Proprio quando questa strada viene denunciata da Lei come infeconda».
Il nuovo direttore dell’Osservatore Romano, Andrea Monda, è stato nominato nel dicembre del 2018 da Papa Francesco, al posto di Giovanni Maria Vian. Scrittore e saggista, Monda ha conseguito la laurea in Scienze Religiose presso la Pontificia Università Gregoriana, ha lavorato per alcuni anni (è anche avvocato) presso l’Ufficio Legale dell’Esattoria del Comune di Roma per conto di un Istituto bancario e dal 2000 è docente di religione. Ha tenuto seminari su cristianesimo e letteratura presso le Pontificie Università Lateranense e Gregoriana e ha collaborato con le pagine culturali di diverse testate giornalistiche, tra le quali Avvenire e La Civiltà Cattolica. Scaraffia ha detto al Post che l’esperienza di Donne Chiesa Mondo probabilmente continuerà «con delle donne scelte da lui».