Un altro strano sviluppo su Brexit
Il Parlamento proverà a prendere il controllo dei negoziati, cercando da solo una soluzione alternativa a quella del governo: per May è stata un'altra sconfitta
Lunedì sera la prima ministra britannica Theresa May ha subìto una nuova sconfitta in parlamento su Brexit. Con 329 voti a favore e 302 contrari è stato infatti approvato un emendamento che darà al Parlamento la possibilità di organizzare una serie di “voti indicativi”, con cui si cercherà di capire se esiste una proposta su Brexit sostenuta dalla maggioranza dei parlamentari, al di là di cosa ne pensi il governo May. Che si arrivasse a una soluzione del genere non era del tutto inatteso, e May stessa aveva detto di voler dare al Parlamento la possibilità di “scegliere” cosa fare con Brexit, visto che l’accordo da lei negoziato con l’Unione Europea era stato bocciato più volte. La grossa novità è però che le opzioni su cui voterà il Parlamento non saranno presentate dal governo, come chiedeva May, ma dal Parlamento stesso.
Lunedì, dopo aver ammesso che il governo non sarebbe stato in grado di trovare una maggioranza per approvare l’accordo negoziato con l’Unione Europea, May aveva comunque chiesto ai parlamentari di votare contro l’emendamento sui “voti indicativi”, presentato dal parlamentare conservatore Oliver Letwin. May aveva spiegato che dare al Parlamento la libertà di scegliere cosa fare con Brexit avrebbe creato uno «sgradito precedente» e aveva detto che il suo governo non si sarebbe impegnato a rispettare l’esito del voto. L’emendamento è stato comunque sostenuto anche da 29 parlamentari conservatori – tra cui anche 3 ministri del governo che si sono quindi dimessi dai loro incarichi – e un duro comunicato del governo ha parlato di un «capovolgimento delle istituzioni democratiche».
Ora, già martedì, i parlamentari potranno votare una serie di proposte su come portare avanti le trattative su Brexit, e tra queste proposte potrebbe esserci di tutto: da quella per una rinuncia a Brexit, a quella per una Brexit più “morbida” o per un nuovo referendum. I voti serviranno proprio per capire se tra le molte possibilità ce ne sia una che sia sostenuta dalla maggioranza dei parlamentari e che quindi possa aiutare ad uscire dall’attuale impasse. Al momento, Brexit è stata rimandata dal 29 marzo al 12 aprile su iniziativa dell’Unione Europea, in attesa che il Regno Unito decida cosa fare, visto che fino ad ora il governo e il parlamento non hanno trovato un accordo. Se per allora non sarà stato deciso niente, a meno di nuove iniziative, si verificherà il cosiddetto scenario “no deal”.
Il problema principale di May, a questo punto, è che il Parlamento potrebbe accordarsi per una Brexit che il suo governo ritiene inaccettabile, per esempio perché preveda la permanenza di molti legami con l’Unione Europea. È una possibilità tutt’altro che remota, visto che sembra esserci una qualche maggioranza trasversale, che comprende sia Laburisti che Conservatori, favorevole a soluzioni più moderate di quelle preferite dal governo. L’esito dei “voti indicativi” non sarà comunque vincolante per il governo, che però potrebbe trovarsi in una brutta posizione qualora una proposta dovesse essere sostenuta da un’ampia maggioranza di parlamentari: perché in quel caso sarebbe difficile giustificare all’opinione pubblica la scelta di ignorare il parlamento.
Questo nuovo ingarbugliamento su Brexit, le cui conseguenze non sembrano essere chiare a nessuno, potrebbe comunque portare qualche inaspettato beneficio al governo May. La prospettiva di un ulteriore rinvio di Brexit o di un suo annacquamento potrebbe infatti spingere i parlamentari Conservatori più favorevoli a Brexit ad approvare l’accordo negoziato da May e già bocciato due volte dal parlamento. Dal loro punto di vista, quell’accordo è comunque troppo moderato – specialmente per l’ormai famigerata questione del backstop – ma potrebbe comunque essere meglio di un accordo sostenuto dai Laburisti e dai Conservatori più moderati.