E ora cosa succede all’indagine sulla Russia?
Breve guida per capirci qualcosa, mentre Trump canta vittoria e i Democratici chiedono di saperne di più
Domenica il procuratore generale degli Stati Uniti William Barr, l’equivalente del nostro ministro della Giustizia, ha reso pubblico un riassunto della relazione finale della lunga e famosa indagine del procuratore Robert Mueller sul presidente Donald Trump e la Russia. Nella sua sintesi, Barr ha riferito che l’indagine non ha trovato prove sufficienti di una collusione tra il comitato elettorale di Trump e la Russia per interferire con le elezioni del 2016; la squadra di Mueller, poi, non ha potuto dimostrare che Trump abbia intralciato la giustizia cercando di bloccare l’indagine.
Come ha sottolineato la maggior parte degli osservatori, è stata una grandissima vittoria politica per Trump, la cui presidenza è stata accompagnata e minacciata negli ultimi due anni da Mueller e dalla sua indagine: ha subito sostenuto che la relazione sancisca una sua «totale e completa assoluzione». Non è davvero così, come spiegano tutti i giornalisti americani e come stanno provando a dire i Democratici. Ma in questo momento, l’inerzia della storia è dalla parte di Trump, che rischiava seriamente di finire in anticipo il suo mandato se le conclusioni dell’indagine fossero state diverse. Anche se l’indagine di Mueller è finita, ci sono però diverse cose che possono ancora succedere.
Non sappiamo quasi niente del rapporto Mueller
Tutto quello che sappiamo delle conclusioni dell’indagine è un riassunto di quattro pagine fatto dal ministro della Giustizia di Trump e dal suo vice Rod Rosenstein: per legge, il rapporto Mueller è stato consegnato al dipartimento della Giustizia in via confidenziale. Barr ha detto di voler rendere pubblico il più possibile del rapporto al più presto, ma non è chiaro quando e come succederà.
Come ha spiegato Politico, la legge infatti vieta teoricamente di diffondere informazioni ottenute attraverso un gran giurì, una particolare giuria dell’ordinamento americano usata abbondantemente nell’indagine. Barr ha già detto di aver chiesto a Mueller di aiutare nell’individuazione di quali informazioni siano state acquisite in questo modo, per tenerle riservate. In realtà sembra che il Congresso possa aggirare questa restrizione: nel 1974 un tribunale di Washington autorizzò che venissero pubblicate le informazioni ottenute con un gran giurì nello scandalo Watergate, che coinvolse l’ex presidente Richard Nixon.
E al Congresso?
Questa è la posizione attuale dei Democratici, che stanno chiedendo la pubblicazione completa del rapporto Mueller: dicono che non è ammissibile che dopo due anni di indagine Barr abbia deciso in due giorni se processare o meno Trump, e che per giudicare la situazione l’elettorato americano non può basarsi solo sulla versione di un rappresentante del governo Trump.
Nel caso in cui il rapporto avesse dimostrato in modo evidente una collusione tra il comitato di Trump e la Russia, i Democratici avrebbero probabilmente avviato una procedura di impeachment per rimuovere il presidente. Questa ipotesi sembra ora molto più complicata, ma non è da escludere completamente. Anche se il riassunto di Barr dice che Mueller ha escluso una collusione e non ha dimostrato l’intralcio alla giustizia, è pur sempre un riassunto di quattro pagine di un’indagine che ha previsto 2.800 mandati di comparizione, 500 perquisizioni e 500 testimonianze.
In un passaggio, Barr cita direttamente il rapporto originale dicendo, riguardo all’indagine sull’ostruzione di giustizia:
Anche se questo rapporto non stabilisce che il presidente ha commesso un reato, nemmeno lo esclude.
È possibile quindi che il rapporto originale sia ricco di cose molto compromettenti, se non dal punto di vista penale da quello politico: almeno per l’indagine sull’intralcio alla giustizia, Mueller dice di non aver raggiunto una conclusione «né in un senso né nell’altro». È proprio su questo filone che dovrebbe concentrarsi la battaglia al Congresso nei prossimi mesi, secondo l’analista politico Chris Cillizza. I Democratici stanno quindi cercando in tutti i modi di diffondere il più possibile del rapporto, ma in questo momento questa posizione è molto più debole di quella di Trump, che ha l’inerzia dalla sua parte. I Democratici però saranno particolarmente agguerriti in questa battaglia, proprio perché apparentemente hanno subito una sconfitta politica da una cosa, l’indagine sulla Russia, su cui contavano molto in vista delle presidenziali del 2020: Jerry Nadler, presidente della Commissione Giustizia della Camera, ha già detto di voler convocare Barr e Mueller perché testimonino sotto giuramento. Dalla loro deposizione, in cui verranno interrogati a fondo sulla decisione di non chiedere l’incriminazione di Trump, potrebbero uscire elementi importanti sull’indagine.
Ci sono molte cose ancora in sospeso
La complessa e articolata indagine sulla Russia non è finita qui: o meglio, è finita quella guidata dalla squadra speciale di Mueller, che però ha consegnato diversi fascicoli aperti ad altri investigatori. Si sa che alcuni casi sono passati all’ufficio dei procuratori federali a Washington D.C. e in Virginia: è il caso per esempio del processo a Roger Stone, noto collaboratore di Trump accusato di avere fatto da collegamento fra Trump e Wikileaks, o di quello all’ex collaboratore Rick Gates, o ancora di quello alla società russa Concord Management and Consulting, accusata di aver organizzato un’operazione di interferenza online sulle presidenziali del 2016. Il fatto che questi casi siano ancora aperti, peraltro, potrebbe precludere la diffusione delle conclusioni dell’indagine al riguardo, per il momento.
Non si sa invece ancora chi si prenderà carico di emettere una sentenza nei confronti di Michael Flynn, l’ex consigliere per la sicurezza nazionale che si era dichiarato colpevole di aver mentito all’FBI, e dei tentativi di far comparire davanti a un tribunale Andrew Miller, un collaboratore di Trump di cui Mueller voleva raccogliere la testimonianza.
Ma non bisogna dimenticarsi che quelle della squadra di Mueller non erano le uniche indagini in corso a carico di Trump, come ha spiegato CNN. A New York i procuratori federali stanno per esempio indagando sulle spese del suo comitato di inaugurazione, mentre Trump rischia ancora di essere coinvolto in uno dei due casi che riguardano il suo ex avvocato Michael Cohen, che ha ammesso di aver pagato due donne perché non rivelassero le loro relazioni con Trump con i soldi del comitato elettorale. C’è poi ancora in ballo il processo a Paul Manafort, ex capo della campagna elettorale di Trump già condannato per frode fiscale.