Brexit ha una nuova data di scadenza
Sarà il 22 maggio, a patto che il parlamento britannico approvi un accordo entro la prossima settimana: altrimenti, May deve comunicare cosa intende fare entro il 12 aprile
Ieri sera durante una lunga riunione del Consiglio Europeo, l’organo che raduna i capi di governo e di stato dell’UE, l’Unione Europea ha concesso al Regno Unito di posticipare la data di Brexit, che inizialmente era stata fissata al 29 marzo. La nuova scadenza è il 22 maggio, ma sarà vincolata all’approvazione dell’accordo di uscita concordato dai negoziatori europei e britannici da parte del Parlamento britannico (che negli ultimi due mesi l’ha già respinto due volte). Il Parlamento britannico dovrà approvare l’accordo entro la prossima settimana. Se l’accordo non verrà approvato, il governo di Theresa May avrà tempo fino al 12 aprile per comunicare cosa intenderà fare, se cioè uscire dall’Unione senza alcun tipo di accordo oppure richiedere una proroga più lunga, probabilmente soggetta alla possibilità di tenere nuove elezioni o un secondo referendum.
EU27 responds to UK requests in a positive spirit and:
👉 agrees to Art. 50 extension until 22 May if Withdrawal Agreement approved next week
👉 if not agreed next week then extension until 12 April
👉 approves ‘Strasbourg Agreement’
👉 continues no-deal preparations— Charles Michel (@eucopresident) March 21, 2019
«Il governo britannico ha ancora la possibilità di uscire con un accordo, o di farlo senza accordo, oppure di richiedere una proroga lunga o di cancellare l’uscita», ha fatto sapere il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk alla fine della riunione, che parlando coi giornalisti si è detto «molto più ottimista» rispetto a poche ore prima.
Il Financial Times scrive che i leader europei hanno lasciato la riunione soddisfatti del compromesso trovato: oltre a lasciare ulteriore margine a Theresa May per convincere il parlamento britannico della bontà dell’accordo, nell’ottica della protezione degli interessi europei sono riusciti a ottenere oltre un mese di tempo – dal 12 aprile al 22 maggio – per prepararsi all’eventualità di un’uscita del Regno Unito senza alcun accordo. Diversi giornalisti hanno inoltre fatto notare che da fine marzo a metà aprile, in caso di ennesima bocciatura dell’accordo, il Parlamento britannico avrà comunque il tempo per trovare accordi trasversali fra Conservatori moderati e Laburisti per chiedere una Brexit più “morbida” di quella proposta da May, cosa che potrebbe persino permettere di riaprire i negoziati sull’accordo stesso.
Secondo le ricostruzioni che stanno emergendo, il compromesso è stato trovato alla fine di un lungo dibattito, che secondo una fonte del Financial Times a un certo punto «stava andando in tutte le direzioni possibili». La riunione era iniziata con una specie di interrogatorio di Theresa May, durato circa un’ora e mezzo, riguardo alla strategia che aveva in mente. «Sono stati 90 minuti di nulla», ha raccontato al Guardian una fonte diplomatica europea: «non ha chiarito nemmeno se stia preparandosi per un [terzo] voto. Le è stato chiesto tre volte cosa farebbe in caso di bocciatura, non ha saputo rispondere. È stato orribile, il suo comportamento era evasivo persino per i suoi standard».
May era arrivata al Consiglio con l’intenzione di chiedere una proroga senza condizioni fino al 30 giugno, ma sin dai primi minuti della riunione è stato chiaro che i leader europei non erano disposti a concedergliela.
Dopo che May aveva lasciato la stanza, i leader hanno iniziato a discutere di quale compromesso offrirle. La fazione dei paesi più intransigenti era guidata dal presidente francese Emmanuel Macron, che a un certo punto ha spinto per una proroga ancora più breve – cioè fino al 7 maggio – senza vincoli per un voto la settimana prossima. La cancelliera tedesca Angela Merkel e il primo ministro olandese Mark Rutte si sono preoccupati soprattutto di evitare l’eventualità di un’uscita senza accordo. A un certo punto, secondo due fonti di Politico, Merkel si è rivolta a Tusk accusandolo di pensare più al bene dell’Unione Europea come istituzione che come insieme di paesi: «a voi non serve il Regno Unito, a noi sì», avrebbe detto.
C’è stato anche spazio per proposte e osservazioni piuttosto originali. Il primo ministro portoghese Antonio Costa ha proposto una proroga indefinita a Brexit a patto che il Regno Unito accettasse di tenere le elezioni europee (eventualità decisamente respinta da May). Il controverso primo ministro ungherese Viktor Orbán ha fatto notare che l’uscita del Regno Unito senza alcun accordo stava diventando sempre più concreta, e che i leader europei non dovrebbero sottovalutare il fatto che a Theresa May importi soprattutto tenere unito il partito Conservatore. A un certo punto si era fatta strada l’ipotesi di tenere un nuovo Consiglio Europeo la settimana prossima, dopo il terzo voto sull’accordo al Parlamento britannico: Macron ha respinto così nettamente la proposta che Rutte gli ha chiesto se avesse programmato una vacanza per quei giorni.
Il compromesso finale è stato definito «molto elegante» da una fonte europea citata dal Guardian, anche perché di fatto tiene sul tavolo tutte le ipotesi lasciando al Regno Unito la possibilità di indicare quella che preferisce. «Ora non dipende più da noi», ha sintetizzato uscendo dalla riunione il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez.