Le indagini sulla morte di Imane Fadil
Cosa si sa davvero, cosa si ipotizza, cosa si deve capire e cosa si sta aspettando
Il corpo di Imane Fadil, 34enne di origine marocchina nota per essere stata una delle testimoni nel processo “Ruby Ter”, quello sulla presunta compravendita di testimonianze di cui è accusato da Silvio Berlusconi, si trova all’obitorio di piazzale Gorini, nel quartiere Città Studi di Milano. Fadil era morta lo scorso primo marzo per ragioni ancora non spiegate all’ospedale Humanitas di Milano, dopo un ricovero di diverse settimane. Sulla sua morte la procura di Milano ha aperto un’inchiesta per omicidio volontario contro ignoti, e sulla notizia circolano da giorni ipotesi e speculazioni soprattutto sulla possibilità che Fadil sia morta per avvelenamento: a suggerire questa possibilità sono finora l’incapacità dei medici di spiegarne la morte, e le accuse da parte di Fadil riferite dal suo avvocato. L’ipotesi che ci possa essere stato un avvelenamento causato da sostanze radioattive, molto promossa dai giornali nei giorni scorsi, non ha finora trovato nessun tipo di riscontro, mentre è stata acclarata una quantità anomala di sostanze estranee nel corpo di Fadil, che però gli esperti giudicano non possa essere stata letale.
Lunedì 18 marzo Francesco Greco, procuratore capo di Milano, insieme ai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio titolari dell’inchiesta, ha precisato alcuni elementi dell’indagine e il punto della situazione.
In una nota dell’Humanitas si dice che Fadil era stata ricoverata il 29 gennaio in condizioni cliniche molto gravi. Era stata presa in carico da un gruppo multidisciplinare che aveva provato ogni intervento clinico possibile per la cura e l’assistenza della paziente, la quale però era morta il primo marzo, dopo un mese. Il procuratore Greco ha detto che il 12 febbraio Fadil aveva parlato esplicitamente dell’ipotesi di essere stata avvelenata, e a quel punto era stata fatta un’analisi sull’eventuale presenza di arsenico nel suo corpo: «In quella fase i sintomi che presentava potevano essere compatibili con questo tipo di sostanza», ha spiegato Tiziana Siciliano.
Il 22 febbraio l’esame aveva dato però risultati negativi. I medici avevano allora deciso di fare altre analisi sulla presenza di metalli nel sangue e nelle urine della donna, e «dagli esami sui liquidi biologici» eseguiti a Pavia erano risultati livelli superiori rispetto alla norma di antimonio e cadmio: «Dagli esami del sangue sono emerse tracce di sostanze particolari. Vorrei smentire la chiacchiera che è uscita sui giornali che dice che i metalli nel sangue della ragazza erano piuttosto bassi (…) questo non è vero perché l’antimonio nel suo sangue, già lavato da diverse trasfusioni, ha dato il risultato di 3 e invece il range della tollerabilità è fino allo 0,2 e 0,22. Anche il cadmio urinario è stato rilevato al livello di 7, mentre la normalità è fino allo 0,3». Gli esami hanno dato esito positivo anche sulla presenza di molibdeno, cobalto e cromo.
Non è chiaro però se queste cinque sostanze fossero radioattive e dunque potenzialmente letali – non lo sono altrimenti in queste quantità, dicono gli esperti – e il procuratore ha aggiunto che prima di arrivare a conclusioni definitive sarà necessario «l’esito degli esami autoptici». Su alcuni giornali, La Stampa e il Corriere, negli ultimi giorni è stato fatto un vago riferimento a un esame eseguito dopo il decesso su ordine dei pm durante il quale sarebbero state trovate tracce di un elemento radioattivo molto pericoloso. La Stampa, in particolare, ha parlato di un «esito parziale» di questo esame arrivato da un laboratorio milanese, diverso da quello di Pavia, senza aggiungere particolari o maggiori informazioni. Alla domanda se finora siano state rilevate radiazioni e di che natura, Greco ha risposto però con un «no comment» (sui quotidiani sono uscite molte cose contraddittorie e inesatte, negli scorsi tre giorni). L’autopsia verrà effettuata «probabilmente tra giovedì e venerdì» e prevede anche l’uso di attrezzature speciali messe a disposizione dal Nucleo radiologico e batteriologico dei Vigili del fuoco a tutela del possibile rischio di contaminazione radioattiva. Dagli organi interni della donna verranno anche estratti dei campioni di tessuto e dalla loro analisi si saprà della presenza o meno di sostanze radioattive.
Per verificare eventuali contaminazioni all’interno dell’ospedale, nei giorni scorsi sono stati effettuati anche dei controlli con il Geiger, lo strumento che misura le radiazioni, che hanno dato risultati negativi. Il Corriere della Sera scrive che i controlli sono stati fatti anche a casa dell’amico che ospitava Fadil prima del ricovero, senza riscontrare niente di anomalo. A proposito delle accuse di avvelenamento fatte in ospedale dalla stessa Fadil, molti giornali hanno raccontato – per via della partecipazione ai processi Berlusconi era molto conosciuta dai cronisti – che in passato lei aveva spesso sostenuto di sentirsi in pericolo e aveva evocato figure strane e soprannaturali.
Il procuratore Greco ha concluso dicendo che quella dell’avvelenamento è «un’opzione» e che nessuno può per ora escludere una possibile causa naturale della morte. «Quello che emerge è che all’Humanitas hanno tentato tutto il possibile, c’è anche l’ipotesi di una malattia rara che non è stata trovata».
Rispetto alle comunicazioni tra l’ospedale, la procura e la polizia ci sono invece alcuni passaggi non chiari. Repubblica ha scritto che «tra dirigenti sanitari, infermieri e medici di Terapia intensiva, Medicina e Oncologia, sono state già sentite in procura una decina di persone. Tra loro, il direttore sanitario della struttura, Michele Lagioia, che ha confermato come non ci sia stata nessuna comunicazione dell’allarme lanciato da Fadil su un possibile avvelenamento, il 12 febbraio». La procura è stata informata del decesso dall’avvocato della donna, Paolo Seveso, il primo marzo e non è chiaro se l’ospedale avrebbe dovuto invece comunicare prima il ricovero sospetto. Greco, quando gli è stata posta questa domanda, ha risposto «No comment».