Tinder ha cambiato il suo algoritmo
La popolare app per incontri ha escluso il sistema che classificava gli iscritti solo in base alla loro desiderabilità (ma il meccanismo resta infernale)
Tinder, una delle app per incontri più usate al mondo, ha confermato di avere abbandonato già da diverso tempo uno dei metodi utilizzati dai suoi algoritmi per calcolare la desiderabilità dei suoi iscritti. In un post pubblicato sul suo blog, l’azienda ha anche rivelato qualche informazione in più sui sistemi che sfrutta per facilitare le compatibilità (“match”) tra i suoi iscritti, pur senza fornire molte informazioni aggiuntive per evitare che gli utenti ne approfittino per aumentare le loro possibilità di avere più contatti.
Tinder esiste da circa 6 anni e fa parte di Match Group, una società statunitense che controlla alcune delle più grandi app per incontri (“dating”) esistenti al mondo. Tinder è la sua applicazione di maggiore successo internazionale: ci si iscrive, si imposta il profilo indicando sesso, età e provenienza geografica, si caricano alcune proprie fotografie e si inizia a scorrere i profili degli altri.
Ogni profilo è mostrato all’interno di una scheda: se la si fa scorrere (“swipe”) verso destra si esprime il proprio interesse (“mi piace”), mentre verso sinistra si indica di non avere interesse. La persona che ottiene un “mi piace” non sa di avere ricevuto un apprezzamento da qualcuno, ma se mette a sua volta “mi piace” a quel qualcuno allora scatta il “match”. Le due persone possono scriversi privatamente in una chat ed eventualmente decidere di vedersi di persona.
Negli anni Tinder ha ricevuto molte critiche, soprattutto per il fatto di puntare quasi esclusivamente sull’aspetto fisico dei suoi iscritti. I profili di solito non contengono molte informazioni personali, anche se c’è un’opzione per inserire una breve biografia. Ne consegue che quasi tutti i “match” siano esclusivamente basati sull’apprezzamento dei profili per l’aspetto fisico dei loro proprietari. App come Tinder hanno inoltre avvicinato il fenomeno della cosiddetta “gamification” (“ludicizzazione”) anche nelle dinamiche che portano alla costruzione dei rapporti sentimentali. Dopo centinaia di “swipe”, la ricerca di una potenziale compatibilità diventa un gioco, con tutte le implicazioni che si porta dietro: distacco dalla situazione reale, dipendenza e scarsa empatia nei confronti degli altri partecipanti.
Una delle critiche ricorrenti legate a Tinder era l’utilizzo del sistema Elo, un metodo derivato dagli scacchi per calcolare la forza relativa di ogni giocatore. Il sistema veniva applicato per classificare gli iscritti all’applicazione in base alla loro desiderabilità. In poche parole: più persone facevano “swipe” verso destra su un profilo, più quel profilo guadagnava punti rispetto ad altri. Il profilo era poi mostrato ad altri potenziali “match” con punteggi alti, creando una sorta di sistema a caste dentro l’applicazione. Secondo i più critici, ciò non faceva altro che mantenere le persone più desiderabili per il loro aspetto fisico in un gruppo, escludendo le altre.
In realtà l’esclusione non era comunque assoluta. Tinder organizza i profili che mostra in base a diversi criteri, oltre al sistema Elo, per esempio in base alla vicinanza, all’età e ad altri parametri. Utilizzando molto l’applicazione, si finisce ugualmente per trovare buona parte dei profili degli altri iscritti, compresi quelli più alti in classifica e fuori dalle proprie possibilità secondo l’algoritmo. Il fatto di trovarli non rende comunque più probabile un “match”.
Nel post sul suo blog, Tinder dice di avere completamente abbandonato il sistema Elo, spiegando che gli algoritmi utilizzati ora “sono progettati per essere aperti”. L’app modifica l’organizzazione dei profili che vengono mostrati a un utente ogni volta che il suo profilo riceve un apprezzamento o meno da parte degli altri iscritti. L’aggiornamento non è però istantaneo e di solito richiede fino a 24 ore per essere compiuto.
Tinder non ha fornito molti altri dettagli, ma il sistema cui fa cenno ricorda molto l’algoritmo Gale-Shapley, sviluppato nel 1962 dagli economisti David Gale e Llloyd Shapley per dare soluzione al “problema dei matrimoni stabili”. Nel caso di Tinder, se a Paperino piace Paperina e anche a Gastone piace Paperina, vuol dire che probabilmente Paperino e Gastone hanno gli stessi gusti. Ha quindi senso che se Paperino ha messo “mi piace” a qualcun’altra, il profilo di quest’ultima sia mostrato anche a Gastone, visto che i due hanno gusti simili.
A complicare le cose, e a rendere molto più sfuggente il funzionamento di Tinder, c’è il fatto che l’applicazione dà la possibilità di ottenere qualche vantaggio se si passa alla versione a pagamento. Chi decide di spendere almeno 7 euro al mese ha la possibilità di inviare “Super Like”, per fare in modo che la persona che riceve un apprezzamento sappia di essere stata gradita dal profilo che sta consultando (c’è un “Super Like”, ma solo giornaliero, anche nella versione gratuita), oppure un “boost” per avere il proprio profilo in evidenza per mezz’ora e aumentare le probabilità di ottenere match. Questi e altri accorgimenti fanno aumentare le variabili nel funzionamento dell’app, e naturalmente fruttano svariati ricavi a Tinder, che sta cercando di differenziare il proprio modello basato principalmente sulla pubblicità.