Una storia di film piratati dagli anni Sessanta

Quando per "copie piratate" non si intendono DVD o VHS, ma veri e propri film in pellicola: che all'FBI non piacevano già allora

Carl Court/Getty Images
Carl Court/Getty Images

Woody Wise è un uomo ottantenne ormai in pensione. È noto, nel suo piccolo, per essere fondatore e membro dei Cliffhangers, un cineclub di persone appassionate di vecchi film in bianco e nero. Un po’ di mesi fa Matt Novak raccontò però sul blog Paleofuture che mezzo secolo fa Wise fu tra i primi a vendere copie piratate dei film. Dove per “copie piratate” non si intendono DVD o VHS, che ovviamente non c’erano, ma veri e propri film in pellicola. Negli anni Sessanta, Wise riuscì a vendere singole copie di film per più di 500 dollari l’una, pari a circa 4mila dollari di oggi. Di Wise si occupò persino l’FBI, preoccupata dal crescente mercato dei film illegali.

Novak ha raccontato che, mentre faceva ricerche per un altro progetto, scoprì che già dagli anni Sessanta l’FBI teneva sotto controllo chi collezionava o vendeva copie illegali dei film, che allora erano ovviamente in pellicola. Ha spiegato che è una storia su cui si sa pochissimo e che quindi si è messo in contatto con Wise per farsi raccontare un po’ di cose.

Novak ha scritto che Wise ora vive nel sud della California, in una casa che – dice – faceva parte di una tenuta di proprietà dell’attrice Bette Davis, in un posto di cui Novak ha scritto che «potrebbe benissimo essere nel bel mezzo del Kansas»: dall’aspetto rurale, dove in tantissimi girano ancora a cavallo. Wise ha raccontato di essere nato e cresciuto in Virginia, di essere sempre stato innamorato del cinema e che già a 14 anni iniziò a fare il proiezionista in un vecchio cinema di campagna. Poi fece carriera: «Mi diedero lavoro come usciere, poi come gestore. Alla fine mi misi a gestire il mio cinema». Negli anni Sessanta iniziò ad avere qualche problema: c’erano sempre più tv e sempre più persone che preferivano stare a casa a guardarle anziché andare nei cinema.

«I gestori di cinema non diventano ricchi», ha detto Wise. Fu per questo che provò a entrare nel settore della spedizione di popcorn e della distribuzione – legale – di film. Iniziò cioé a fare regolari viaggi, ogni due settimane, verso gli uffici a Washington delle case cinematografiche di quegli anni: la MGM, la Paramount e la Universal.

Andava lì, caricava qualche bobina (le pellicole arrotolate) e poi le distribuiva – legalmente – per i vari cinema della Virginia. Quando i film finivano la programmazione venivano riportati nei magazzini di Washington. Erano molto grandi, quei magazzini: un film “distribuito in 100 copie” era effettivamente un film di cui esistevano 100 bobine (100 lunghissimi pezzi di pellicola) distribuite in altrettanti cinema.

Ora, con il cinema digitale, basta un hard disk o addirittura internet. E quando un film finisce la programmazione basta cancellare un file per liberarsi della copia. Allora bisognava andare nei cinema, riprendere le bobine (ma c’è anche chi le chiama pizze) e riportarle ai magazzini delle case di distribuzione, che spesso se le tenevano lì senza sapere che farsene. Wise, che Novak descrive come un tipo molto socievole, fece amicizia con chi lavorava nei magazzini e scoprì che, in certi casi, le pellicole dei vecchi film venivano addirittura buttate o bruciate. Perché, tra l’altro, prendevano fuoco molto facilmente e molto bene, in particolare quelle dei film della prima metà del Novecento. Al punto che erano le stesse case di produzione a scegliere di usarle quando c’era bisogno di girare scene di incendi. Come ha scritto il critico Carl Sandburg, «La prossima volta che guardate l’incendio di Atlanta in Via col vento, pensate che quelle fiamme sono provocate da pezzi di storia del cinema che stanno bruciando».


«Quindi capisci da solo cosa feci dopo aver scoperto che le buttavano», ha detto Wise. Novak ha spiegato così quello che fece Wise: «Iniziò a offrire a chi lavorava nei magazzini qualche dollaro per farsi dare qualche pellicola che altrimenti avrebbero buttato. All’inizio, giusto una pellicola di tanto in tanto». Ma poi, ha detto Wise, «la cosa si ingrandì» e i suoi amici dei magazzini gli lasciarono scegliere i film che voleva. Wise ha spiegato che arrivò anche a prendere 20 o 30 copie di un solo film, per rivenderle – dice lui – a tre volte il prezzo a cui le aveva pagate. Ma Novak scrive di aver visto documenti secondo i quali le rivendeva a più di dieci volte il prezzo che aveva pagato lui. Wise ha però detto che c’erano tanti altri a fare il suo lavoro: forse persino a Washington e in Virginia; di sicuro in tante altre città.

Novak ha scritto che Wise non ebbe mai veri problemi, negli anni Sessanta in Virginia, perché non era chiaro se vendere quei film fosse o no un reato.

Poi, nel 1973, si trasferì a Los Angeles. E nel traslocare si portò lì anche decine di bobine che aveva ottenuto nel tempo. Visto che non era particolarmente chiaro quanto illegale fosse il commercio di quelle bobine, mise anche degli annunci su alcune riviste per appassionati di cinema: dicendo quali e quanti film vendeva, e a quanto. Intanto aprì anche un negozio di libri e poster di film in cui, quando capitava, vendeva anche le pellicole. Infine, nel 1975, l’FBI gli perquisì la casa, perché era accusato di vendere illegalmente copie di film. Wise ha detto: «Pensavano fossi un pezzo grosso, ma io non ero un pezzo grosso». Novak ha spiegato che Wise non era di certo il nome più grande della pirateria cinematografica di quegli anni, ma che di certo «era un nome».

L’FBI arrivò a lui ma non solo a lui. Negli anni Settanta si accorse infatti, sollecitata dalle case cinematografiche, che il mercato della pirateria stava crescendo sempre di più. Tra gli altri, l’FBI entrò anche in casa di Roddy McDowall, un noto attore che nel 1968 aveva recitato in Il pianeta delle scimmie. In casa sua trovarono 160 pellicole e centinaia di videocassette (che avevano iniziato a esistere dai primi anni Settanta): in molti dei casi erano pellicole e videocassette di film in cui McDowall aveva recitato.

Wise, McDowall e tutti gli altri preferivano definirsi collezionisti, più che “pirati”, e Wise sostiene che non faceva niente di male, perché non rubava a nessuno e si limitava a trovare un mercato per delle pellicole che altrimenti sarebbero state quasi di certo distrutte. Ma resta il fatto che Wise faceva soldi, non pochi, vendendo film in nero.

In realtà pare che l’FBI fosse interessata soprattutto a qualcuno che si dice mandasse copie di film in Sudafrica, paese verso cui in quegli anni era in corso un boicottaggio culturale contro l’Apartheid. Wise ha negato di aver mai avuto qualcosa a che fare con la vicenda: «Non ho mai venduto pellicole a qualcuno che volesse usarle per scopi diversi dalla visione privata», ha detto. Alla fine l’FBI riuscì comunque a incastrarlo per il reato di trasporto da uno stato all’altro di un bene rubato, nel suo caso il film del 1968 Funny Girl, il primo di Barbra Streisand. Il commento di Wise è stato: «Non era rubato, lo pagai». Ci fu comunque un processo, in cui Wise rischiò una condanna a un anno di carcere ma se la cavò «con una grossa multa» e cinque anni di libertà vigilata.

«Tra l’altro, oggi tutti vendono pellicole di film», ha detto Wise a Novak. Ha ragione. Basta farsi un giro su internet – su eBay, non sul dark web – per trovare persone che ancora oggi fanno quello che Wise faceva cinquant’anni fa. Wise dice che dopo la storia dell’FBI decise di comprare e vendere solo film molto vecchi, sui quali non c’erano più diritti d’autore. O film come La vita è meravigliosa, che finì nel pubblico dominio perché nel 1974 si dimenticarono di rinnovarne i diritti. Nel 1981 un articolo del Los Angeles Herald Examiner parlò della sua passione, senza però citare i precedenti problemi con l’FBI.

Nel 2004 Wise vendette il negozio di libri e poster e iniziò a collaborare con la Warner Bros. come guida in un museo della casa cinematografica. Wise dedica oggi gran parte del suo tempo libero ai Cliffhangers, il cineclub di cui è tra i fondatori, che prende il nome da una serie di film d’azione. Ogni sabato lui e i suoi amici si trovano per guardare vecchi film e parlare di vecchi film. C’è anche un documentario, sui Cliffhangers: si chiama Brotherhood of the Popcorn e non si parla mai delle passate attività di Wise.


È un calcolo molto difficile, ma si stima che la pirateria comporti ogni anno, in tutto il mondo, perdite di alcuni miliardi di dollari per l’industria del cinema.