L’assalto all’ambasciata nordcoreana a Madrid potrebbe non coinvolgere la CIA
Il Washington Post sostiene che dietro la misteriosa operazione del 22 febbraio scorso ci sia un gruppo di dissidenti di cui si sa poco
Il Washington Post sostiene di avere nuove informazioni sul misterioso assalto compiuto da un gruppo di dieci uomini contro l’ambasciata nordcoreana a Madrid lo scorso 22 febbraio. Sull’accaduto stanno indagando da tre settimane la polizia spagnola e il Centro Nacional de Inteligencia (CNI), i servizi segreti spagnoli, che secondo un’inchiesta del País avrebbero rilevato i legami di due assalitori con la CIA, l’agenzia statunitense di intelligence per l’estero. Secondo il Washington Post, tuttavia, l’operazione non sarebbe stata compiuta dalla CIA, ma da un’organizzazione segreta di dissidenti nordcoreani conosciuta con il nome di “Cheollima Civil Defense”, che opera con l’obiettivo di rovesciare il regime del dittatore Kim Jong-un.
Il Washington Post ha detto di avere ottenuto le nuove informazioni da «persone vicine alla pianificazione e all’esecuzione della missione» dello scorso 22 febbraio. Il gruppo avrebbe agito senza coordinarsi con alcun governo straniero e l’intelligence statunitense avrebbe rifiutato di farsi coinvolgere per ragioni politiche: l’assalto all’ambasciata nordcoreana a Madrid, infatti, fu compiuto cinque giorni prima dell’incontro ad Hanoi tra il presidente statunitense Donald Trump e Kim Jong-un.
Sung-Yoon Lee, esperto di Corea del Nord all’Università di Tufts, in Massachusetts (Stati Uniti), ha detto che “Cheollima Civil Defense” è «il primo gruppo conosciuto di resistenza contro la Corea del Nord, cosa che rende le sue attività particolarmente rilevanti». Non si hanno molte informazioni sull’organizzazione, che è emersa per la prima volta nel 2017. A inizio marzo, ha scritto Giulia Pompili sul Foglio, il “Cheollima Civil Defense” aveva dichiarato la formazione di un governo in esilio del “Free Joseon”, il nome antico della Corea:
«Cheollima è un’organizzazione anonima venuta alla luce nel 2017, perché avrebbe protetto il figlio di Kim Jong-nam, il fratellastro del leader assassinato all’aeroporto di Kuala Lumpur (qui il video in cui Kim Han Sol diceva di essere stato salvato da Cheollima). Sembra che il gruppo abbia l’aiuto, strategico e finanziario, di gruppi più forti che si oppongono al regime di Kim a Pyongyang. La costituzione di un governo alternativo a quello con cui dialoga Trump potrebbe aprire nuovi scenari: fino a oggi il grande problema della Corea del nord era che non esistesse di fatto una vera opposizione al regime, organizzata, che premesse sui temi della libertà e dei valori democratici. Ora, forse, se ne sta formando una.»
L’assalto del 22 febbraio era stato piuttosto violento: era iniziato alle otto di mattina, quando i dieci uomini avevano fatto irruzione nell’ambasciata, al numero 43 di via Darìo Aparicio, nel quartiere nord di Aravaca. Gli assalitori avevano agito come una specie di commando militare: erano entrati in maniera ordinata imbracciando armi finte, avevano legato e incappucciato le otto persone che si trovavano nell’edificio e poi avevano iniziato a picchiarle e interrogarle. Dopo due ore, erano fuggiti portandosi dietro dispositivi elettronici e documenti di vario tipo.