Theresa May non riesce a vincere
La prima ministra britannica continua a subire una sconfitta dopo l'altra su Brexit e i giornali parlano di «umiliazione» e «caos»: lei, per ora, tira dritto
Mercoledì la prima ministra britannica Theresa May ha subito l’ennesima sconfitta su Brexit in Parlamento. In quella che è stata descritta da BBC come «una serata piena di tensione e colpi di scena», il governo May è stato battuto più volte sulla sua proposta relativa al “no deal”, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza accordo, scenario considerato potenzialmente catastrofico. Ma non è successo solo questo: alcuni ministri hanno votato contro le indicazioni di May, sfidandone di fatto l’autorità e mostrando di nuovo quanto siano profonde le divisioni su Brexit all’interno del Partito Conservatore.
La sconfitta incassata da May mercoledì sera è stata particolarmente dura per almeno due ragioni: perché è arrivata dopo una serata caotica che la prima ministra non è riuscita a controllare, e perché ha seguito di un solo giorno un’altra batosta molto seria, la seconda bocciatura dell’accordo su Brexit faticosamente negoziato e rinegoziato da May e dall’Unione Europea.
Il voto di mercoledì è stato piuttosto importante. May era arrivata in Parlamento con una mozione che prevedeva l’esclusione del “no deal”, ma che usava una formula un po’ ambigua e poco definitiva. Da una parte May voleva assecondare la volontà del Parlamento che già in passato si era espresso contro lo scenario del “no deal”, dall’altra non voleva rinunciare definitivamente all’opzione di uscire dall’Unione Europea senza accordo, visto che un pezzo di Partito Conservatore, i sostenitori di una “hard Brexit”, continua a preferire il “no deal” all’accordo negoziato tra il governo britannico e l’Unione Europea. Il problema è che la votazione non è andata per nulla come si aspettava May.
L’opposizione ha presentato un emendamento alla mozione di May che di fatto escludeva il “no deal” con termini molto più decisi e definitivi di quelli usati nella versione presentata dal governo. L’emendamento è stato approvato con un margine di quattro voti. Poi il Parlamento ha votato l’intera mozione emendata, e dopo una riunione caotica e improvvisata May ha dato indicazione di votare contro la sua stessa mozione, per evitare che l’opzione del “no deal” venisse effettivamente esclusa dalla discussione su Brexit. May è stata sconfitta ancora, con più di 40 voti di scarto e con l’astensione di quattro ministri del suo stesso governo. La “ribellione” interna è stata ancora più significativa perché è arrivata nonostante il governo avesse fatto arrivare ai suoi parlamentari al cosiddetta “three-line whip”, cioè la convocazione urgente a presentarsi a quella votazione parlamentare e a votare seguendo strettamente la linea del partito.
A livello politico, May ha quindi incassato una batosta rilevante, anche se a livello pratico la mozione non era vincolante. Questo è un punto importante nel processo di Brexit, anche se piuttosto marginale nella crisi politica che sta attraversando il governo May. Come ha sottolineato un negoziatore europeo, votare per escludere il “no deal” è «come se il Titanic votasse per chiedere all’iceberg di spostarsi dalla sua rotta»: l’unico modo per escludere il “no deal” è infatti approvare un accordo su Brexit.
La sconfitta del governo di mercoledì è stata descritta questa mattina con toni piuttosto catastrofici dalla stampa britannica. Il Financial Times ha parlato di «un’altra umiliazione a Westminster» (la sede del Parlamento), il conservatore Daily Telegraph si è concentrato sulla ribellione di quattro ministri del governo, il tabloid Daily Mail ha titolato «regna il caos», mentre il Times ha parlato di «tracollo».
Il problema per May è che il caos e la sconfitta di mercoledì stanno diventando la normalità. Il 15 gennaio scorso il Parlamento aveva bocciato per la prima volta l’accordo su Brexit trovato da May e dai negoziatori europei, con uno scarto di 230 voti: era stata la peggior sconfitta di sempre per un governo britannico alla Camera dei Comuni. Il 12 marzo il Parlamento aveva votato di nuovo l’accordo, dopo che May aveva negoziato alcune piccole concessioni con il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker: era arrivata una nuova bocciatura, questa volta con uno scarto di 149 voti, ovvero la quarta peggior sconfitta di sempre per un governo in carica.
La situazione in cui si trova il governo May è molto ingarbugliata e quasi paradossale. Nonostante le continue dure sconfitte subite in Parlamento, May per ora non sembra essere in discussione, visto che le regole interne al Partito Conservatore impediscono di sfidare la sua leadership fino a dicembre (May ha infatti superato da poco un voto di sfiducia interno ai Conservatori). La prima ministra non sembra nemmeno intenzionata a fare un passo indietro. Dopo quanto successo mercoledì, ha mostrato la sua intenzione di sottoporre al voto del Parlamento lo stesso accordo per una terza volta, probabilmente mercoledì della prossima settimana. May spera che molti deputati Conservatori si sentano a quel punto con le spalle al muro e decidano di appoggiare il piano del governo.
Oggi, intanto, è previsto un altro voto su Brexit al Parlamento britannico: si deciderà se obbligare o meno il governo a chiedere all’Unione Europea di rimandare la data di Brexit, fissata per il 29 marzo. Nonostante si sia sempre opposta a una proroga, May ha annunciato che il governo lascerà liberi i deputati Conservatori di votare secondo coscienza. Ci si aspetta che la richiesta venga approvata: per essere definitiva, però, dovrà essere approvata anche dal Consiglio europeo, la cui riunione è fissata per il prossimo 21 marzo.