La sentenza sull’omicidio di Genova di cui si parla

Un uomo aveva ucciso la sua compagna ed è stato condannato a 16 anni, con le attenuanti perché lei "lo ha illuso e disilluso allo stesso tempo"

Il Palazzo di Giustizia di Genova (ANSA/LUCA ZENNARO)
Il Palazzo di Giustizia di Genova (ANSA/LUCA ZENNARO)

Da qualche giorno si è ricominciato a parlare di una sentenza molto controversa con cui lo scorso dicembre un uomo era stato condannato a 16 anni per l’omicidio della sua compagna, a Genova. La cosa di cui si sta parlando è che nelle motivazioni della condanna – ritenuta da molti non abbastanza severa – la giudice ha scritto che l’uomo ha «reagito» al comportamento della donna, un comportamento «del tutto incoerente e contraddittorio» poiché lei lo aveva «illuso e disilluso nello stesso tempo».

Nell’aprile del 2018 Javier Napoleon Pareja Gamboa, un uomo di origini ecuadoriane di 52 anni, aveva ucciso con un coltello da cucina la compagna Jenny Angela Coello Reyes, 46 anni, nel loro appartamento di via Fillak, a Rivarolo, in Liguria. Dopo l’omicidio, Gamboa era scappato e aveva vagato per la città per due giorni, prima di essere arrestato. Lo scorso 6 dicembre è stato condannato a 16 anni di carcere con rito abbreviato. L’accusa aveva chiesto 30 anni di carcere, ma la giudice ha accolto la tesi della difesa concedendo le attenuanti generiche e ha applicato lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato.

Nella sentenza di Genova, riportata da diversi giornali, si legge che Gamboa era mosso «da un misto di rabbia e disperazione, profonda delusione e risentimento» e che «ha agito sotto la spinta di uno stato d’animo molto intenso, non pretestuoso, né umanamente del tutto incomprensibile». La moglie gli aveva detto di aver lasciato l’amante che aveva ma, come ha scritto la giudice, lei «non era in grado di lasciarlo». Accogliendo la ricostruzione fatta dalla difesa si dice che l’uomo era stato «provocato» e «istigato» dalla donna a colpirla, che gli aveva detto che non ne avrebbe avuto il coraggio perché «non era un uomo». Gamboa, si legge ancora, «non ha agito sotto la spinta della gelosia ma come reazione al comportamento della donna, del tutto incoerente e contraddittorio, che l’ha illuso e disilluso allo stesso tempo». E ancora: «Il contesto in cui il gesto si colloca vale a connotare l’azione, in un’ipotetica scala di gravità, su un gradino più basso rispetto ad altre».

(Foto pubblicata su repubblica.it)

L’avvocato della famiglia della donna, Giuseppe Maria Gallo, ha commentato dicendo che «con questa motivazione è stato riesumato il delitto d’onore. Ormai assistiamo a un orientamento più culturale che giuridico», facendo riferimento anche alla sentenza pronunciata qualche giorno fa dalla Corte d’Appello di Bologna sempre su un caso di femminicidio e in cui all’uomo che aveva ucciso la ex compagna, Michele Castaldo, erano state concesse le attenuanti e il dimezzamento della pena stabilita in primo grado perché aveva agito in preda a una «tempesta emotiva».

La giudice che ha emesso la sentenza, Silvia Carpanini, è stata intervistata dal Corriere della Sera giovedì, e ha spiegato così le sue scelte.

Le motivazioni della sua sentenza stanno sollevando un polverone, lo sa vero?
«Guardi, non intendo giustificare quello che ho scritto. Basta leggere per capire che siamo dentro i confini del diritto, e per me è questo che conta. Del resto esistono strumenti precisi per esprimere contrarietà a una sentenza: se il pubblico ministero non è d’accordo può impugnarla».
Il ministro Salvini si è detto «senza parole» e dice che «chi ammazza così deve marcire in galera».
«Con tutto il rispetto, Salvini può pensarla come meglio crede. È evidente che io la penso diversamente. La gente è libera di criticare, fare, anche ritenere discutibile la mia decisione, per carità. Ma vale sempre e per tutti il fatto che bisognerebbe conoscere bene i casi prima di criticare…»
Lei ha concesso le attenuanti generiche all’assassino perché la sua è stata una «reazione al comportamento della donna» che lo avrebbe «illuso e disilluso».
«Scusi. Questo signore se n’era andato volontariamente in Ecuador proprio per lasciare spazio alle scelte della moglie. Lei lo fa tornare promettendogli un futuro e lui scopre invece che praticamente c’era l’amante in casa.Tutto nel giro di poche ore. Era un caso in cui non erano mai state contestate né la premeditazione né i futili motivi. Niente può giustificare un omicidio, è chiaro. Ma c’è omicidio e omicidio, c’è dolo e dolo»

«Non è scritto da nessuna parte che le attenuanti generiche non si debbano dare per i casi di omicidio. Devono essere date in relazione alle circostanze del reato e io ho semplicemente applicato norme che il codice prevede e l’ho fatto in modo argomentato. Non tutti gli omicidi prendono 30 anni di pena».
Si è parlato allora e si parla adesso di ritorno al delitto d’onore.
«Non c’entra assolutamente niente. Comunque: tutta questa polemica non mi sconvolge, non è la prima e non sarà l’ultima. Quel che per me è certo è che un processo non debba essere esemplare».

L’avvocato Gallo ha detto di non potere impugnare la sentenza, poiché le loro richieste economiche come parte civile sono state accolte: «Ma l’imputato non potrà risarcire neanche un euro. Sono accolte ma virtualmente. In più ci tolgono linfa per produrre un appello perché l’accoglimento integrale ci preclude la possibilità di impugnare non avendo titolo giuridico per farlo. Ho sollecitato anche il pm ad appellarsi a questa sentenza. Il termine scade il 21 marzo ma il pm stesso, su istanza della difesa, ha già comunicato che non impugnerà».