Abbiamo trovato una barriera corallina in Puglia
Al largo di Monopoli, lunga 2,5 chilometri e molto in profondità: è la prima scoperta nel Mediterraneo
Il 5 marzo sulla rivista scientifica Scientific Reports è stato pubblicato un articolo su una scoperta inaspettata: nel mare Adriatico, al largo di Monopoli, in provincia di Bari, c’è una piccola barriera corallina. A scoprirla sono stati i ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, guidati dal direttore Giuseppe Corriero. È lunga almeno 2,5 chilometri – anche se si pensa che possa avere un’estensione maggiore, da Bari a Otranto, con alcuni tratti di interruzione – e si trova a una profondità compresa tra i 30 e i 55 metri sotto il livello del mare, dunque maggiore rispetto a quelle delle barriere coralline caraibiche o delle Maldive.
Proprio perché si trova più in profondità rispetto alle barriere coralline più conosciute, la struttura di questa barriera mediterranea è diversa, ha spiegato Corriero a Repubblica: «Nel caso delle barriere delle Maldive o australiane i processi di simbiosi tra le madrepore [gli animali marini che costituiscono i banchi corallini, ndr] sono facilitati dalla luce, mentre la nostra barriera vive in penombra e quindi le madrepore costituiscono queste strutture imponenti di carbonato di calcio in assenza di alghe». Per questo i colori che si vedono nelle fotografie della barriera corallina pugliese sono meno accesi. Somigliano però a quelle della barriera corallina del mar Rosso, a sua volta più in profondità rispetto a quelle australiane e caraibiche. Il termine scientifico per definirle è «mesofotiche», che significa che ricevono poca luce.
I gruppi di animali comunemente chiamati “coralli” sono colonie di centinaia di antozoi, invertebrati lunghi pochi millimetri che vengono anche chiamati “polipi” – e non vanno confusi con i polpi, anche se sono dotati di tentacoli. Un corallo non è quindi un singolo organismo, ma l’insieme di una miriade di individui. Le barriere coralline, che si trovano solitamente in acque marine calde e poco profonde, sono grandi strutture accumulate le une sulle altre da successive generazioni di coralli: quando muoiono, infatti, si lasciano dietro le formazioni calcaree dei loro scheletri. Nel linguaggio comune quando si parla di “barriera corallina” si intendono anche tutti gli altri esseri viventi – pesci compresi – che vivono nell’habitat creato dai coralli e noto per una grande biodiversità, favorita dall’accumulo di risorse nutritive
La barriera è stata scoperta grazie all’analisi di un filmato subacqueo dalla ricercatrice Frine Cardone, interessata a studiarlo per cercare i molluschi bivalvi che stava studiando. Lo stesso video, realizzato da un robot filoguidato, era stato girato qualche anno fa insieme ad altre centinaia di ore di filmato, per cercare praterie di corallo rosso e non certo una barriera. Prima di arrivare alla pubblicazione dell’articolo su Scientific Reports ci sono stati tre anni di studi, realizzati in collaborazione con l’Università Tor Vergata di Roma e con quella del Salento.
Quella pugliese è la prima barriera corallina trovata nel mar Mediterraneo, ma secondo Corriero non si può escludere che ce ne siano altre che come questa non sono mai state scoperte prima perché a profondità elevate. I giornali che hanno dato la notizia hanno già provato a ipotizzare cosa succederà ora: da un lato bisognerà capire se siano necessarie misure di protezione ambientale per preservare la barriera, dall’altro la sua presenza potrebbe attirare turisti interessati alle immersioni subacquee, almeno nei tratti meno profondi. Quello che è sicuro è che saranno necessarie altre ricerche per capire bene che estensione abbia la barriera.