“Bisogna incazzarsi, ora”
Concita De Gregorio scrive di donne e soldi per l’8 marzo: ma che sia l’ultima volta
Oggi, 8 marzo, è la Festa della donna. Per l’occasione Concita De Gregorio ha scritto su Repubblica un articolo, pubblicato in prima pagina, dal titolo “Quando questa firma sarà di un uomo”: spiega infatti che è un articolo che le è stato assegnato da uomini, perché a dirigere il suo giornale sono uomini, e perché della Festa della donna si ritiene debba scrivere una donna. Nell’articolo De Gregorio dice di aver accettato di scrivere dell’argomento a patto che a scriverne l’anno prossimo sia un uomo. Poi inizia a spiegare “quello che sa” sul tema.
L’articolo inizia così:
Arrivo in redazione e, al settimo piano, percorro il corridoio lungo il quale mi fermo a salutare le segretarie, anima e memoria del giornale in cui lavoro — salvo una breve interruzione — da trent’anni. Infine entro nell’ultima stanza, quella grande. La sala riunioni. Attorno al tavolo, la direzione: sono tutti uomini. È così da sempre. Le segretarie sono donne, i direttori e i vicedirettori sono uomini. Non ci si fa più nemmeno caso, come fosse un dato di natura. Buongiorno, buongiorno. Come va? Tutto bene. Stavamo pensando a te per un pezzo. Ed è infatti questo, con una certa ironia, il tema del mio compito di oggi: è l’8 marzo.
E bisogna di nuovo descrivere lo squilibrio fra compiti di responsabilità affidati alle donne, che sono la maggioranza nel Paese e ovviamente l’estrema minoranza alla guida delle imprese, delle università e dei teatri, dei ministeri, dei giornali. Sono inoltre pagate molto meno, da generali come da soldati semplici, ragione per cui è evidente che se bisogna scegliere – in una famiglia – a chi convenga lavorare, la scelta cade su chi guadagna di più. Propongo allora di scrivere di quello che so per esperienza diretta, che ho provato nella vita, sull’argomento, a condizione che l’anno prossimo sia un uomo a svolgere il tema: proposta accettata. Quello che so è questo.
Le donne, in quanto esseri umani, rispondono alle categorie di ogni essere umano. Ce ne sono di bravissime e di scarse, di corrotte e di incorruttibili, di servili e di indomite. Ed è questa la ragione, credo, per cui in quanto esseri umani dovrebbero essere valutate per quello che riescono a fare, per come lo fanno, ed essere retribuite al pari di chi – di opposto o fluido sesso, etnia, religione, altezza, colore dei capelli o peso – svolge quel compito.
De Gregorio parla poi di una questione personale, di quando fu direttrice dell’Unità:
Guadagnavo, all’epoca, moltissimo meno dei miei predecessori. Lo so con certezza perché li ho liquidati io. D’altra parte in Rai quando ho preso il posto e poi l’ho di nuovo ceduto a chi mi ha preceduta e seguita nel medesimo orario, sulla medesima rete, nel medesimo compito ho avuto un ingaggio inferiore della quarta parte di quello del mio omologo. La metà della metà (che poi non riscuotevo per altri problemi personali, ormai noti, ma è il principio che conta). Avrei potuto rifiutare, certo. Rinunciare. Stare fuori, si può sempre dire no e stare fuori. Ma fuori spesso piove, fa freddo, e a un certo punto bisogna rientrare.
Se ci fosse un sindacato attivo, poniamo l’ipotesi, sarebbe questo un bel compito – una bella battaglia da combattere. Invece c’è sempre qualcuno che farà lo stesso lavoro al posto tuo, se rinunci. A condizioni anche peggiori, e ringrazia per quello che ti offrono. Quale sindacato.
Infine:
Pagateci per quello che sappiamo fare. Non abbiate paura del confronto, se è sul merito. Bisogna pretenderlo, non succederà da solo: bisogna incazzarsi, ora. Lo spirito del tempo non è un granché. Le destre avanzano, è ora di alzare la voce. Presto sarà tardi. Infine. Quando sarà un uomo a scrivere questo pezzo sarà un bel giorno. Un essere umano di sesso maschile. Ce ne sono di corrotti e di onesti, di belli e brutti, di capaci e incapaci. Come tutti, tutte. È uguale, provate a pensarci tenendo a mente le vostre figlie. Come esercizio. Il prossimo 8 marzo, signori, a voi.