È iniziata la battaglia a Baghuz contro l’ISIS
Sabato si è cominciato a combattere per l'ultimo territorio ancora sotto il controllo dello Stato Islamico, dopo una tregua di dieci giorni per permettere la fuga di migliaia di civili
Tre giorni fa è iniziata a Baghuz, nel sud-est della Siria, la battaglia per riconquistare l’ultimo territorio ancora sotto il controllo dello Stato Islamico (o ISIS). L’inizio dello scontro era stato annunciato a metà febbraio, ma poi le operazioni militari delle Forze Democratiche Siriane (SDF), la coalizione di arabi e curdi appoggiata dagli Stati Uniti e impegnata a combattere contro l’ISIS da oltre tre anni, erano state sospese per permettere l’evacuazione di migliaia di civili intrappolati in città. Secondo alcune stime oggi a Baghuz ci sono ancora centinaia di persone (qualcuno dice migliaia), tra cui molti miliziani dell’ISIS.
La battaglia di Baghuz – che potrebbe portare alla definitiva scomparsa del cosiddetto “Califfato islamico” – sta procedendo lentamente, nonostante la netta superiorità delle SDF che hanno semicircondato gli ultimi miliziani dell’ISIS. I problemi sono essenzialmente due.
Il primo sono i civili rimasti a Baghuz, che nelle prime fasi della battaglia sono stati usati dall’ISIS come “scudi umani”, ha detto uno dei portavoce delle SDF, Mustafa Bali. Domenica le operazioni militari sono state rallentate di nuovo e decine di furgoni simili a quelli usati nelle ultime settimane sono stati portati nell’area, per evacuare altri civili. Le persone che lasciano Baghuz vengono trasferite in alcuni campi gestiti dai curdi lontani dall’area della battaglia: lì vengono interrogate, e quelle che sono identificate come miliziani dell’ISIS vengono portate nelle prigioni curde nel nord della Siria, dove oggi si trovano anche centinaia di “foreign fighters”.
Il secondo problema sono i cecchini, gli ordigni noti come IED e le autobombe, che rendono la battaglia particolarmente insidiosa e pericolosa per le forze delle SDF. I giornalisti del Guardian Bethan McKernan e Mohammed Rasool hanno scritto che le tattiche di guerriglia usate dall’ISIS stanno impedendo l’avanzata delle SDF durante il giorno, ma non possono fare niente di notte, quando gli alleati degli Stati Uniti posso sfruttare i loro visori notturni per individuare e colpire gli obiettivi. «Il giorno è loro, ma la notte è per noi», ha detto Memo Wan, comandante militare delle SDF.
Da quando è iniziata la battaglia, comunque, le SDF sono riuscite a ridurre lo spazio che le separava dalla linea più esterna dell’ISIS, che inizialmente era di circa un chilometro. Memo Wan ha detto al Guardian che i suoi uomini hanno trovato dei walkie-talkie lasciati sul terreno dai miliziani dell’ISIS durante la ritirata e hanno così potuto ascoltare alcune delle loro conversazioni, piene di panico per come si stavano mettendo le cose. All’interno della città potrebbero esserci anche diversi ostaggi occidentali e due bambini statunitensi, Yusuf e Zahra Shikder, la cui madre morì a gennaio in un attacco aereo: secondo le informazioni di intelligence disponibili e rese pubbliche, da allora i due bambini sarebbero passati sotto la custodia di una famiglia britannica dell’ISIS che avrebbe scelto però di rimanere a Baghuz a combattere fino alla fine.
Quando le SDF avranno conquistato l’area di Baghuz, del Califfato Islamico, cioè di quella specie di stato che alla fine del 2014 era grande come il Regno Unito, non rimarrà più niente. Non significa però che l’ISIS sarà sconfitto, come invece ha sostenuto il presidente statunitense Donald Trump a dicembre annunciando il ritiro delle forze americane dalla Siria. Come osservano da mesi diversi analisti ed esperti, già una volta l’ISIS riuscì a riorganizzarsi dopo che era stato dato per morto: era il 2011 e nel giro di pochi anni sarebbero nato il Califfato Islamico e sarebbe iniziato il periodo dei grandi attentati terroristici in Europa.