Cinque cose sulle primarie del PD
Com'è andata davvero l'affluenza, dove Zingaretti è andato bene e dove è andato meno bene, quali saranno le sue prime mosse
Il presidente del Lazio Nicola Zingaretti è il nuovo segretario del Partito Democratico. La sua vittoria alle primarie di domenica era largamente attesa ma è stata più ampia del previsto, mentre c’è stata una partecipazione degli elettori molto maggiore di quanto ipotizzato alla vigilia dagli stessi dirigenti del partito (forse proprio per tenere basse le aspettative). Abbiamo raccolto cinque cose interessanti su questo voto e sull’immediato futuro del PD e del suo nuovo segretario.
L’affluenza è andata bene ma non benissimo
Secondo le stime preliminari fornite dal partito sono andati a votare per le primarie tra gli 1,7 e gli 1,8 milioni di persone. È un risultato molto superiore alle aspettative (si parlava di un milione di votanti) ma che comunque – se confermato – sarebbe il risultato più basso nella storia delle primarie del Partito Democratico. Nel 2007, quando fu eletto segretario Walter Veltroni, votarono 3,5 milioni di persone; nel 2009, quando vinse Pier Luigi Bersani, i votanti furono 3,1 milioni (stesso numero per le primarie di coalizione che si tennero nel 2012); furono 2,8 nel 2013, quando vinse Matteo Renzi. Per trovare un numero così basso di elettori dobbiamo arrivare alle primarie del 2017, quando Renzi vinse di nuovo, portando a votare 1,8 milioni di elettori.
Nonostante questi numeri, molti considerano il voto di ieri un successo anche perché l’asticella delle aspettative era stata messa molto in basso (e secondo molti era stato fatto coscientemente). Nelle scorse settimane i principali dirigenti del partito sostenevano che avrebbero considerato un successo un’affluenza superiore al milione di votanti. I numeri sull’affluenza alle primarie del PD vengono diffusi in maniera ufficiosa da fonti del PD, quindi devono essere spesso presi in maniera indicativa. In ogni caso, decine di scrutatori e presidenti di seggio hanno segnalato nel corso della giornata di domenica un’affluenza simile a quella del 2017, con lunghe code di fronte ai seggi nei centri delle grandi città.
I voti sono aumentati al Nord e scesi al Sud
Almeno questo sembra essere il quadro che emerge dai dati parziali disponibili fino a questo momento. Il risultato più eclatante arriva dal confronto tra due città come Milano e Bari. Nella prima, dove Zingaretti ha vinto con il 68 per cento dei voti, hanno votato circa 100 mila persone, un aumento di quasi il 10 per cento rispetto alle primarie del 2017. A Bari, invece, dove Zingaretti ha raccolto circa il 64 per cento dei voti, la partecipazione si è quasi dimezzata, passando da 48 mila votanti a 26 mila. Una delle ragioni principali è probabilmente il fatto che nel 2017 uno dei tre candidati era l’ex sindaco di Bari e presidente della Puglia Michele Emiliano. Quest’anno invece nessuno dei tre candidati proveniva dal Sud Italia.
Zingaretti ha vinto come Renzi nel 2017
Al momento le prime stime danno Zingaretti tra il 65 e il 69 per cento dei voti: se questi numeri venissero confermati sarebbe una vittoria netta e importante. Zingaretti replicherebbe in sostanza i risultati ottenuti da Matteo Renzi nel 2013 e nel 2017, quando ottenne la segreteria con il 67 e con il 69 per cento dei voti; farebbe anche meglio di Bersani nel 2009, che vinse con poco più del 50 per cento dei voti, ma peggio di Veltroni, che nel 2007 vinse con il 75 per cento. Anche i suoi avversari hanno più o meno replicato la distribuzione dell’ultimo voto. Martina ha raccolto circa il 20 per cento dei voti, più o meno lo stesso risultato di Andrea Orlando nel 2017 (Orlando oggi appoggia Zingaretti), mentre Giachetti dovrebbe ottenere poco più del 10 per cento dei voti, cioè all’incirca il risultato che ottenne Michele Emiliano due anni fa.
– Leggi anche: Breve storia di Nicola Zingaretti
Zingaretti ha vinto ovunque, ma è più debole al Sud
Dai risultati diffusi da YouTrend, l’unica società a diffondere dati parziali sulle primarie, possiamo farci un quadro preliminare della distribuzione dei voti. Zingaretti è andato bene al Nord e nella storica “zona rossa” (principalmente Emilia-Romagna e Toscana): particolare il risultato di Firenze, la città del precedente segretario Matteo Renzi, dove Zingaretti ha ottenuto oltre il 60 per cento dei voti, nonostante fosse considerato il candidato più lontano da Renzi. Anche al Centro-Sud Zingaretti è riuscito a ottenere la maggioranza dei voti, ma restando in media sotto il 60 per cento (con l’eccezione della sua regione, il Lazio, dove dovrebbe aver superato il 70 per cento). Al Sud sembra essere andato bene il segretario uscente Maurizio Martina, che secondo i dati preliminari ha ottenuto in media il 30 per cento, circa dieci punti in più del suo risultato a livello nazionale.
#primariePD conteggio parziale per macro-regioni: CENTRO-SUD (86.400 voti)
Zingaretti 58,9%
Martina 30,1%
Giachetti 11,0%— YouTrend (@you_trend) March 3, 2019
Un risultato particolarmente buono Martina lo ha ottenuto in Basilicata, raccogliendo quasi il 50 per cento dei voti espressi (era alleato con la fazione del potente ex presidente Marcello Pittella, dimessosi dalla guida della regione in seguito ad alcune inchieste giudiziarie). Roberto Giachetti ha invece ottenuto il suo risultato migliore in Toscana, dove è arrivato a raccogliere circa il 17 per cento dei voti, rispetto al circa 10 per cento ottenuto a livello nazionale. Tra i tre candidati Giachetti era il più vicino all’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, che in Toscana ha ancora un forte seguito.
Il primo evento di Zingaretti sarà a Torino
Dopo il discorso della vittoria ieri sera, la prima uscita pubblica di Zingaretti da segretario eletto del PD sarà un incontro a Torino con il presidente del Piemonte Sergio Chiamparino, che il prossimo 26 maggio cercherà di farsi eleggere per un secondo mandato (alle 15.30 i due dovrebbero tenere una conferenza stampa). Zingaretti, che negli ultimi tempi si è spesso espresso a favore dalla linea ferroviaria Torino-Lione, la famosa TAV, è apparso in diverse occasioni favorevole a trasformare la questione in uno dei principali punti della campagna elettorale del partito per la regione.
Secondo i giornali, le prossime mosse che Zingaretti ha già deciso e che saranno messe in atto non appena gli organi del partito saranno riuniti (in particolare l’Assemblea Nazionale, che dovrà essere convocata nei prossimi 15 giorni) riguardano la scelta di due importanti incarichi di partito. Il primo è la scelta del presidente del partito, incarico attualmente ricoperto da Matteo Orfini e al quale dovrebbe subentrare l’ex presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Il secondo è la rimozione di Francesco Bonifazi dalla carica di tesoriere del partito. Bonifazi è uno stretto alleato di Renzi ed è stato recentemente criticato per il cattivo stato in cui versano le finanze del partito, indebitato per diversi milioni di euro e con numerosi dipendenti in cassa integrazione.