Perché le zebre hanno le strisce?
Non per mimetizzarsi ma a quanto pare per confondere tafani e zanzare, dice una nuova ricerca (e sì, per farla hanno travestito cavalli da zebre)
Tim Caro insegna all’Università della California a Davis ed è probabilmente il più grande esperto al mondo di zebre e delle loro caratteristiche strisce. Non lo si capisce solamente dalla sua pagina sul sito universitario, dove sfoggia un’invidiabile tuta zebrata, ma anche da un libro scritto alcuni anni fa sul tema e dalle ricerche che ha pubblicato per rispondere alla domanda che più lo incuriosisce: perché le zebre hanno le strisce? Caro non è l’unico a chiederselo, ma certamente è tra i ricercatori che hanno trovato teorie e risposte più convincenti al problema.
Le zebre appartengono alla famiglia degli equidi, vivono nelle zone orientali e meridionali dell’Africa e si distinguono dai loro più stretti parenti, i cavalli, per le loro striature nere (talvolta bruno-rossastre) e bianche. Ed è proprio questa caratteristica ad avere incuriosito di più i loro studiosi, portando alla formulazione di spiegazioni più o meno fantasiose nell’arco dell’ultimo secolo e mezzo.
Una delle più diffuse dice che le zebre siano fatte così per mimetizzarsi meglio, sfuggendo a grandi e famelici predatori come i leoni. Il loro mantello striato imiterebbe i rami degli alberi, riducendo il rischio di farsi notare da qualche predatore. Ma una ricerca, condotta presso l’Università di Calgary, sembra abbia smentito questa ipotesi con argomenti piuttosto solidi. I ricercatori hanno scoperto che iene e leoni non riescono a distinguere a distanza le strisce delle zebre: alla loro vista, si fondono tra loro portando alla visione in lontananza di animali dal manto grigiastro, facilmente identificabili.
Altri ricercatori avevano invece ipotizzato che le strisce aiutassero le zebre a regolare meglio la loro temperatura corporea, per sopportare il gran caldo africano. L’ipotesi era che le strisce scure si scaldassero più rapidamente al sole rispetto a quelle bianche, creando un microcircolo d’aria lungo il mantello per favorire lo scambio di calore. Ma, di nuovo, uno studio realizzato di recente ha escluso questa possibilità, notando come il mantello delle zebre si scaldi come quello a tinta unita dei cavalli.
Tim Caro da tempo teorizza invece che le strisce delle zebre servano a tenere alla larga tafani e zanzare. Non è l’unico a pensarla in questo modo: almeno a partire dagli anni Ottanta diversi ricercatori avevano ipotizzato qualcosa di simile, pubblicando diverse ricerche sul tema. Partendo dalla letteratura scientifica già disponibile, e da uno studio piuttosto convincente pubblicato nel 2012, Caro e i suoi colleghi hanno studiato la diffusione geografica delle zebre in Africa, notando come vivano in aree dove è molto alta la concentrazione di tafani. Si sa che questi insetti hanno difficoltà ad atterrare su superfici striate, e questo potrebbe spiegare la presenza delle strisce sul mantello delle zebre.
Per trovare ulteriori conferme alle ricerche effettuate in passato, Caro e colleghi hanno condotto alcuni esperimenti a Hill Livery, un maneggio nel Regno Unito che ospita cavalli ed alcuni esemplari di zebra. Filmando gli animali nelle loro stalle, hanno notato che i tafani avevano molte più difficoltà a posarsi correttamente sulle zebre rispetto ai cavalli. Non avevano problemi a notarne la presenza e ad avvicinarsi, ma fallivano quasi sempre l’atterraggio e quindi la possibilità di aggrapparsi sul mantello, per poi mordere e prelevare il sangue.
Come controprova, i ricercatori hanno messo sui cavalli alcuni teli – di solito utilizzati per proteggerli durante il trasporto o evitare che si bagnino troppo nelle giornate di pioggia – ma decorati con motivi simili a quelli delle strisce delle zebre. Anche in questo caso i tafani hanno avuto seri problemi di atterraggio, mentre sono riusciti a posarsi sulle parti del mantello dei cavalli non coperte dal cappotto. Per avere un’ulteriore controprova, i ricercatori hanno utilizzato anche cappotti a tinta unita, notando come i tafani riuscissero a posarsi senza difficoltà, anche se poi non potevano mordere i cavalli essendoci il tessuto di mezzo.
L’esito degli esperimenti condotti da Caro e colleghi è stato da poco pubblicato sulla rivista scientifica PLOS ONE. Nel loro studio, i ricercatori scrivono che osservando i video registrati a Hill Livery si nota come i tafani non decelerino nel modo giusto quando si avvicinano alle zebre: in alcuni casi volano oltre l’animale, mentre in altri ci vanno a sbattere contro, rimbalzandovi poi sopra. Non è chiaro che cosa impedisca agli insetti di regolare correttamente il loro atterraggio. Caro ha due ipotesi: la prima è che le strisce siano scambiate per fronde di alberi dagli insetti, che cercano quindi di passarci in mezzo finendo con lo sbattere su quelle più chiare, la seconda è che le strisce bianche e nere traggano in inganno la loro vista disorientandoli.
Questa seconda teoria è ritenuta più probabile dagli entomologi, i ricercatori che studiano gli insetti. Le informazioni raccolte con la visione dai tafani, così come da molti altri insetti volanti, sono essenziali per regolare velocità e direzione durante il volo. Le strisce irregolari del manto delle zebre confondono la vista dei tafani, facendo perdere loro i punti di riferimento per muoversi correttamente nello spazio.
Caro e i suoi colleghi sono ora al lavoro per effettuare nuovi test, utilizzando cappotti per cavalli con strisce più regolari e distribuite uniformemente. Se i tafani riuscissero a posarsi normalmente ci sarebbe la conferma che sono le strisce irregolari a ingannare la loro vista. È quindi ancora presto per capire se una maglietta zebrata ci possa salvare da tafani e zanzare.