Una scarpa rotta sta facendo parlare dei problemi del basket dei college americani
Zion Williamson si è distorto un ginocchio, portando l'attenzione sul discusso trattamento economico riservato ai giocatori della NCAA
Mercoledì scorso, circa trenta secondi dopo l’inizio della partita di basket tra le squadre di college Duke e North Carolina, un giocatore di Duke si è infortunato in un modo piuttosto inusuale. Zion Williamson è caduto rovinosamente a terra dopo che in un’azione di gioco il piede sinistro su cui stava facendo perno ha sfondato la scarpa, facendogli perdere l’equilibrio e provocandogli una distorsione al ginocchio destro.
Williamson, che ha 18 anni ed è al suo primo anno di college, è considerato dalla maggior parte degli esperti di basket come uno dei migliori giocatori di college e come la probabile scelta numero 1 al Draft della NBA di quest’anno (l’evento in cui le squadre scelgono a turno i giocatori di college o provenienti dall’estero da ingaggiare). Già dalle prime partite giocate con la squadra dell’università Duke, nel North Carolina, Williamson ha mostrato doti tecniche e fisiche molto superiori a quelle dei suoi coetanei, e molti tifosi e addetti ai lavori hanno iniziato a parlarne paragonandolo a LeBron James, il più forte giocatore della NBA.
Sul momento si è temuto che l’infortunio di Williamson fosse grave e potesse interrompere definitivamente la sua stagione. In realtà, le analisi hanno evidenziato solo una distorsione di primo grado, per la cui guarigione dovrebbero bastare poche settimane di riposo. In attesa della diagnosi molti giocatori di NBA, tra cui lo stesso James, avevano commentato l’infortunio augurando a Williamson una pronta guarigione, e persino l’ex presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che era tra il pubblico della partita, aveva scritto un messaggio in suo sostegno.
Nel frattempo aveva iniziato a far discutere la spettacolarità dell’infortunio e il ruolo che aveva avuto la rottura della scarpa. Nike, l’azienda produttrice del modello di scarpe indossato da Williamson, è stata molto criticata e giovedì a Wall Street le sue azioni hanno perso fino all’1,7 per cento del proprio valore. Nike ha anche pubblicato un comunicato in cui si è detta molto preoccupata per l’accaduto: «La qualità e le prestazioni dei nostri prodotti sono della massima importanza. Anche se questo è un evento isolato, stiamo lavorando per identificare il problema».
Oltre al singolo infortunio, il motivo per cui il caso di Williamson ha suscitato tanto clamore è una vecchia questione di cui si torna a parlare ciclicamente, che l’episodio di mercoledì ha fatto tornare d’attualità. Williamson non ha un contratto con la Nike, perché nessun giocatore di college può avere un contratto di sponsorizzazione. I giocatori della NCAA, il campionato di basket dei college americani, non sono considerati sportivi professionisti ma amatoriali, quindi non ricevono nessuno stipendio dai propri college ma solo la possibilità di frequentare gratuitamente l’università (cosa che negli Stati Uniti, per i non sportivi, può essere molto costosa).
Per questo motivo in passato molti giocatori, almeno quelli più forti che sapevano che sarebbero stati selezionati, preferivano passare direttamente dal liceo all’NBA: è quello che hanno fatto per esempio Kobe Bryant e LeBron James. Dal 2005 però questo non è più possibile: un giocatore per andare in NBA deve avere almeno 19 anni e aver fatto almeno un anno lontano dal liceo (non per forza il college, quindi).
Nonostante i giocatori del college ricevano solo delle borse di studio, le squadre in cui giocano i soldi li fanno eccome. Williamson indossava quel particolare tipo di scarpe perché la squadra della sua università ha un contratto di sponsorizzazione con Nike, e tutti i suoi giocatori sono obbligati a indossare abbigliamento tecnico solo di Nike. Le cifre dell’accordo tra Nike e Duke non si conoscono, essendo un’università privata, ma è noto che un’università pubblica come North Carolina, per esempio, riceverà da Nike 90 milioni di dollari in dieci anni. La sponsorizzazione di Duke non dovrebbe distanziarsi molto da questa.
Per le università poi ci sono le entrate dei diritti televisivi: l’NCAA guadagnerà circa un miliardo di dollari all’anno da CBS-Turner per la trasmissione delle partite della March Madness, la fase finale del torneo. Poi ci sono i proventi derivanti dal merchandising (comprese le maglie degli atleti, che non ricevono nulla) e quelli dei biglietti delle partite: per la partita di mercoledì tra Duke e North Carolina, una delle più attese dell’anno, i biglietti sono arrivati a costare fino a 3mila dollari, praticamente come quelli per il Super Bowl di football, l’evento sportivo più atteso negli Stati Uniti. Per capire l’enorme giro di denaro che c’è intorno al basket del college, basta pensare che l’allenatore di Duke, Mike Krzyzewsk, guadagna ogni anno circa 9 milioni di dollari per allenare un gruppo di atleti non professionisti.
Anche le assicurazioni che coprono infortuni come quello di Williamson non sono particolarmente vantaggiose per i giocatori della NCAA. Per Williamson, per esempio, la polizza del valore di 8 milioni di dollari scatterebbe solo nel caso in cui al Draft venisse scelto dalla posizione 16 in poi, cosa molto improbabile anche nel caso di un grave infortunio: lo scorso anno un ottimo prospetto come Michael Porter Jr, nonostante avesse saltato tutta la stagione di college per un infortunio alla schiena, venne selezionato con la 14esima scelta al Draft.
"College basketball, the NCAA, is bulls—."
–DeMarcus Cousins on Zion's situation pic.twitter.com/ER8i4S0oOF
— SportsCenter (@SportsCenter) February 21, 2019
Dopo l’infortunio di Williamson alcuni giocatori della NBA hanno detto la loro sulla situazione del basket del college. DeMarcus Cousins, dei Golden State Warriors, ha definito tutto il mondo della NCAA «una stronzata», consigliando a Zion Williamson di uscirne al più presto: «Il college è una stronzata. Il basket al college e la NCAA sono stronzate. Il mio suggerimento per Zion è fare ciò che è meglio per lui e per la famiglia, e ovviamente questo non è il college. Il college non ti aiuta per niente: lui ha già dimostrato di essere la futura prima scelta al Draft, ha già dimostrato il suo talento. È ora che si prepari al livello superiore».
Donovan Mitchell degli Utah Jazz ha scritto su Twitter un appello perché cambi qualcosa nella NCAA, sostenendo che non sia possibile che, con tutti i soldi che ci girano intorno, i giocatori del college rischino di infortunarsi gravemente senza ricevere nessuno stipendio. Al tweet ha risposto anche lo sloveno dei Dallas Mavericks Luka Doncic, che è al suo primo anno in NBA e che sta dimostrando qualità molto sopra la media: «Vadano a giocare in Europa», ha scritto. Doncic giocò diverse stagioni al Real Madrid, in Spagna, dove esordì a 16 anni.
Proprio in queste ore, in seguito alle polemiche suscitate dall’infortunio di Williamson, i giornali sportivi americani scrivono che la NBA starebbe discutendo una riforma della NCAA. Da quanto ha riferito una fonte anonima a USA Today, i dirigenti della lega avrebbero inviato all’associazione dei giocatori una proposta per abbassare l’età minima per essere scelti nel Draft a 18 anni, a partire dal 2022. Si tornerebbe quindi alla situazione esistente prima del 2006, consentendo anche ai giocatori all’ultimo anno di liceo di andare in NBA senza dover frequentare per forza un anno di college.