Niki Lauda ha settant’anni
Un pezzo di storia della Formula 1 e dell'automobilismo mondiale: prima da pilota, poi da imprenditore e dirigente
Niki Lauda, uno dei più famosi piloti nella storia della Formula 1 e attualmente presidente non esecutivo della scuderia campione del mondo in carica, la Mercedes, compie oggi settant’anni. È un pezzo di storia della Formula 1, sia in qualità di pilota che di imprenditore e dirigente. Da pilota, alla guida di Ferrari e McLaren, Lauda vinse tre Mondiali di Formula 1 e fu protagonista di una delle più iconiche rivalità nella storia degli sport motoristici con il pilota britannico James Hunt, raccontata da Ron Howard nel film Rush. La sua vita è stata segnata da un terribile e famoso incidente che avvenne proprio in quegli anni, durante il Gran Premio di Germania del 1976, di cui Lauda porta tuttora le tracce sul viso.
Lauda iniziò a correre prima di compiere vent’anni. Proveniva da una ricca famiglia di banchieri viennesi che non vedeva bene il suo interesse per le automobili e la velocità. Dovette quindi arrangiarsi. Nel 1968 iniziò nelle gare riservate a vetture Mini, piccole e poco costose automobili allora prodotte dalla British Motor Corporation. Per arrivare soltanto in Formula 2 fu costretto a farsi prestare soldi e a dare come garanzia una polizza di assicurazione sulla propria vita. Entrò a far parte del team March e nel 1971 debuttò per lo stesso team in Formula 1, dove disputò alcune gare. L’anno seguente partecipò all’intero campionato ma la macchina era poco competitiva e non ottenne nemmeno un punto.
Successivamente ottenne, pagandoselo con un complicato contratto, un posto alla BRM, un’altra scuderia britannica, in cui rafforzò il suo rapporto con il pilota svizzero Clay Regazzoni. Lauda si fece conoscere come buon pilota ma soprattutto come esperto collaudatore, dotato di una particolare sensibilità nel riconoscere i difetti delle auto. Nonostante le difficoltà il suo talento era evidente e venne notato dall’occhio lungo di Enzo Ferrari, il quale, anche su consiglio dell’amico Regazzoni, lo portò alla Ferrari. Nei lunghi mesi della preparazione tecnica a Maranello, Lauda si diede molto da fare per lavorare sulla monoposto, inizialmente poco affidabile e difficile da guidare. Si racconta che, esasperato dai malfunzionamenti, si confrontò di persona con Enzo Ferrari dicendogli senza mezze misure: “Questa macchina è una merda”. Nel 1974 arrivò quarto nella classifica generale del Mondiale. Nel 1975 lo vinse con venti punti in più del brasiliano Emerson Fittipaldi.
Perse però il Mondiale del 1976 per un solo punto. Venne battuto da Hunt, che correva per la McLaren. La rivalità tra Lauda e Hunt arrivò al suo massimo proprio quell’anno. Hunt e Lauda erano amici ancora prima di gareggiare in Formula 1. Durante i loro primi anni nelle corse condivisero un piccolo appartamento a Londra. In pista ci fu grande competizione tra i due, ma come spiegò in passato Lauda: “Potevi guidare a due centimetri dalle ruote della sua auto ed essere certo che non avrebbe mai fatto una cazzata. Era un grande pilota”. Rimasero in contatto e si frequentarono anche quando lasciarono entrambi la Formula 1, in anni diversi, e fino alla morte di Hunt nel 1993 per un infarto.
Il primo agosto del 1976, nel mezzo della stagione, sul lunghissimo tracciato del Nürburgring, in Germania, avvenne l’incidente che lo sfigurò in volto. All’epoca al Nürburgring si correva su una pista di 22,8 chilometri piena di curve, in cui erano morti 131 piloti di diverse categorie in meno di cinquant’anni. In quell’edizione del Gran Premio, Lauda propose di non correrlo durante la riunione pre-gara dei piloti, spiegando che le condizioni della pista non erano ottimali a causa del maltempo e che i rischi erano molto alti. A maggioranza i piloti decisero però di gareggiare, bocciando la sua proposta.
Poco prima della gara la pioggia aveva bagnato buona parte del circuito, cosa che aveva indotto la maggioranza dei piloti a usare gomme da bagnato. Dopo il primo giro (erano necessari quasi sette minuti per farne uno) la pista si era relativamente asciugata e ci fu grande concitazione ai box per cambiare le ruote alle auto e mettere quelle da asciutto. Poco dopo Lauda iniziò il suo secondo giro. Percorse diversi chilometri fino a raggiungere la zona più lontana dai box, dove sbandò in una curva a sinistra a causa di un cedimento strutturale favorito dalle condizioni della pista. L’auto colpì in pieno una roccia a lato del circuito e si fermò in fiamme in mezzo alla pista. Lauda, privo del casco saltato via durante l’impatto, fu tamponato dalle auto di due piloti in arrivo.
In quel punto del tracciato non c’erano commissari di gara, furono quindi gli stessi piloti, Ertl e Lunger, a soccorrere Lauda, insieme con altri due piloti arrivati in zona. Lauda fu trasportato in elicottero al vicino ospedale militare di Coblenza e successivamente in altre due strutture. A causa dell’incendio riportò numerose ustioni soprattutto al viso, che non era protetto né dalla tuta né dal casco. Il danno più serio, ma meno visibile, lo ebbe ai polmoni: aveva inalato aria molto calda e satura dei prodotti di combustione della benzina, che lo avrebbero potuto uccidere. Nei primi giorni, quando i medici erano molto scettici sulle sue condizioni, un prete gli diede l’estrema unzione. Per ricostruirgli parte del volto i chirurghi eseguirono un autotrapianto di pelle da una sua gamba.
A quarantadue giorni dall’incidente, ottenuto il permesso dalla commissione medica, Lauda ritornò regolarmente al Gran Premio d’Italia del 1976, arrivando quarto e arginando quindi l’avanzata di Hunt in classifica. Fu una gara durissima per lui: corse con una vistosa fasciatura in testa e un casco appositamente modificato, mentre le ferite non ancora rimarginate macchiavano di sangue i bendaggi.
Il Gran Premio del Giappone fu la sfida che decise quel campionato. Lauda era in vantaggio di soli tre punti su Hunt e quindi a un passo da diventare per la seconda volta campione del mondo. La gara fu disputata sotto una pioggia copiosa, con scarsa visibilità. Al secondo giro Lauda rientrò ai box e comunicò ai tecnici Ferrari che si sarebbe ritirato perché era troppo pericoloso correre. Dopo una gara molto complicata e corsa al limite, Hunt arrivò terzo con la sua McLaren ottenendo i punti necessari per diventare il nuovo campione del mondo. Il campionato costruttori fu invece vinto dalla Ferrari.
Lauda riuscì poi a rivincere il Mondiale nel 1977 e, dopo essersi ritirato per un paio di stagioni, nel 1984, ma con la McLaren. Nel 1985 si ritirò per la seconda volta, quella definitiva. Da allora, oltre a occuparsi delle sue due compagnie aeree, non ha mai lasciato il mondo della Formula 1, o come commentatore televisivo, o in qualità di consulente e manager di diverse squadre, tra cui la Ferrari e la Jaguar. Si è sposato due volte ed è padre di cinque figli. Nel 2005 la seconda moglie gli donò un rene per salvarlo da una malattia di cui soffriva da anni, probabilmente come conseguenza dell’incidente del 1976.
La sua salute ha destato preoccupazioni anche lo scorso agosto, quando è stato ricoverato a Vienna per delle complicanze dovute a una infezione polmonare, per la quale è stato necessario un trapianto di polmone. A gennaio è stato nuovamente ricoverato in seguito a una influenza che lo ha colpito durante le ultime vacanze di Natale trascorse in Spagna. Ora le sue condizioni sono migliorate e prosegue con la riabilitazione nella sua città natale.