L’era di Mikaela Shiffrin
Dopo il ritiro di Lindsey Vonn e gli ori vinti ai Mondiali vuole diventare la più grande sciatrice di sempre, ma per farlo dovrà superare se stessa, ancora
I Mondiali di sci in Svezia si sono conclusi lo scorso 17 febbraio in modo simile alle precedenti edizioni: con le vittorie nello slalom speciale dell’austriaco Marcel Hirscher e della statunitense Mikaela Shiffrin. Entrambi detentori dei titoli mondiali nelle due categorie, Hirscher e Shiffrin sono i due sciatori che stanno definendo l’epoca moderna delle specialità tecniche dello sci alpino (gli slalom). Se però Hirscher è alla soglia dei trent’anni e ha già quindici anni di carriera alle spalle, Shiffrin di anni ne ha appena ventitré, gareggia da quando ne aveva quindici e nonostante abbia già vinto tantissimo ha ancora un decennio di attività che la attende.
In Svezia, Shiffrin ha vinto l’oro nel supergigante e nello slalom, specialità di cui detiene il titolo ininterrottamente da sei anni: aveva vinto l’oro anche a Sankt Moritz nel 2017, a Beaver Creek nel 2015 e a Schladming nel 2013. Nessuno prima di lei era mai riuscito a vincere la stessa specialità in quattro edizioni consecutive dei Campionati mondiali. Se si aggiungono anche le medaglie d’oro olimpiche e le vittorie annuali in Coppa del Mondo, è evidente come da sette anni Shiffrin sia padrona assoluta delle specialità tecniche. Dal 2012 ad oggi soltanto una stagione invernale non si è chiusa con la bandiera statunitense e il suo nome al primo posto.
Negli slalom Shiffrin non ha più niente da dimostrare, solo altri record da battere. Per questo motivo vincere a mani basse le specialità tecniche non basta più, soprattutto per chi, come lei, ha iniziato a sciare sognando di raggiungere le più grandi di sempre. Per farlo però deve vincere indistintamente in ogni specialità, più di una volta, e a lei manca la discesa libera, la prova “regina” dello sci alpino, quella più famosa, veloce e pericolosa, ed estremamente diversa dagli slalom. Le prove tecniche sono più corte e richiedono soprattutto agilità, per zigzagare tra le “porte” rimanendo però il più composti possibile dal busto in su. La discesa libera, invece, ha bisogno di più forza, per scendere a valle accovacciati a oltre 150 chilometri orari di velocità. I due stili non sono mai andati molto d’accordo e per questo il passaggio dalla tecnica alla velocità comporta per tutti dei rischi che non si possono sottovalutare.
Shiffrin è originaria di Vail, in Colorado, una delle più importanti località sciistiche degli Stati Uniti, sede di piste di lunga tradizione. È cresciuta in una famiglia di sciatori originaria del New England e si formò sulle piste della costa orientale. Esordì in Coppa del Mondo a quindici anni, vinse la prima gara a diciassette — tre anni prima rispetto alla connazionale Lindsey Vonn — e il primo oro olimpico a diciotto. È considerata uno dei più grandi talenti dello sport nordamericano, alla pari di gente come Tiger Woods, Serena Williams e Tom Brady. Come loro, il successo lo ha raggiunto con un’enorme mole di lavoro e una dedizione assoluta all’allenamento quotidiano, impartita già in ambiente familiare fin da bambina.
Secondo Brandon Dyksterhouse, allenatore della nazionale di sci statunitense, Shiffrin possiede anche una capacità di apprendimento estremamente rapida. Due anni fa, Dyksterhouse rivelò al settimanale New Yorker in vista delle Olimpiadi di Pyeongchang che Shiffrin era l’unica della squadra che completava tutti gli allenamenti senza commettere mai un solo errore, che si trattasse di perdere il controllo o mancare il passaggio da una “porta”, sulle piste del Colorado o dello Utah, passando per California, Cile o Nuova Zelanda. I risultati raggiunti in carriera la fanno sembrare pressoché invincibile, ma nel corso degli anni a causa delle pressioni e delle aspettative sempre maggiori nei suoi confronti ha cominciato a soffrire d’ansia. Con l’aiuto di esperti, ha superato i problemi più gravi e da tempo non accusa più crisi di questo tipo. Prima di ogni gara, tuttavia, la si può vedere dietro il cancelletto di partenza, completamente isolata da tutto quella che la circonda, silenziosa e nascosta sotto il casco.
Ai Mondiali in Svezia si è conclusa la carriera di Lindsey Vonn, l’ultima grande sciatrice statunitense. Vonn è stata probabilmente la più forte di sempre proprio perché in grado di competere ai livelli più alti in tutte le specialità. A differenza di Shiffrin, Vonn iniziò la carriera come discesista e nel corso degli anni si specializzò anche negli slalom, arrivando a vincere otto prove tecniche e piazzandosi sul podio in altrettante prove di Coppa del Mondo. Assieme alle ex sciatrici Petra Kronberger, Pernilla Wiberg, Janica Kostelić, Anja Parson e Tina Maze, Vonn è fra le poche ad aver vinto in tutte le cinque specialità principali dello sci alpino. Dal 2017 anche Shiffrin si è aggiunta a loro, dopo aver vinto la sua prima e fin qui unica discesa libera di Coppa del Mondo, a Lake Louise, in Canada, alla quarta volta che la provava.
La precocità della sua carriera può essere sicuramente d’aiuto nello sviluppo della polivalenza. A ventitré anni il corpo risponde in modo più rapido ed efficace agli allenamenti specifici, nel suo caso necessari ad alternare le prove tecniche e quelle di velocità. Shiffrin è da almeno tre anni che si allena in modo graduale per la discesa e finora questo non le ha causato problemi nelle gare di slalom.
11 wins for @mikaelashiffrin this season. Zero days off. ⛷#StriveForGreatness🚀 pic.twitter.com/Wsc4SER0vf
— UNINTERRUPTED (@uninterrupted) January 23, 2019
Le ripercussioni sono da mettere in conto, poiché lo sviluppo della muscolatura delle cosce e dei glutei richiesta per le discese ingrossa inevitabilmente il corpo e irrobustisce la schiena, diminuendo la mobilità dei fianchi, indispensabile nello slalom. Competere in tutte le discipline richiede quindi ancora più ore di allenamento, da bilanciare con attenzione fra una specialità e l’altra.
Le difficoltà però non si limitano alla caratteristiche fisiche. La discesa libera e il supergigante — le due prove della velocità — sono anche le specialità più pericolose dello sci alpino, quelle in cui si verificano gli incidenti più gravi. Lo sa bene Vonn, i cui numerosi infortuni hanno inciso profondamente sugli ultimi anni di carriera (rottura dei legamenti crociati nel 2013, frattura della caviglia sinistra nel 2015, frattura del piatto tibiale e dell’omero nel 2017). La velocità raggiunta specialmente nella discesa libera rende pressoché irrimediabili gli errori, che se vengono commessi in prossimità di curvoni e salti possono avere serie conseguenze per l’incolumità degli sciatori.