Non è l’esercito europeo, ma è qualcosa
Da tre anni soldati tedeschi e olandesi fanno parte di uno stesso battaglione che difende i valori europei: è una specie di esperimento, ma anche un'eccezione
A Lohheide, piccola cittadina della Bassa Sassonia, nel nord della Germania, c’è una vecchia base militare risalente ai tempi della Guerra Fredda che ospita uno degli esperimenti militari europei più interessanti degli ultimi anni: il battaglione corazzato 414, formato da soldati tedeschi e olandesi per difendere i valori europei. Il battaglione, il primo in Europa formato da militari di due paesi, è stato descritto da alcuni come un primo passo verso la creazione di un esercito comune europeo, un progetto di cui in Europa si discute da una settantina d’anni e che per molte ragioni non è mai stato realizzato. Anche se ad oggi è piuttosto azzardato definirlo in questi termini – il battaglione è più simile a un’eccezione, che alla norma –, quello di Lohheide è certamente un esperimento interessante, e potrebbe ispirare altri progetti simili.
Il battaglione, la cui storia è stata raccontata dal New York Times, ha avuto sede fin da subito nella base militare di Lohheide, costruita dai nazisti negli anni Trenta e poi usata dalle forze Alleate durante la Guerra Fredda, negli anni in cui la Germania Ovest era ancora il confine più orientale della NATO.
Il battaglione è formalmente tedesco, così come sono tedeschi i carri armati e la maggior parte dei soldati che ne fanno parte, ma ha un sistema radio olandese e la lingua di comando usata è sempre di più l’inglese. Il tenente colonnello Marco Niemeyer, che è tedesco, ha detto al New York Times che i membri del battaglione si considerano dei «pionieri»: «Non ragioniamo più in termini nazionali. I valori che difendiamo sono europei e il confine che difendiamo non è quello tra Paesi Bassi e Germania, ma il confine orientale della NATO». Nonostante le convinzioni dei comandanti militari, però, il progetto non è stato accompagnato da un’idea politica all’altezza, ed è rimasto una specie di esperimento isolato in una zona d’Europa dove gli abitanti di uno e dell’altro paese sono già culturalmente simili. Altri progetti dello stesso tipo, come quello della brigata franco-tedesca in Alsazia, hanno avuto risultati molto meno soddisfacenti.
La formazione e il consolidamento del battaglione, comunque, non è stato un processo semplice, anche per la storia che hanno vissuto i due paesi nel corso dell’ultimo secolo.
La base di Lohheide, per esempio, è a pochi chilometri di distanza dall’ex campo nazista di Bergen Belsen, dove morì Anna Frank, ragazza tedesca ebrea cresciuta nei Paesi Bassi che tenne un diario durante le persecuzioni naziste dei primi anni Quaranta. Le divisioni e rivalità tra i due paesi hanno inoltre riguardato le storie personali di alcuni soldati. Il nonno del caporale olandese Leon Berkepeis, un partigiano, fu ucciso dai nazisti durante l’occupazione tedesca dei Paesi Bassi; uno dei suoi compagni e amici del battaglione è un tedesco il cui nonno faceva parte delle SS, la polizia paramilitare nazista. Alcuni soldati olandesi hanno raccontato al New York Times di essere stati invitati ad evitare battute sulla Seconda guerra mondiale, una volta arrivati alla base, per non provocare tensioni e nervosismi con i militari tedeschi.
L’idea di istituire unità militari formate da soldati di paesi europei diversi è diventata sempre più dibattuta negli ultimi anni, anche di fronte alle difficoltà apparentemente insormontabili di creare un vero e proprio esercito europeo. La questione è piuttosto complessa e ha a che fare con molte cose.
Negli ultimi anni ci sono stati almeno due grandi eventi che hanno spinto diversi governi europei, tra cui quello francese di Emmanuel Macron e quello tedesco di Angela Merkel, a riparlare della necessità di un esercito comune europeo: la sempre maggiore aggressività della Russia sul confine orientale dell’UE, che ha preoccupato soprattutto i paesi baltici e dell’Europa dell’est; e le dichiarazioni controverse del presidente statunitense Donald Trump su un possibile ridimensionamento dell’impegno americano nella NATO, principale organizzazione militare che ha garantito la sicurezza dell’Europa negli ultimi 70 anni. Nonostante la risposta nella maggior parte dei casi sia stata quella di proporre un rafforzamento della difesa europea all’interno della NATO, e non in alternativa alla NATO, qualcosa di nuovo l’Europa ha fatto, come per esempio la firma dell’accordo su PESCO, nel novembre 2017, con 23 paesi europei che si sono impegnati ad aumentare la spesa militare, a coordinare lo sviluppo e l’acquisto di tecnologie militari e a mettere in comune parti sempre maggiori dei loro eserciti nazionali.
Il timore di creare un progetto militare europeo in competizione con la NATO non è stato il solo a frenare la creazione di un esercito comune. La sicurezza e la difesa dei confini nazionali sono temi su cui gli stati si sono sempre mostrati riluttanti a cedere parte della propria sovranità a un’organizzazione esterna. Negli ultimi anni questa tendenza si è rafforzata con l’emergere di movimenti populisti e nazionalisti, che hanno fatto della sovranità nazionale e dell’anti-europeismo due dei punti centrali della loro retorica. C’è poi da considerare un altro aspetto, cioè l’estrema difficoltà a pensare in termini pratici come potrebbe essere organizzato un eventuale esercito europeo: da chi sarebbe guidato? Quanti soldi dovrebbe mettere ciascuno stato? Chi prenderebbe le decisioni sulle azioni militari da compiere e sulle regole da seguire? Tutte domande a cui finora non si è riusciti a dare risposte definitive.
Per il momento, quindi, quello del battaglione corazzato 414 è un esperimento di successo che però è difficilmente sfruttabile come base per creare qualcosa di più esteso. Allo stesso tempo, come ha detto il capitano tedesco Frederik Fischer, «se si vuole un esercito europeo questo progetto non può fallire. Se la Germania vuole essere presa seriamente, non può fallire».