Tempi duri per gli Oscar
Se ne sta parlando più del solito: ma della cerimonia e di tutti i suoi guai, più che dei film
Negli ultimi mesi si è parlato di Oscar molto più del solito: sarebbe una cosa normale, in questo periodo dell’anno, ma la cosa anomala è che si è parlato soprattutto della cerimonia degli Oscar e non dei film che potrebbero ricevere l’Oscar durante quella cerimonia. Da contesto, la cerimonia è diventata protagonista. Dei film abbiamo parlato qui e parleremo ancora nei prossimi giorni, qui però parliamo della cerimonia (che sarà il 24 febbraio) e di tutto quello che è successo.
Dalla seconda metà di agosto fino all’altro ieri è successo che l’Academy, l’associazione che assegna gli Oscar, abbia annunciato e poi ritrattato diverse scelte, sempre in seguito a critiche ricevute sia dal grande pubblico (in breve: i social media) che dagli addetti ai lavori (cioè da professionisti del cinema). È successo con l’Oscar per il film più popolare, con la decisione di premiare quattro categorie durante la pubblicità e con la decisione di far condurre la cerimonia all’attore Kevin Hart. Ma anche con questioni minori che riguardano le esecuzioni dal vivo delle canzoni candidate all’Oscar e gli attori e le attrici che consegneranno alcuni premi.
Soldi e spettatori
Prima di arrivare alla forma che la cerimonia degli Oscar avrà quest’anno, è però il caso di parlare del perché negli ultimi mesi ci sono stati così tanti sforzi per cambiarla. Il motivo è facile: soldi. In questo caso soldi derivanti dal numero di spettatori che guardano la cerimonia. Da diversi anni gli Oscar stanno infatti perdendo spettatori: fino a qualche anno fa la cerimonia era vista da più di 40 milioni di persone, ma nel 2018 è stata vista da 26,5 milioni di spettatori, il 20 per cento in meno rispetto all’anno precedente. In particolare gli spettatori tra i 18 e i 34 anni (i Millennials, a voler semplificare) sono diminuiti del 29 per cento dal 2017 al 2018, e del 56 per cento dal 2014 al 2018. Gli Oscar sono visti sempre meno e da sempre meno giovani.
È un problema per l’Academy – che con la diretta degli Oscar guadagna l’83 per cento dei suoi 150 milioni di dollari annuali – ma lo è anche per ABC, la rete tv controllata dalla Disney che trasmette la cerimonia e che un paio di anni fa ha comprato i diritti per trasmetterla fino al 2028, pagandoli circa 75 milioni di dollari l’anno. Si dice che tutte le proposte di modifica degli Oscar arrivino proprio dalla ABC, desiderosa di accorciare la cerimonia e renderla più fresca, dinamica e vivace. Come ha scritto Alissa Wilkinson su Vox, «i dirigenti della ABC hanno detto all’Academy che dovevano cambiare la cerimonia per non rischiare di sprofondare nell’irrilevanza».
Le proposte di modifica
L’Academy annunciò le sue principali proposte di modifica l’8 agosto (quando già molti film in corsa per gli Oscar erano usciti), in un documento che parlava di tre cose: l’introduzione di un Oscar per il film più popolare; l’assegnazione di alcuni premi durante le pause pubblicitarie e lo spostamento della cerimonia, a partire dal 2020, a inizio febbraio.
Si parlò quasi solo della prima proposta, perché l’Academy non spiegò in nessun modo cosa intendesse con film “popolare” e perché molti videro due tipi di problemi. Da un lato, un premio di questo tipo rischiava di segnare un solco troppo netto tra i film d’autore (da Oscar “classico”) e quelli che incassano tanti soldi (e quindi “popolari”). Dall’altro, l’introduzione di un nuovo tipo di miglior film rischiava di svalutare lo storico premio al miglior film, l’unico di cui davvero ci si ricorda negli anni. E poi: un film poteva concorrere come miglior film e come miglior film popolare? O una candidatura escludeva l’altra?
Senza avere dato risposte di alcun tipo a queste perplessità, a settembre l’Academy disse che l’Oscar per il film più popolare non sarebbe stato assegnato, almeno non nel 2019. La decisione fu presa in seguito a un voto del consiglio direttivo dell’Academy, che è composto da 54 membri e di cui fa parte anche Steven Spielberg, uno dei più grandi registi viventi, che si dice fosse fortemente contrario all’introduzione del premio.
L’altra contestata decisione presa ad agosto dall’Academy riguardava l’assegnazione di certi premi durante la pubblicità, con il momento della premiazione mostrato in una più breve registrazione al termine della pubblicità. Per mesi non se ne è quasi parlato, ma l’11 febbraio l’Academy ha annunciato quali Oscar sarebbero stati assegnati durante la pubblicità: miglior cortometraggio, miglior trucco e acconciatura, miglior montaggio e miglior fotografia.
Tralasciando i primi due premi, a poco più di dieci giorni dagli Oscar l’Academy aveva quindi detto che le due attività più intrinsecamente legate al cinema – fotografia e montaggio – sarebbero state premiate mentre in tv passava la pubblicità. La cosa ha fatto arrabbiare molte persone e decine di professionisti del cinema hanno firmato una lettera in cui chiedevano all’Academy di cambiare idea. Tra i firmatari della lettera c’erano, tra i tanti, anche Martin Scorsese, Quentin Tarantino, Alejandro G. Iñárritu e Guillermo del Toro. Anche in questo caso, giusto qualche giorno e l’Academy ha ritirato la decisione dicendo: «Tutti i premi saranno consegnati nel modo tradizionale, senza tagli».
Negli ultimi mesi sembra anche che l’Academy abbia cambiato idea sulle cinque miglior canzoni candidate all’Oscar dedicato e sulla consegna per gli Oscar relativi alla recitazione.
Per quanto riguarda le canzoni, all’inizio era stato previsto di farne suonare dal vivo solo due su cinque, ma è poi stato deciso di farle tutte: tra gli altri canteranno sul palco anche Lady Gaga, Bette Midler e Adam Lambert. Per quanto riguarda invece gli Oscar per la recitazione (miglior attore e attrice, protagonista e non), è tradizione che a consegnarli siano gli attori che quegli Oscar li hanno vinti l’anno precedente. Sembra però che l’Academy volesse cambiare la tradizione, probabilmente perché i quattro vincitori dell’anno scorso (Allison Janney, Frances McDormand, Gary Oldman e Sam Rockwell) non erano considerati i nomi giusti per alzare l’audience. Alla fine pare sia stato trovato un compromesso: questi quattro attori consegneranno due premi, salendo sul palco a coppie, e lasciando così “liberi” i posti per l’assegnazione di altri due premi.
Poi c’è quella storia del presentatore
È una storia diversa da tutte le precedenti, ma è comunque l’ennesima questione andata così: l’Academy ha fatto una scelta, tante persone l’hanno criticata, l’Academy ha ritirato quella scelta. A inizio dicembre era infatti stato annunciato che la cerimonia sarebbe stata condotta dal comico e attore Kevin Hart. Solo che poi sono saltati fuori commenti omofobi che aveva fatto tra il 2009 e il 2011: a inizio gennaio, dopo alcune settimane di indecisione, è diventato ufficiale che Hart non avrebbe condotto la cerimonia. Dopo aver fatto passare un altro mese l’Academy ha infine annunciato che la cerimonia non avrebbe avuto nessun conduttore. L’ultima volta che era successo fu nel 1989, quando non andò benissimo.
Quindi
L’Academy, spinta dalla ABC, aveva preso diverse decisioni per snellire e sveltire la cerimonia, ma nessuna è andata a buon fine. Si trova invece a dover fare una cerimonia con tutti i premi e i momenti di quelle del passato, senza però un conduttore che tenga il filo della serata.
Secondo molti osservatori, l’Academy ha soprattutto un problema di comunicazione: ogni sua decisione degli ultimi mesi è stata annunciata ma non argomentata e messa nel giusto contesto. L’Academy non ha spiegato cosa fosse un film “popolare”, né che le premiazioni e i discorsi di ringraziamento per gli Oscar assegnati durante la pubblicità sarebbero comunque stati mostrati in tv, anche se in lieve differita: gli unici momenti di certo tagliati sarebbero stati quelli in cui i vincitori camminano verso il palco. C’è anche chi suggerisce che se vuoi far passare un po’ in sordina il fatto che quattro premi saranno assegnati durante la pubblicità, forse è il caso che due di questi non siano fotografia e montaggio.
«I cambiamenti non sono stati comunicati nel modo giusto e la cosa si è trasformata in un disastro di pubbliche relazioni, che è finito fuori controllo», ha scritto Anne Thompson su IndieWire. È poi strano che l’Academy non abbia fatto approfondite ricerche su Hart e su quello che si sarebbe potuto dire di lui, sapendo come funziona il mondo nel 2019.
C’è poi un’ultima cosa da dire. Non è per niente certo che, anche se approvate, le decisioni prese dall’Academy avrebbero cambiato la cerimonia e alzato gli ascolti. La cerimonia dell’anno scorso durò quasi quattro ore, nella migliore delle ipotesi quella di quest’anno sarebbe durata poco meno di tre: sulla costa ovest degli Stati Uniti la cerimonia finisce verso le otto e mezza di sera e sulla costa est verso le 11 e mezza di sera, molto prima di quando in Italia finisce Sanremo. Non è nemmeno detto che quattro premiazioni in meno (su un totale di 24) cambino le cose, o che schiere di adolescenti guardino una cerimonia di tre ore solo perché viene assegnato un premio al film più popolare. In più, ogni evento dal vivo trasmesso negli Stati Uniti sta avendo problemi di ascolti: anche il Super Bowl ha avuto gli ascolti più bassi degli ultimi dieci anni.
Cosa si può fare?
Nessuno lo sa. Qualcuno propone, per i prossimi anni, di spostare in un altro evento i tre premi assegnati ai cortometraggi (o i due assegnati ai documentari), così da snellire una cerimonia e lasciare un po’ più spazio (anche se meno visibilità) a quei premi. Qualcuno pensa che anticipare gli Oscar di un paio di settimane (come succederà dal 2020) possa servire. Nessuno ha la formula magica e molti fanno notare che è emblematico che una cerimonia così importante non riesca a trovare un conduttore, perché anche i più grandi personaggi dello spettacolo hanno paura a legarsi a un evento in cui è facile farsi ricordare per un passo falso ed è difficile farsi apprezzare per la propria originalità. Dawn Hudson, CEO dell’Academy, ha detto al New York Times: «Se abbiamo imparato qualcosa da questi mesi, è che la gente ha opinioni molto nette sugli Oscar».
Cosa si farà, intanto?
Il New York Times ha parlato dei prossimi Oscar con Donna Gigliotti, la produttrice dell’evento, e con Glenn Weiss, il regista della cerimonia. Gigliotti ha spiegato che non è facile dover lavorare a un evento di quel tipo e scoprire, nove giorni prima della cerimonia, che i quattro Oscar che pensavi di assegnare durante la pubblicità dovranno invece ri-trovare spazio nella diretta. Ha anche detto che le è stato chiesto di far comunque durare la cerimonia meno di tre ore, ma che lei ha detto che sarà impossibile. Gigliotti, che in passato ha lavorato come assistente per Martin Scorsese e ha vinto un Oscar per aver prodotto Shakespeare in Love, ha detto che la sua sfida principale è evitare che l’evento sia «premio, premio, pubblicità, premio, pubblicità, premio».
Weiss e Gigliotti hanno detto che gli otto candidati all’Oscar per il miglior film saranno presentati da otto persone non del mondo dello spettacolo: Serena Williams parlerà ad esempio di cosa A Star is Born ha rappresentato per lei. Gigliotti ha detto che il tema sarà «come i film ci uniscono» e che non ci saranno momenti con “le persone comuni” come quelli fatti negli ultimi anni da Jimmy Kimmel. «Con quelle persone prendo la metropolitana ogni giorno a New York, le adoro. Ma non sono loro a farmi alzare l’audience». Brooks Barnes, il giornalista che l’ha intervistata, le ha infine chiesto come fa a restare calma mentre si parla così tanto della cerimonia a cui sta lavorando. «È facile», ha risposto: «non so come si usa Twitter».