Gli iscritti al M5S hanno scelto di difendere Salvini
Il 59% degli li iscritti alla piattaforma "Rousseau" ha votato per non dare l'autorizzazione a procedere sul caso della nave Diciotti
Il Movimento 5 Stelle ha comunicato che gli iscritti alla piattaforma “Rousseau” hanno votato a maggioranza affinché il partito neghi l’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini per il caso della nave Diciotti. Salvini è accusato di sequestro di persona a scopo di coazione, omissione di atti d’ufficio e arresto illegale. In tutto hanno votato circa 52mila persone e i voti contrari all’autorizzazione a procedere sono stati il 59 per cento: i risultati del voto sono stati diffusi lunedì sera, dopo che per tutto il giorno la piattaforma per il voto aveva avuto problemi e rallentamenti. La votazioni sarebbero dovute durare dalle 10 alle 19, ma a causa di problemi tecnici l’inizio era stato posticipato alle 11 e il termine alle 21.30.
La decisione del M5S di far scegliere ai propri iscritti e di non far votare autonomamente i suoi parlamentari era stata spiegata domenica con un post sul blog del Movimento. Nel post si sosteneva che il voto su Salvini «non è il solito voto sull’immunità dei parlamentari» di cui si occupa l’articolo 68 della Costituzione, perché in questo caso – secondo l’interpretazione del M5S – si parla di autorizzare un processo «per un ministro che aveva agito nell’esercizio delle sue funzioni»:
Di quei casi si occupa l’articolo 68 della Costituzione, e su quelli il MoVimento 5 Stelle è sempre stato ed è inamovibile: niente immunità, niente insindacabilità. Nessuna protezione per i politici che devono rispondere delle loro azioni individuali. Noi mandammo a processo i nostri portavoce Paola Taverna e Mario Giarrusso e entrambi votarono per farsi processare.
Questo è un caso diverso: stiamo parlando infatti dell’articolo 96 della Costituzione. Nello specifico questo è un caso senza precedenti perché mai in passato si era verificato che la magistratura chiedesse al Parlamento di autorizzare un processo per un ministro che aveva agito nell’esercizio delle sue funzioni e non per azioni fatte per tornaconto privato e personale (tangenti, truffa, appalti, etc): in questo caso non ci porremmo neppure il problema e lo spediremmo in tribunale.
Gli iscritti a Rousseau potevano votare rispondendo con un “sì” o con un “no” a questa domanda: «Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?». Si doveva quindi dare una risposta affermativa per negare l’autorizzazione a procedere, o una risposta negativa per concederla: ma il quesito legava esplicitamente la scelta di Salvini alla “redistribuzione” dei migranti e alla “tutela di un interesse dello Stato” (un po’ come se il quesito fosse: “si può commettere un reato per redistribuire i migranti nei vari paesi europei?”). Beppe Grillo, ex leader e ora garante del Movimento 5 Stelle, aveva commentato sarcasticamente la poca chiarezza del quesito così:
Se voti Si vuol dire No
Se voti No vuol dire Si
Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!— Beppe Grillo (@beppe_grillo) February 17, 2019
La Giunta per le immunità parlamentari del Senato si riunirà martedì per votare la sua relazione sull’autorizzazione a procedere, e il presidente della Giunta, Maurizio Gasparri, ha già detto che chiederà di negare l’autorizzazione a procedere, sostenendo che Salvini agì nell’interesse pubblico quando si rifiutò di far sbarcare i migranti dalla nave Diciotti.
Il caso per cui è accusato Salvini cominciò lo scorso agosto, quando il ministro ordinò alla Diciotti, nave militare della Guardia Costiera, di rimanere nel porto di Catania senza far sbarcare nessuna delle 190 persone partite dalla Libia e dirette in Italia che si trovavano a bordo. Il reato sarebbe stato commesso da Salvini “nell’esercizio delle funzioni di ministro”, cioè come parte dell’attività istituzionale. Per questa ragione la vicenda ha seguito una procedura giudiziaria particolare: è passata prima dal cosiddetto “tribunale dei ministri” e dovrà passare ora attraverso l’autorizzazione a procedere della camera di appartenenza del ministro. In questo caso, il Senato.
La Giunta è composta da sette senatori del M5S, quattro della Lega, quattro di Forza Italia (compreso il presidente Gasparri), quattro del Pd, uno di Leu, uno di Fratelli d’Italia, uno del gruppo Misto (Gregorio De Falco, espulso dal M5S) e uno del Svp. La procedura funzionerà così: il presidente Gasparri formulerà una proposta, che sarà votata con voto palese dai membri della giunta. A quel punto la relazione passerà al Senato, che avrà 30 giorni per votare, ancora con voto palese e a maggioranza assoluta. Se la maggioranza dei senatori dovesse negare l’autorizzazione, la procura dovrà rinunciare a proseguire l’indagine: Salvini sarebbe “salvato” dai suoi colleghi. Se invece la richiesta venisse approvata, inizierebbe normalmente il procedimento penale previsto dalla giustizia ordinaria.