I disastrosi Oscar del 1989
Una 22enne sconosciuta fu chiamata a cantare, recitare e ballare nei panni di Biancaneve (senza che la Disney avesse dato il permesso) e questo fu solo l'inizio
Il 29 aprile 1989 ci fu a Los Angeles la 61ª cerimonia degli Oscar. Pochissimi si ricordano chi vinse i premi più importanti. Moltissimi, almeno in America, ricordano la cerimonia come la più disastrosa di sempre.
Prima della parte interessante, due parole sui film di quell’anno. Il film della nottata fu Rain Man, diretto da Barry Levinson e interpretato da Dustin Hoffman. Film, regista e attore furono premiati con l’Oscar. Jodie Foster vinse l’Oscar come miglior attrice per Sotto accusa, Kevin Cline e Geena Davis quelli come migliori non protagonisti per Un pesce di nome Wanda e Turista per caso. Tra i film che qualche volta qualcuno nominò sul palco ci furono anche Mississippi Burning, L’ultima tentazione di Cristo e Chi ha incastrato Roger Rabbit.
Ma quella cerimonia – tra l’altro la prima a essere trasmessa in Unione Sovietica – non è di certo ricordata per i film. È passata alla storia per alcuni momenti imbarazzanti, e stonati, goffi, kitsch, fuori luogo. Per una 22enne di cui nessuno sapeva il nome che, vestita da Biancaneve, cantò una canzone in cui diceva: «Lavoravo per Walt Disney, recitando giorno e notte nei suoi cartoni» (Disney fece causa agli Oscar per l’uso di Biancaneve). Per Merv Griffin che cantò una versione di “I’ve Got a Lovely Bunch of Coconuts” (“Ho tante noci di cocco splendide…”). Per il numero musicale delle “Stars of Tomorrow”: attori e attrici in erba, non tutti a loro agio nel canto. Per l’allora giovane attore Rob Lowe che duettò, stonando, con Biancaneve in una criticatissima versione di “Proud Mary” dei Creedence Clearwater Revival. Per i tanti attori che si offesero e che dopo la cerimonia scrissero una lettera di protesta all’Academy, l’associazione degli Oscar.
Eppure, prima che tutto andasse così male, quella cerimonia era stata particolarmente attesa. Dopo qualche anno un po’ piatto a livello di spettacolo, l’Academy voleva infatti dare una svolta agli Oscar e per farlo chiamò Alan Carr. All’epoca Carr aveva 51 anni: tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta aveva già collaborato in vario modo ad alcune edizioni degli Oscar e, soprattutto, era stato il produttore di Grease (il film) e di alcuni importanti musical di Broadway. Per anni aveva dimostrato di saper organizzare spettacoli in cui la gente cantava e ballava e metteva allegria al pubblico: proprio quello che gli Oscar cercavano. Prima della cerimonia Carr fece diverse interviste parlando dei suoi grandi piani per svecchiare e vivacizzare gli Oscar. L’atmosfera generale era molto positiva. Il New York Times scrisse che Carr era «spumeggiante», che si era «preparato tutta la vita per quella notte» e che ci aveva lavorato per mesi.
Carr spiegò di non aver voluto un presentatore, per lasciare più spazio alle coppie che avrebbero annunciato i vincitori. Coppie che sarebbero state scelte in base a quattro parametri, che in inglese iniziano tutti con la C: «Compadres, Co-stars, Couples and Companions». Coppie di persone nella vita o nel cinema, per lavoro, amicizia o amore. Disse anche che aveva pensato di far presentare un premio a Roger e Jessica Rabbit, ma che era tecnicamente troppo difficile.
Poi arrivò la notte degli Oscar e già dopo pochi minuti molti ebbero la sensazione di essere davanti a qualcosa di così brutto che si sarebbe fatto ricordare a lungo. La protagonista di quei primi minuti fu introdotta così: «Signore e signori, una delle grandi leggende di Hollywood. La signorina Biancaneve, tornata stasera con noi». Biancaneve parlò con una vocina acuta e chiese come si faceva a salire sul palco. Le venne quindi detto di seguire «le stelle di Hollywood». Due persone in tutina con due grosse stelle sulla schiena entrarono allora in scena, dirette verso il palco. E Biancaneve le seguiva.
Una volta sul palco iniziò un numero musicale ispirato a Beach Blanket Babylon, un musical che piaceva molto a Carr. Biancaneve cantò, provando nel frattempo a interagire con un pubblico non particolarmente interessato. Ci fu quindi il momento con la canzone sulle “noci di cocco splendide” e, dopo cinque minuti dall’inizio della cerimonia, arrivò sul palco Rob Lowe, un attore di 24 anni il cui miglior film fino a quel momento era stato I ragazzi della 56ª strada. A quel punto Lowe – che avrebbe avuto poi una dignitosa carriera – duettò con Biancaneve: ma solo dopo che i due si erano detti di essere uno grande fan dell’altro. Rob Lowe di Biancaneve e Biancaneve di Rob Lowe. Il resto va ascoltato e soprattutto visto.
Le successive ore di cerimonia non raggiunsero i picchi dei primi minuti, ma anche il numero con “le star del futuro” si fece notare. Vi presero parte, tra gli altri, Patrick Dempsey, Keith Coogan, Corey Parker, Ricki Lake, Christian Slater, Carrie Hamilton e Corey Feldman, che ballò imitando Michael Jackson: nel gruppo c’erano attori adolescenti, ma anche altri che avevano superato i vent’anni già da un po’.
Ma fu soprattutto per colpa dei suoi primi dieci minuti che la cerimonia degli Oscar si impose come la peggiore di sempre, al punto che ancora oggi i giornali americani se ne occupano, di tanto in tanto. Qualche mese fa Rob Lowe parlò al New York Times del duetto con Biancaneve. «Non so cosa è più sorprendente: l’idea, l’esecuzione o il fatto che nessuno fosse fatto quando ci pensò». Disse anche che allora, quando gli proposero la cosa, aveva pensato: «È l’Academy, sapranno quello che fanno». Raccontò infine di ricordarsi distintamente un momento, durante il duetto, in cui vide Barry Levinson – il regista di Rain Man, e quindi l’uomo della serata – «con la bocca spalancata e gli occhi fuori dalle orbite» che si chiedeva cosa diavolo stesse succedendo su quel palco.
Nel 2013 l’Hollywood Reporter andò a vedere che ne era stato di Eileen Bowman, l’attrice che era stata Biancaneve. Raccontò che nel 1989 era andata a Los Angeles per fare i provini per Beach Blanket Babylon, il musical che piaceva a Carr, e poi le fu fatto provare l’abito da Biancaneve. Insieme a un’altra ragazza vestita da Biancaneve la portarono in un posto dicendo loro di chiudere gli occhi, perché non potevano vedere dove stavano andando. Erano a casa di Allan Carr (Bowman disse che aveva una piscina con l’acqua rosa), che in accappatoio fece loro un provino. Poi ci fu un altro provino con il compositore Marvin Hamlisch e a fine giornata qualcuno le comunicò che era stata scelta per gli Oscar.
Disse che fu pagata qualche centinaio di dollari, che andò d’accordo con Lowe e che il suo vestito fu venduto a 23mila dollari «a un uomo della produzione che si fece seppellire indossandolo». Raccontò anche che, finiti gli Oscar, le dissero che doveva andare al Governors Ball (la festa post-Oscar) vestita da Biancaneve. Ma lei a quel punto si impuntò e disse: «Non sarò la vostra bambolina vestita da Biancaneve». Andò dunque in camerino per togliersi quel vestito, e nel camerino trovò – non si sa come mai – Olivia Newton-John che usava il suo fard. Disse, Bowman, che Newton-John le chiese: «Come hai fatto? Come sei riuscita a andare là fuori e fare quelle cose davanti a tutta quella gente?». Scelse quindi di tornarsene a casa a San Diego e la mattina dopo alle 8 si svegliò perché arrivarono degli avvocati che le fecero firmare diversi fogli, compreso una specie di accordo affinché non parlasse per almeno 13 anni (nemmeno lei sa perché proprio 13 anni) di quella cerimonia.
Nei giorni dopo quella cerimonia, 17 importanti personalità di Hollywood – e tra loro c’era anche Gregory Peck, ex presidente dell’Academy – scrissero una lettera dicendo che quella cerimonia era stata imbarazzante per gli Oscar e per l’intera industria del cinema. La Disney fece causa all’Academy che aveva usato l’immagine di Biancaneve davanti a più di 40 milioni di spettatori senza chiedere i diritti per farlo, ma ritirò la causa in seguito alle scuse pubbliche dell’Academy.
Carr morì nel 1999. Tra le tante cattive idee agli Oscar del 1989 ne ebbe comunque una molto di successo. Fu lui a decidere che «And the winner is…» era troppo banale e andava sostituito con un più enfatico «And the Oscar goes to…».