In Spagna si torna a votare il 28 aprile
Il primo ministro Pedro Sánchez ha comunicato la data delle elezioni anticipate, le terze in quattro anni: che sta succedendo?
Il primo ministro socialista spagnolo Pedro Sánchez ha convocato le elezioni anticipate per il prossimo 28 aprile, mettendo così fine a una crisi di governo iniziata con la bocciatura della legge di bilancio per il 2019 da parte del Parlamento spagnolo. La data del 28 aprile è stata comunicata dopo una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri e dopo avere scartato l’opzione di tenere le elezioni politiche domenica 26 maggio, lo stesso giorno in cui in Spagna si voterà per le elezioni europee e per rinnovare diversi presidenti delle Comunità autonome (le regioni). Quelle del 28 aprile in Spagna saranno le terze elezioni politiche in meno di quattro anni, una cosa nuova per un paese che fino a non molto tempo fa veniva considerato come uno dei più stabili politicamente dell’intera Unione Europea.
La crisi del governo Sánchez, quella che ha portato alla perdita della maggioranza in Parlamento, si è concretizzata con la mancata approvazione della legge di bilancio per il 2019 (los Presupuestos, in spagnolo), ma è stata il risultato di disaccordi molto più profondi.
Nelle ultime settimane la legge di bilancio era diventata la leva usata da alcuni partiti della maggioranza per forzare il governo a fare concessioni a loro favore: in particolare era stata usata dai partiti indipendentisti catalani – Esquerra Republicana (ERC, di sinistra) e il PDeCAT (di centrodestra) – per indurre Sánchez ad avviare negoziati che avrebbero dovuto portare alla convocazione di un referendum sull’indipendenza della Catalogna, che finora nessun governo spagnolo ha mai voluto concedere. Il governo di Madrid aveva rifiutato e nonostante gli inviti di diversi alleati di Sánchez, tra cui esponenti del partito di sinistra Podemos, gli indipendentisti erano rimasti fermi sulle loro posizioni e avevano deciso di non sostenere la legge di bilancio, facendo di fatto cadere il governo.
Ci sono diversi motivi che spiegano la caduta del governo Sánchez.
Anzitutto era un governo appoggiato da una maggioranza “di fortuna”, diciamo così. Si era formato durante l’approvazione della mozione di sfiducia al precedente esecutivo, quello di centrodestra guidato da Mariano Rajoy (del Partito Popolare, PP), riunendo forze politiche che in una situazione di normali elezioni difficilmente si sarebbero messe d’accordo su un programma condiviso. Il governo Sánchez aveva ottenuto anche l’importante appoggio degli indipendentisti catalani, ERC e PDeCAT, che erano infuriati con Rajoy per tutto quello che era successo nei mesi precedenti durante la crisi catalana, con l’incarcerazione di diversi leader indipendentisti accusati di avere organizzato un referendum illegale per ottenere la secessione della Catalogna dalla Spagna. All’inizio i rapporti tra indipendentisti e governo erano stati quasi distesi, poi piano piano si erano deteriorati, perché le posizioni delle due parti erano rimaste molto distanti.
La situazione si è complicata ulteriormente nelle ultime settimane con l’avvicinarsi del processo agli indipendentisti catalani, iniziato martedì scorso al Tribunale supremo a Madrid. Le forze indipendentiste si sono irrigidite sulle proprie posizioni anche per rispondere alla richiesta di parte del loro elettorato che continua a ritenere profondamente ingiusto il giudizio contro i propri leader. È una questione complicata, che arriva da lontano, e che da anni è alla base delle incomprensioni (quasi incomunicabilità) tra governi indipendentisti catalani e governo centrale di Madrid.
La caduta del governo Sánchez, inoltre, si spiega con i cambiamenti che hanno attraversato la politica spagnola negli ultimi anni, in particolare con la fine del sistema quasi bipartitico – almeno a livello nazionale – che aveva garantito una relativa stabilità. Da diverso tempo la posizione del Partito Popolare (PP) e del Partito Socialista (PSOE, il partito di Sánchez) è stata indebolita dalla presenza di due nuovi partiti: Ciudadanos (centrodestra) e Podemos (centrosinistra). La frammentazione del sistema politico spagnolo ha costretto negli ultimi anni i leader Popolari e Socialisti a stringere frequentemente alleanze con partiti più piccoli, spesso rappresentanti di precise rivendicazioni locali (come nel caso degli indipendentisti catalani), rendendo di fatto i governi più deboli e trasformando la Spagna in un paese molto più instabile di quanto non lo fosse in precedenza.
Secondo i giornali spagnoli, il governo Sánchez avrebbe convocato le elezioni anticipate il 28 aprile per cercare di sfruttare al meglio i sondaggi favorevoli al Partito Socialista (PSOE), e su richiesta di diversi leader Socialisti locali, che non volevano che le elezioni politiche si tenessero lo stesso giorno di quelle cosiddette “autonomiche”, ovvero quelle che eleggono i presidenti delle regioni spagnole.