Grazie, Opportunity
Il rover più longevo nella storia dell'esplorazione di Marte ha concluso la sua missione: un piccolo tributo per una grande impresa
di Emanuele Menietti – @emenietti
Opportunity, il robot automatico (rover) della NASA che per quasi 15 anni ha esplorato Marte, non è più in grado di emettere e ricevere comunicazioni: ha terminato quindi la sua missione e trascorrerà il resto della propria esistenza fermo sul suolo marziano. Progettato per durare appena tre mesi, Opportunity ha svolto le sue esplorazioni dal 2004 all’estate dello scorso anno, diventando il rover più longevo nella storia delle esplorazioni spaziali condotte dalla NASA. Grazie ai dati raccolti nei suoi anni di attività, i ricercatori hanno potuto approfondire le loro conoscenze sulle caratteristiche atmosferiche e geologiche di Marte, trovando indizi sul passato del pianeta, quando si ipotizza che la sua superficie fosse ricoperta in parte da acqua allo stato liquido.
La NASA ha comunicato la fine della missione di Opportunity durante una conferenza stampa organizzata mercoledì 13 febbraio (in Italia era sera). L’annuncio è spettato a Thomas Zurbuchen, responsabile delle missioni scientifiche dell’agenzia spaziale statunitense: “Con un senso di profonda riconoscenza e gratitudine, dichiaro che la missione di Opportunity è finita”.
Opportunity aveva smesso di comunicare con la Terra nel giugno del 2018, quando su Marte era iniziata una grande e intensa tempesta di polvere che aveva oscurato il cielo, impedendo ai raggi del Sole di raggiungere i pannelli solari del rover. La batteria interna di Opportunity si era quindi scaricata, portando il computer del robot a sospendere quasi tutte le attività per consumare il meno possibile e risparmiare l’energia residua. Al termine della tempesta, la NASA aveva sperato di potersi mettere nuovamente in contatto con Opportunity, immaginando che con il cielo sgombro dalle polveri potesse nuovamente caricarsi grazie ai pannelli solari.
Le cose sono però andate diversamente e dopo l’ultimo segnale inviato il 10 giugno 2018, il rover non si è più fatto sentire. I responsabili della missione hanno provato in tutti i modi a ripristinare i contatti, utilizzando le potenti antenne del Deep Space Network, il sistema che la NASA utilizza per comunicare con le sue sonde e i robot che ha inviato in oltre 60 anni di attività per esplorare lo Spazio. Un ultimo segnale era stato inviato il 12 febbraio scorso, anche se i ricercatori erano ormai rassegnati a non avere più notizie dal loro rover. In mancanza di una risposta per l’ennesima volta, si è infine deciso di dichiarare chiusa la missione e in un certo senso “morto” Opportunity.
Spent the evening at JPL as the last ever commands were sent to the Opportunity rover on #Mars. 💔
There was silence. There were tears. There were hugs. There were memories and laughs shared.#ThankYouOppy #GoodnightOppy pic.twitter.com/JYRPtKZ8T5
— Dr. Tanya Harrison (@tanyaofmars) February 13, 2019
Non avendo ricevuto dati per mesi, i ricercatori non sanno di preciso che cosa abbia causato la fine di Opportunity. L’ipotesi più condivisa è che l’intensa tempesta abbia fatto depositare grandi quantità di polvere sui pannelli solari, rendendoli inutilizzabili anche quando il cielo si è rischiarato. La NASA aveva sperato che il periodo solitamente ventoso tra novembre e inizio gennaio potesse spazzare via la polvere dai pannelli, ma evidentemente il danno era più serio di quanto immaginato.
Durante la conferenza stampa, i responsabili della missione hanno spiegato che Opportunity potrebbe aver smesso di comunicare a causa di un malfunzionamento del suo orologio interno, danneggiato dalla tempesta iniziata a giugno. Il sistema faceva sì che ogni giorno il rover andasse in risparmio energetico quando arrivava la notte marziana, in modo da consumare meno in un momento in cui i suoi pannelli non ricevevano luce solare per ricaricare la batteria. Inizialmente il risparmio energetico non comprendeva i piccoli radiatori utilizzati da Opportunity per scaldare alcuni suoi sistemi ed evitare che congelassero di notte. La loro attivazione comportava un consumo eccessivo di energia e dopo qualche tempo i ricercatori della NASA avevano deciso di farne a meno, notando che ciò non complicava più di tanto i risvegli del loro rover dopo qualche ora di inattività.
L’ipotesi è che la perdita di energia avvenuta lo scorso giugno abbia starato l’orologio interno di Opportunity, facendogli perdere la capacità di disattivare i suoi sistemi, compresi i radiatori. Questi potrebbero essere rimasti accesi molto più a lungo del dovuto, consumando gli ultimi residui di energia nella batteria e impedendo al rover di conservare l’ultima ricarica prima che il Sole sparisse a causa della tempesta.
L’inverno marziano che sta per cominciare porterà temperature fino a 100 °C sotto lo zero, complicando ulteriormente le cose per Opportunity. A temperature così basse e senza la possibilità di scaldarsi, diverse strumentazioni del rover potrebbero congelare e spezzarsi. Anche per questo motivo la NASA ha deciso di annunciare la fine della missione, rinunciando a cercare nuovi contatti con il suo rover dopo averci provato per oltre sette mesi.
Resistendo al difficile clima marziano per quasi 15 anni, Opportunity ha sorpreso gli stessi responsabili della missione, durando 55 volte il periodo per cui era stato inizialmente progettato. Durante la sua permanenza su Marte ha percorso oltre 45 chilometri e ha scattato e inviato sulla Terra più di 200mila immagini, mostrando magnifici panorami marziani, ma anche dettagliate foto del suolo e delle rocce che aveva intorno, ugualmente affascinanti per i ricercatori.
Insieme al suo gemello Spirit, che è invece durato 6 anni, Opportunity ha fornito dati a sostegno della teoria secondo cui Marte nel suo passato fosse un posto più umido e caldo rispetto a oggi, quindi adatto per ospitare la vita. È stato il primo rover a trovare e analizzare rocce sedimentarie, cioè formate dall’accumulo di materiale di varia origine, su un pianeta diverso dalla Terra. Dopo avere raggiunto il cratere Endeavour, Opportunity ha inoltre trovato tracce che fanno ipotizzare che un tempo la zona fosse percorsa da corsi d’acqua sotterranei. L’area del cratere è stata studiata con attenzione perché, tra tutte quelle esplorate dai rover, sembra essere quella più adatta per avere ospitato forme di vita nel passato di Marte.
Grande quanto una golf car, quei piccoli veicoli elettrici che si usano sui campi da golf, per anni Opportunity ha lavorato instancabilmente sul suolo marziano, mantenendosi in contatto con i responsabili della sua missione qui sulla Terra, a una distanza media tra i due pianeti di 225 milioni di chilometri. Ricercatori e tecnici della NASA hanno lavorato altrettanto instancabilmente per mantenere il loro rover nelle migliori condizioni possibili, superando le sfide estreme poste da Marte. La sfida più grande è stata organizzare gli spostamenti di Opportunity su un suolo pieno di asperità, talvolta scivoloso e con pendenze difficili da superare. I ricercatori hanno imparato a guidare sul pianeta, studiando movimenti e manovre da far compiere alle sei ruote del rover. Se Opportunity è riuscito a spingersi fin dove è arrivato è certamente merito loro e di chi lo aveva progettato, prima che intraprendesse il suo lungo viaggio verso Marte.
Opportunity e Spirit non sono stati i primi rover a raggiungere il suolo marziano e non saranno nemmeno gli ultimi, eppure sono stati fondamentali per la storia dell’esplorazione di Marte. Grazie a loro non solo abbiamo scoperto nuove cose su un pianeta diverso dal nostro, ma abbiamo anche imparato molto su come si realizzano e gestiscono le missioni robotiche per esplorare lo Spazio. È anche grazie a loro se adesso su Marte ci sono altri due robot, Curiosity e InSight, che mentre leggete queste righe continuano a lavorare per raccogliere dati e informazioni fondamentali per la ricerca spaziale.
Ora che la sua missione è finita, Opportunity resterà immobile sul suolo marziano, sferzato dai venti del pianeta: un altro piccolo monumento all’ingegno umano.