La mostra su Luigi Ghirri è un motivo in più per andare a Parigi
Fino al 2 giugno c'è una retrospettiva con le foto che uno dei più famosi fotografi italiani del Novecento scattò negli anni Settanta
Tra i fotografi italiani, in pochi hanno la fama di Luigi Ghirri: nato a Scandiano (in provincia di Reggio Emilia) nel 1943 e morto a Reggio Emilia nel 1992, con in mezzo una grande e venerata carriera. Fino al 2 giugno il museo Jeu De Paume di Parigi la ripercorre con un’importante mostra retrospettiva, la prima itinerante – è passata prima al Museo Reina Sofia di Madrid e al Museum Folkwang di Essen – organizzata fuori dall’Italia. La mostra, intitolata Cartes et territoires (cioè “mappe e territori”), si concentra in particolare sugli anni Settanta della sua produzione fotografica, decennio che si concluse con la pubblicazione nel 1978 del libro Kodachrome, e con la mostra Vera Fotografia, presentata all’università di Parma l’anno successivo, la cui organizzazione ha ispirato la mostra di oggi al Jeu De Paume.
La mostra è divisa in quindici sezioni che mostrano alcune delle immagini più conosciute di Ghirri: case e giardini di Modena, immagini pubblicitarie, parchi di divertimento e i dettagli cartografici degli atlanti, tra gli altri. Ghirri, che era un geometra, cominciò a dedicarsi alla fotografia nel 1970, fotografando Modena, Reggio Emilia e l’Emilia-Romagna con i cambiamenti di quegli anni. Si è occupato soprattutto di paesaggio ed è conosciuto per essere stato uno dei primi ad usare il colore in Europa.
Come spiegò lui stesso:
Mi interessano l’architettura effimera, il mondo delle province, gli oggetti considerati di cattivo gusto, kitsch, ma che per me non sono mai stati così, gli oggetti carichi di desideri, sogni, ricordi collettivi […] finestre, specchi, stelle, palme, atlanti, globi, libri, musei e persone viste attraverso le immagini.