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  • Mercoledì 13 febbraio 2019

Le indagini sul teatro Eliseo di Luca Barbareschi

La procura di Roma vuole processare l'attore, regista ed ex parlamentare accusandolo di aver fatto pressioni per ottenere diversi milioni di euro di finanziamenti

(ANSA-ZUMAPRESS)
(ANSA-ZUMAPRESS)

La procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per l’attore, regista ed ex parlamentare Luca Barbareschi con l’accusa di traffico di influenze. Barbareschi è accusato di aver ottenuto illecitamente quattro milioni di euro di finanziamenti pubblici per il Teatro Eliseo di Roma, di cui è proprietario e direttore artistico. Insieme a lui è stato chiesto il rinvio a giudizio di Andrea Monorchio – capo della Ragioneria generale dello Stato tra il 1989 e il 2002 – e Luigi Tivelli, in passato giornalista e consigliere parlamentare (qualcuno che lavora come consulente per il Parlamento).

La storia dei finanziamenti al teatro Eliseo e delle presunte influenze per ottenerli è lunga e complicata, ed è una di quelle storie che – anche escludendo ogni ipotesi di illecito – racconta molto di come può funzionare la politica a certi livelli.

Iniziò tutto nel 2016. Barbareschi aveva da poco rilevato lo storico teatro Eliseo di Roma, che come molti altri teatri italiani faticava molto a far quadrare i conti a causa del calo di pubblico e dei crescenti costi di gestione. Quell’anno nel testo del decreto Milleproroghe – che per sua controversa natura contiene norme di qualunque tipo, spesso molto discusse – venne inserito, su proposta del senatore del PD Bruno Astorre, un emendamento che prevedeva lo stanziamento di 4 milioni di euro (2 per il 2017 e 2 per il 2018) in favore del Teatro Eliseo, «in occasione del centenario della sua fondazione». In realtà il Teatro Eliseo fu fondato nel 1900 come Arena Nazionale: il 1918 sarebbe stato solo il centenario del suo cambio di nome. Dopo grandi proteste dell’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo (AGIS), l’emendamento venne ritirato dallo stesso Astorre. Barbareschi se ne lamentò molto e disse che il Teatro Eliseo probabilmente avrebbe dovuto chiudere alla fine di quell’anno.

L’Eliseo tuttavia non chiuse. Il contributo che era stato cancellato dal Milleproroghe venne riproposto e poi approvato dalla commissione Bilancio della Camera come emendamento di una manovra correttiva della legge di stabilità, approvata dal governo Gentiloni nell’aprile 2017 su richiesta della Commissione Europea. L’emendamento in questo caso fu proposto da due deputati, Alberto Giorgetti di Forza Italia e Sergio Boccadutri del PD, e i fondi destinati al Teatro Eliseo passarono da 2 a 4 milioni all’anno. Nel testo del decreto legge del 24 aprile 2017 (art. 22, comma 8) si legge che «in favore del teatro di rilevante interesse culturale «Teatro Eliseo», per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua fondazione è autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018».

La storia dei finanziamenti, però, non era ancora finita. Nel novembre del 2017 il cosiddetto Codice dello Spettacolo – una legge per la riforma dei finanziamenti pubblici alle varie forme di spettacolo dal vivo – passò alla Camera dopo che, in commissione Cultura al Senato, nel testo della legge era stato inserito un emendamento che lasciava all’Eliseo solo i 4 milioni per l’anno 2017 e destinava quelli del 2018 ai teatri di quattro regioni terremotate, Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Poche settimane più tardi, il 20 dicembre del 2017, la commissione Bilancio della Camera, presieduta dal deputato del PD Francesco Boccia, approvò un nuovo emendamento presentato da Stefania Prestigiacomo (di Forza Italia), per restituire al Teatro Eliseo anche i 4 milioni per il 2018.

Al Teatro Eliseo venne quindi concesso un contributo di 8 milioni di euro, che causò da subito nuove proteste di moltissimi altri teatri di Roma. Si disse che fosse inopportuno dare un finanziamento del genere a un teatro privato e la segretaria generale dell’Associazione per il teatro Italiano, Benedetta Buccellato, parlò di «una regalia faraonica».

Le indagini per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio riguardano proprio lo stanziamento dei fondi straordinari per il Teatro Eliseo. Secondo la procura, per ottenere i fondi nella primavera del 2017 Barbareschi contattò Andrea Monorchio, padre di sua moglie Elena, capo della Ragioneria generale dello Stato tra il 1989 e il 2002, per fare in modo che nella manovra del governo Gentiloni venissero inseriti dei fondi a favore del Teatro Eliseo. Monorchio, sostiene sempre l’accusa, si rivolse a Tivelli, che fece pressioni «presso pubblici ufficiali e funzionari del ministero dell’Economia e della presidenza del Consiglio» affinché inserissero quattro milioni per il teatro nella manovra finanziaria del 2017. In cambio, sempre secondo l’accusa, Barbareschi promise a Tivelli 70mila euro e l’assunzione della figlia Giulia per quattro mesi come dipendente della società Casanova multimedia Spa, legata all’attore.

Non è chiaro che effetto ebbero le pressioni di Barbareschi di cui parla la procura, visto che la richiesta di fondi per l’Eliseo era già stata fatta esplicitamente da Barbareschi stesso all’allora ministro Franceschini.

Nel frattempo sei teatri di Roma – il Sistina, il Cometa, il Parioli, l’Ambra Jovinelli, il Quirino e il Vittoria – avevano presentato ricorso al Tar del Lazio, chiedendo l’annullamento dello stanziamento di 8 milioni di euro. Inizialmente il Tar aveva respinto la richiesta ma il Consiglio di Stato, accogliendo un appello dei sei teatri, nel marzo del 2018 aveva chiesto al Tar di riesaminare il ricorso. Per ora non c’è stata una nuova decisione.