Il progetto di Norwegian Air non ha funzionato
Provare a replicare il successo del low cost sui voli intercontinentali sembrava una buona idea, ma le cose si sono complicate
Nel 2013 Bjorn Kjos, amministratore delegato della compagnia aerea Norwegian Air Shuttle, avviò un progetto di voli low cost sulle tratte per collegare l’Europa alle Americhe e all’Asia, introducendo sui tragitti lunghi il modello low cost che aveva avuto grande successo nei due decenni precedenti. Negli ultimi anni diverse altre compagnie aeree hanno seguito il suo esempio, ma l’aumento del costo del carburante e i crescenti costi dei piloti hanno portato al fallimento di venti compagnie solo nel 2018, e ora anche per Norwegian le cose non si stanno mettendo affatto bene, come scrive questa settimana il settimanale britannico Economist.
L’idea di Norwegian era quella di applicare il modello di business di compagnie come Ryanair – la principale compagnia low cost europea – a percorsi più lunghi, quindi abbassando il prezzo del biglietto ma riducendo la qualità del servizio e facendo pagare tutti i servizi aggiuntivi (un biglietto di sola andata per New York costa 140 euro). In seguito anche la compagnia danese Primera e l’islandese WOW avevano creato offerte low cost per le tratte più lunghe. Ma la strategia non ha funzionato molto bene: i voli a lungo raggio hanno bisogno di aerei più grandi e più costosi e gli investimenti in questo senso si sono rivelati insostenibili dopo l’aumento del costo del carburante. Inoltre, per garantire tariffe basse queste compagnie hanno puntato su un modello delle low cost europee che prevede l’eliminazione delle classi business e l’arrivo in aeroporti piccoli e spesso posizionati molto lontani dalle grandi città, privandosi però così di un tipo di clienti fondamentale: chi viaggia per lavoro, che per le lunghe tratte preferisce ancora usare i più pratici voli delle compagnie tradizionali. Norwegian ha detto di aver riempito a gennaio appena il 76 per cento dei suoi voli, rispetto al 91 per cento medio di Ryanair.
Da quando ha iniziato il progetto di voli low cost sulle tratte transatlantiche, i conti della compagnia norvegese sono molto peggiorati: prima del 2013 Norwegian Air Shuttle operava prevalentemente su rotte nazionali che collegavano la Scandinavia, realizzando un utile di 970 milioni di corone norvegesi (circa 98 milioni di euro) all’anno. Il 7 febbraio scorso Norwegian Air ha annunciato di aver subito delle perdite pari a 3,85 miliardi di corone norvegesi (392 milioni di euro) nel 2018, e la colpa è soprattutto dei voli low cost sulle tratte lunghe. Inoltre come riporta il Guardian, citando i dati della Civil Aviation Authority britannica, Norwegian Air Shuttle è anche la compagnia aerea contro cui viene fatto il maggior numero di reclami (per il ritardo o la cancellazione dei voli e per il mancato rimborso ai passeggeri). Nel secondo trimestre del 2018 i reclami erano stati 526 per milione di passeggeri: TAP Air Portugal, al secondo posto, ne aveva ricevuti 430, Ryanair 319. British Airways, la principale rivale per quanto riguarda le tratte transatlantiche, ne aveva ricevuti solo 63 nello stesso periodo.
L’azienda sperava di risollevare le sue sorti grazie a un’acquisizione da parte di IAG (il gruppo di British Airways e Iberia, tra le altre) o Lufthansa, due tra le più grandi società aeree europee. Ma alla fine di gennaio le azioni di Norwegian sono calate di un terzo del loro valore a causa di Brexit e della possibilità che non si raggiunga un accordo entro il 29 marzo (uno degli aeroporti principali su cui opera Norwegian infatti è Gatwick, vicino a Londra), e con loro sono diminuite le possibilità di un’acquisizione. IAG inoltre ha fatto sapere a gennaio che non intende presentare un’offerta per Norwegian Air Shuttle e che venderà la sua quota nella compagnia norvergese del 3,93 per cento. Dopo il fallimento di Primera l’anno scorso, gli analisti sono scettici sul fatto che il progetto dei voli low cost a lunga percorrenza possa continuare a funzionare. Per contenere le perdite Norwegian ora sta provando ad aprire nuove rotte verso il Sudamerica, ma l’instabilità politica e finanziaria di quei mercati potrebbe comportare ulteriori rischi, spiega l’Economist.
Anche le principali compagnie aeree che offrono voli transatlantici intanto hanno iniziato ad offrire voli low cost: IAG, ad esempio, ha lanciato LEVEL e ora sta convertendo anche l’irlandese Aer Lingus. Lufthansa ha aperto delle rotte verso gli Stati Uniti con Eurowings. Per ora i costi sono contenuti e sono simili a quelli della compagnia norvegese, ma se Norwegian Air dovesse fallire, le grandi compagnie aeree potrebbero permettersi di alzare le tariffe, mantenendo basso il servizio. Un’altra possibile prospettiva è l’acquisto di Norwegian Air da parte di Ryanair: la compagnia irlandese è alla ricerca di opportunità per espandersi al di fuori dell’Europa occidentale, dove il mercato ormai è saturo. Ma secondo l’Economist il suo capo, Michael O’Leary, è diffidente perché le principali compagnie aeree europee la troverebbero un’invasione di campo da combattere in ogni modo: e sembra “una conclusione ragionevole” anche all’Economist.