In Germania si litiga ancora per i limiti di velocità
Molte autostrade non li hanno, ma parlare della loro introduzione fa scaldare gli animi: come parlare di armi in America
Alla fine di gennaio si è saputo in Germania che una commissione sul clima nominata dal governo stava pensando di proporre l’introduzione di un limite di velocità di 130 chilometri orari su tutte le autostrade tedesche. Era solo una proposta allo studio ma ha fatto discutere molto, al punto che Steffen Seibert, portavoce della cancelliera Angela Merkel, ha dovuto dire pubblicamente e in modo chiaro che il governo tedesco non intende mettere limiti di velocità nelle autostrade tedesche, spiegando che non fa parte degli accordi di coalizione tra i partiti di governo. La Germania è uno dei pochissimi stati al mondo – nonché l’unico tra i più grandi e ricchi – in cui la maggior parte delle autostrade non ha un limite di velocità.
In Germania, in condizioni normali e su circa il 70 per cento delle autostrade (pari a oltre 15mila chilometri di strada), si può andare alla velocità che si vuole. Come hanno mostrato i vivaci dibattiti degli ultimi giorni, circa la metà dei cittadini tedeschi è fermamente convinta che le autostrade non debbano avere limiti di velocità. Cambiare lo status quo – ci sarebbero delle buone ragioni – è quindi un problema per qualsiasi governo: specie per uno di coalizione, che deve cercare sempre equilibri su ogni questione. Il New York Times l’ha messa così: per la Germania i limiti di velocità sono qualcosa di simile a quello che per gli Stati Uniti è il porto d’armi e che per il Giappone è la caccia alla balena: «un’ossessione nazionale quasi religiosa, per gran parte della popolazione».
Il rapporto definitivo della commissione tedesca sul clima arriverà a marzo, ma si pensa che l’introduzione dei limiti di velocità fosse stata presa in considerazione pensando che potesse ridurre l’inquinamento, insieme ad altre misure. Ma tra le persone a favore dell’introduzione dei limiti c’è anche chi spiega che ci sarebbero meno incidenti: i dati dell’istituto tedesco di statistica dicono infatti che la metà delle 409 persone morte nel 2017 sulle autostrade tedesche sono morte per cause legate all’eccessiva velocità. Nei tratti con limiti di velocità, gli incidenti mortali per chilometro sono il 26 per cento in meno rispetto agli incidenti nei tratti senza limiti di velocità.
È difficile dire chi sia a favore e chi contro, perché la difesa dell’assenza di limiti di velocità spesso non ha a che fare con i partiti e le classi sociali. Tra chi si oppone all’introduzione dei limiti di velocità ci sono per esempio sindacalisti di sinistra che hanno minacciato di protestare indossando dei gilet gialli, ma anche partiti di estrema destra che hanno sfruttato l’occasione per criticare i partiti di governo, la CDU (e la CSU) e la SPD.
Il New York Times scrive che «la metà dei tedeschi è contraria ai limiti di velocità», e alla fine di gennaio Reuters aveva citato un sondaggio secondo cui era contrario il 48 per cento dei tedeschi; lo Zeit parla invece di una percentuale di contrari del 47 per cento. Sono numeri che mostrano comunque una chiara divisione. Michael Kunert, direttore dell’istituto di sondaggi Infratest Dimap, ha spiegato così: «È una questione su cui si fanno barricate. È qualcosa per cui la gente potrebbe anche smettere di votare un partito».
Molti tedeschi pensano infatti che l’assenza di limiti di velocità sia un segno di libertà ed è famoso lo slogan “Freie Fahrt für freie Bürger” (libertà di guidare per liberi cittadini). Ritengono che le loro autostrade siano così efficienti e sicure da non avere bisogno di limiti. Andreas Scheuer – ministro dei Trasporti della CSU, il partito conservatore bavarese – ha detto che i limiti di velocità nelle autostrade «sono contro ogni logica» e ha detto che un limite di 130 chilometri all’ora abbasserebbe le emissioni di CO2 di meno dello 0,5 per cento. Una percentuale molto più bassa rispetto a quelle citate da altri esperti. Il New York Times racconta che nel 1973, nel mezzo della crisi petrolifera, l’allora ministro dei trasporti riuscì a imporre un limite nel nome del risparmio e della situazione di emergenza: «Durò solo quattro mesi, e il ministro poco di più».