Le proteste degli allevatori sardi per il prezzo del latte di pecora
Negli ultimi anni si è quasi dimezzato e ora non copre nemmeno i costi di produzione: in molti danno la colpa all'industria casearia
Da giorni si sente parlare delle proteste degli allevatori sardi contro il crollo del prezzo del latte di capra e di pecora, sceso nelle ultime settimane sotto i 60 centesimi al litro. Le proteste proseguono in verità da mesi – a ottobre se ne era già parlato sui giornali – ma sono diventate molto rumorose e vistose solo questa settimana, anche grazie ad alcune iniziative degli allevatori. Ci sono stati blocchi stradali in diverse parti della Sardegna, decine di pastori hanno pubblicato video della distruzione di grandi quantità di latte in segno di protesta e sabato un gruppo di allevatori ha anche bloccato l’accesso al centro di allenamento della squadra di calcio del Cagliari, chiedendo ai giocatori di unirsi alla loro protesta.
I pastori sardi chiedono che il latte di capra e di pecora – venduto prevalentemente all’industria casearia – venga pagato di più ai produttori e sostengono che i grandi produttori di formaggi si siano accordati per fare abbassare i prezzi del latte. Il prezzo di 60 centesimi al litro che viene pagato in queste settimane ai produttori di latte – dicono gli allevatori – non è sufficiente a coprire le spese di produzione e per questo in molti hanno deciso di buttare via centinaia di litri di latte, piuttosto che venderlo sottocosto. A ottobre, il presidente del Centro Studi Agricoli Tore Piana aveva detto che con questi prezzi era a rischio la stabilità del 90 per cento dei produttori di latte della Sardegna, dove si produce quasi la totalità del latte ovino italiano. Un anno prima, alla fine del 2017, il prezzo del latte era di circa 85 centesimi al litro, due anni fa invece di 1,20 euro al litro.
Il calo del prezzo sembra essere legato in particolare all’andamento del mercato del Pecorino Romano DOP, per la cui produzione viene impiegata più della metà di tutto il latte prodotto in Sardegna. Quando il prezzo del Pecorino Romano sale, come era successo due anni fa, sale anche il prezzo del latte; quando il prezzo del Pecorino Romano scende, scende anche il prezzo del latte. La produzione di Pecorino Romano, proprio per evitare grosse oscillazioni dei prezzi, è regolata da quote che vengono stabilite ogni anno, ma che secondo gli allevatori non vengono rispettate da molti caseifici anche per via delle multe molto basse. L’eccessiva produzione di Pecorino degli ultimi anni, spinta dagli alti prezzi che aveva raggiunto il prodotto, ha fatto accumulare a moltissimi caseifici grandi scorte di formaggio invenduto e questo, in pochi mesi, ha fatto drasticamente abbassare i prezzi del prodotto al consumo, con conseguenze arrivate fino ai produttori di latte.
Le proposte che vengono fatte per provare a risolvere la situazione sono diverse. Da una parte gli allevatori chiedono che venga stabilito un prezzo minimo per il latte – intorno ai 70 centesimi al litro – e che questo prezzo venga rivalutato annualmente in base ai livelli di produzione e all’andamento del mercato. Dall’altra parte, in molti chiedono che vengano aumentati i controlli e le multe per i produttori di formaggio che non rispettano le quote (si è parlato di aumentare le multe da 16 centesimi a 1 euro al chilo, per ogni chilo prodotto in eccesso). A dicembre, il ministero dell’Agricoltura, aveva approvato la costituzione dell’Organismo interprofessionale latte ovino sardo (OILOS), al cui interno saranno rappresentati tutti i settori che partecipano alla filiera del latte ovino e che dovrebbe – tra le altre cose – aiutare a regolare il prezzo del latte.