Se mangiate spesso in ufficio, questo è un articolo per voi
Abbiamo provato 12 contenitori porta pranzo – le schiscette, o tupperware – per capire se ne esista uno migliore degli altri
I contenitori porta-pranzo, quelli che usano gli studenti universitari e molti lavoratori che non hanno a disposizione una mensa aziendale, sono uno di quegli oggetti che hanno tanti nomi e vengono chiamati in modo diverso a seconda della regione in cui si vive. In italiano si chiamerebbero portavivande, gavette (originariamente quelle dei soldati) o pietanziere (Italo Calvino li chiamava così), ma è abbastanza diffuso il nome milanese di schiscetta e anche in Piemonte c’è una parola dialettale per indicarle: barachin. In Sicilia si usa camella o il diminutivo camillinu, che sarebbe la versione locale di gamella, una versione alternativa di gavetta, mentre in altre regioni c’è chi usa alcune parole dialettali che propriamente significherebbero “pentola”: caccavella in Campania, tecietta in Veneto. Infine c’è chi ha fatto una vacanza in Giappone e da allora dice “bento”, con un certo snobismo.
La parola più contemporanea però è probabilmente tupperware, o tupper: dal nome della più famosa azienda che produce i contenitori di plastica per conservare il cibo in frigorifero (per le generazioni meno giovani era Moplen).
In ogni caso, come esistono tanti nomi per chiamare i portavivande, ne esistono tanti formati: per combinarle alle proprie indagini sulle borracce la redazione del Post ne ha testati una dozzina, tutti in vendita su Amazon, per capire se ce ne sia uno migliore degli altri e come si fa a sceglierne uno a seconda delle proprie esigenze e preferenze alimentari. Una sera due volontari hanno preparato pasta al pesto per tutti (è stato scelto un pasto contenente olio per mettere alla prova la tenuta dei contenitori) e il giorno successivo tutti i redattori presenti ne hanno avuto uno con cui pranzare. Abbiamo anche fatto un ulteriore test di ermeticità riempiendo tutti i portavivande di acqua, scuotendoli e verificando quanta acqua ne usciva. Tutti quanti si possono mettere in lavastoviglie e nel microonde.
Sommario: Il portavivande preferito dalla redazione del Post | Le scatole da bento| Un altro portavivande pensato per l’insalata| I portavivande adatti alle zuppe| I contenitori per il frigo usati come portavivande | Altri due portavivande
Il portavivande preferito dalla redazione del Post
Dato che è spazioso senza essere troppo ingombrante, pratico per portare due pietanze diverse tenendole separate e ha anche un piccolo contenitore incluso per condimenti di vario genere, il portavivande che ci è piaciuto di più è questo, pensato per le insalate ma adatto a tutti i tipi di pranzi, zuppe escluse. Non è un tupperware, nel senso che non lo produce Tupperware, ma l’azienda britannica Joseph Joseph (si chiama così perché fondata da due gemelli), che dal 2003 cerca di migliorare piccoli oggetti di uso comune.
Questo portavivande è fatto di due contenitori che possono essere attaccati l’uno all’altro e può essere usato in tre modi diversi: usando solo il contenitore più grande (immagine numero 3), attaccandolo a quello più piccolo tenendoli separati dal coperchio di gomma oppure attaccandoli senza separazione, rinunciando a un po’ di ermeticità, per ottenere un unico spazio più grande. Il solo contenitore più piccolo ha una capienza di 400 millilitri; quello inferiore di 700. Questo portavivande è pensato per le insalate, dunque lo spazio superiore idealmente serve per portarsi dietro una fetta di pane oppure alcuni ingredienti da aggiungere all’insalata, come pomodorini o carote tagliate; viene venduto insieme a un piccolo recipiente per i condimenti che può essere contenuto nello spazio superiore.
Pesa 300 grammi e ha superato egregiamente il test del Post con la pasta al pesto. In quello con l’acqua qualche goccia è passata, quindi non lo consigliamo per zuppe o simili: per tutto il resto dovrebbe andare bene. Costa un po’ meno di 20 euro.
La redazione comunque non era unanime sulla scelta del miglior portavivande. Secondo alcuni redattori che hanno bisogno di porzioni abbondanti per sentirsi sazi, quello di Joseph Joseph non è sufficientemente grande: l’unico portavivande valido, secondo il loro giudizio, è di Tupperware e ha una capienza di un litro e mezzo. Si chiama “Mangiasano” perché è a sua volta pensato per le insalate, anche se ci si possono mettere anche la pasta e le zuppe (un redattore ce l’ha da anni e ha superato tutti i test possibili). Viene venduto con posate di plastica e un piccolo contenitore per i condimenti analogo a quello del portavivande di Joseph Joseph, vuoto pesa circa 300 grammi. Su Amazon si può comprare a 23 euro.
Le scatole da bento
Abbiamo provato anche quattro portavivande in formato bento. In Giappone i bento sono pasti per una persona fatti da diversi componenti (riso o spaghetti, pesce o carne, con verdure cotte di contorno) tenuti separati e la scatola che li contiene può essere una specie di vassoio a scompartimenti con un coperchio oppure può essere messa insieme impilando alcuni contenitori rettangolari. Per essere precisi bento indica il pasto, che può essere preparato in casa oppure acquistato pronto, bentobako è il contenitore.
Nessuno dei quattro portavivande che abbiamo provato è giapponese: sono tutti e tre fabbricati in Cina, anche se uno è prodotto da un’azienda francese, Monbento.
Il portavivande di Monbento e quello di PuTwo (nero) sono entrambi a due piani; il primo costa 35 euro, il secondo 25 euro su Amazon. In generale sono piuttosto simili, tranne che per il peso (quello nero pesa 400 grammi, quello rosa 100 in più), la capienza (di un litro quella di quello rosa, in quello nero ci sta qualcosa in più) e per la presenza di posate: quello nero viene venduto insieme a coltello, forchetta e cucchiaio e quello rosa no, anche se c’è uno spazio per mettercene. I due “piani”, a cui si deve aggiungere lo spazio per le posate in cima, hanno delle piccole valvole per fare uscire il vapore prodotto dalle pietanze ancora calde e sono tenuti insieme da un elastico. Potrebbe sembrare un sistema poco ermetico, ma nei nostri test non è uscita nemmeno una goccia d’acqua né di olio e, come ha notato una redattrice, un elastico smarrito è più facile da rimpiazzare di un gancetto rotto. Lavarli a mano è stato un po’ più faticoso rispetto ad altri portavivande sia per il numero di pezzi di cui sono composti, sia per la tenacia con cui l’olio si attacca alla plastica.
Abbiamo provato anche due portavivande in versione bento a un piano. Quello bianco e nero ha un separatore mobile che permette di dividere lo spazio interno in due parti, che funziona bene a meno che una delle due pietanze che volete metterci sia liquida. La capienza è di un litro. Pesa 200 grammi e costa 16 euro. Come i precedenti, ha una valvolina per fare uscire il vapore e si chiude sempre con un elastico. Ha una buona ermeticità, garantita da una guarnizione di gomma: avevamo qualche dubbio sulla sua tenuta, ma dopo due lavaggi in lavastoviglie a 60°C è come nuova.
Il portavivande a scomparti bianco e grigio invece costa 19 euro. Un po’ come le borracce piatte si presta bene a essere infilato in una borsa piena di cose a forma di parallelepipedo: un computer, un tablet, un’agenda, qualche libro. Modetro, l’azienda che lo produce, lo pubblicizza come portavivande per il “controllo delle porzioni”, cioè utile per non esagerare con le quantità e mangiare troppo, dato che lo spazio per ogni parte del pasto è ben circoscritta. Viene venduto insieme a una borsa in materiale isolante che serve sia per mantenere costante la temperatura delle pietanze all’interno, sia per evitare sgocciolamenti – non è proprio il tipo di contenitore che uno userebbe per portarsi dietro una zuppa, se avevate il dubbio comunque non ha superato il nostro test di ermeticità con l’acqua. Pesa circa 400 grammi, senza la borsa isolante.
Un altro portavivande pensato per l’insalata
Oltre al portavivande di Joseph Joseph e al Mangiasano di Tupperware ne abbiamo provato un altro pensato per le insalate, quello con un design un po’ più ricercato degli altri. Lo produce Guzzini e si chiama Zero. È più o meno a forma sferica e si compone di due o tre scomparti che si incastrano e vengono tenuti insieme da una banda che fa anche da manico per portarlo in giro. Il numero di scomparti cambia a seconda che sia il modello base o quello che contiene una piastra eutettica, cioè uno di quei cosi che si tengono in freezer per poi tenere fresco un alimento in una borsa termica: nel caso vogliate portarvi al lavoro uno yogurt (c’è uno spazio centrale apposta) oltre all’insalata. La redazione del Post ha provato questa versione, con un’insalata.
Anche in questo caso i test di ermeticità sono stati abilmente superati. La capienza della sola parte inferiore è di 560 millilitri; con la parte superiore diventa di 780. Zero costa circa 31 euro, con coltello e forchetta di plastica inclusi. È probabilmente il portavivande più bello da vedere (è anche molto colorato) e interessante per il suo design, ed è piacevole mangiarci dentro, ma è un po’ ingombrante. E pesa 650 grammi, vuoto.
I portavivande adatti alle zuppe
Se siete grandi appassionati di zuppe i portavivande elencati fin qui non sono l’ideale per voi. Per questo ne abbiamo provati due pensati a questo scopo. Uno è di Joseph Joseph e somiglia molto al portavivande preferito dalla redazione: è però cilindrico, ha una capienza di 600 millilitri nella parte riservata alle zuppe (quella superiore si può usare per portarsi dietro dei crostini, ad esempio) e si chiude avvitando l’anello di plastica lucida che ne collega i due scompartimenti. Grazie a questa chiusura è più ermetico del modello per l’insalata. L’altro portavivande per zuppe che abbiamo testato invece è un thermos di Thermos (ecco un altro prodotto che ha preso il suo nome da un’azienda).
Entrambi hanno una capienza adatta a un pranzo con piatto unico se non avete bisogno di porzioni eccessive: la maggior parte delle redattrici li trova soddisfacenti, la maggior parte dei redattori no. Il portavivande per zuppe di Joseph Joseph pesa 200 grammi, ha una capienza di 600 millilitri e costa 15 euro. Quello di Thermos pesa 300 grammi, ha una capienza di 500 millilitri e costa 18 euro. Inoltre, come ci si aspetta da lui, isola termicamente il cibo che contiene per diverse ore come si può leggere in varie entusiastiche recensioni su Amazon; è l’unico dei portavivande che abbiamo testato a non poter andare nel microonde (è fatto di acciaio inossidabile).
I contenitori per il frigo usati come portavivande
Abbiamo testato anche due contenitori per alimenti di quelli che sarebbero fatti per la conservazione in frigo ma possono essere usati anche come portavivande. Sono entrambi di plastica; uno è di Joseph Joseph ed è adatto solo a chi non ha bisogno di porzioni troppo grosse per sfamarsi, l’altro, più capiente (800 millilitri contro 540) è di Amazon Basics, il marchio di prodotti di uso comune dalle linee semplici di Amazon. Pesano rispettivamente 100 e 150 grammi e hanno passato i nostri test di ermeticità. Quello di Amazon Basics viene venduto insieme ad altri due contenitori identici, per 11 euro, quello di Joseph Joseph invece costa 10 euro. Non c’è molto altro da dire, fanno quello che devono fare, con semplicità, se vi bastano giusto le basi.
Altri due portavivande
In aggiunta ai portavivande precedenti ne abbiamo testati altri due che non ricadono in nessuna delle categorie finora elencate. Uno è di Joseph Joseph ed è praticamente identico al primo di cui abbiamo scritto, solo che ha una forma più allungata: è pensata per piatti generici, non insalate. La parte inferiore ha una capienza di 700 millilitri; quella superiore, che è divisa in due, di 500: in totale quindi è più capiente di quello per insalate. Costa 20 euro. L’altro portavivande diverso dagli altri è adatto ai pranzi composti da un toast o tramezzino e qualche altra cosa di accompagnamento: non è ermetico, ma è comunque piuttosto versatile perché ha diversi scompartimenti. Comprende un barattolino per portarsi dietro condimenti o altre cose edibili più comodamente trasportabili in recipienti ben chiusi. Inoltre è piuttosto grande. È dell’azienda neozelandese Sistema e costa 13 euro.
Per tornare sui nomi con cui chiamare i portapranzo: se volete davvero fare i cosmopoliti e superare quelli che dicono “bento”, passate a “dabbas”, come si dice a Mumbai dove per i portapranzo c’è tutta una cultura particolare che rende i servizi come quelli di Just Eat e Deliveroo superflui.
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