Il discorso di Trump
Cosa ha detto nel discorso sullo stato dell'Unione, che si è tenuto molto in ritardo rispetto al solito e davanti a un Congresso non più così amichevole, come mostra questa foto
Martedì sera – quando in Italia era la notte tra martedì e mercoledì – il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha pronunciato davanti al Congresso il discorso sullo stato dell’Unione, uno degli appuntamenti fissi della politica statunitense, con cui il presidente si rivolge ai parlamentari e al paese per fare il punto sulla sua attività e le condizioni della nazione. Nella sua ritualità, però, questo discorso è stato diverso dagli altri: è arrivato a febbraio inoltrato e non come al solito a metà gennaio, perché fino a pochi giorni fa il governo federale non poteva finanziare le sue attività; e la battaglia politica che aveva portato allo shutdown non è ancora finita, anzi, promette di proseguire.
Il governo federale era stato costretto a interrompere tutte le attività non essenziali – per il periodo più lungo della storia statunitense – a causa del mancato accordo al Congresso sull’approvazione del nuovo budget. Il principale tema di discussione è il muro che Trump ha promesso di costruire al confine con il Messico: i Repubblicani fin qui non hanno accettato un budget che non comprenda uno stanziamento di fondi per il muro, i Democratici non hanno accettato un budget che li comprenda. Un accordo tra le parti però è necessario: i Democratici hanno la maggioranza alla Camera, e anche al Senato – controllato dai Repubblicani – servono comunque anche i voti dei Democratici per superare alcuni voti procedurali.
Nel discorso di stanotte Trump ha cercato di rivolgere un messaggio di unità nazionale e bipartisanship, ma senza concedere nulla di concreto e apparendo non molto credibile secondo molti osservatori visti i suoi precedenti di insulti e aggressività. «Dobbiamo rifiutare la politica della vendetta, della resistenza e delle punizioni, per abbracciare il potenziale sconfinato della collaborazione, del compromesso e del bene comune. Insieme possiamo superare decenni di stallo politico. Possiamo costruire ponti oltre le nostre divisioni, curare vecchie ferite, costruire nuove alleanze, forgiare nuove soluzioni e sbloccare la straordinaria promessa del nostro futuro». Prima di iniziare il discorso, però, Trump si era lamentato col suo staff che il testo fosse troppo buono con i Democratici, e aveva tagliato il passaggio in cui avrebbe dovuto congratularsi con Nancy Pelosi per la sua elezione a speaker della Camera; il giorno stesso, durante un incontro a pranzo con alcuni giornalisti televisivi, Trump aveva definito «stupido» l’ex vicepresidente Joe Biden e «un maledetto figlio di puttana» Chuck Schumer, il capo dei Democratici al Senato.
L’ultimo shutdown non è stato superato grazie a un accordo politico, ma solo quando Trump ha ceduto alla richiesta dei Democratici di far proseguire i negoziati sul muro riaprendo le attività del governo con un accordo temporaneo, per evitare di tenere come ostaggi gli 800.000 dipendenti del governo federale rimasti senza stipendio. L’accordo scadrà il 15 febbraio: nel frattempo i negoziati non sono nemmeno ricominciati e nessuna delle due parti pensa di poter convincere l’altra. Durante il discorso di stanotte Trump non è entrato nel merito della questione – ci si aspetta che invochi lo stato d’emergenza per aggirare il Congresso e ottenere i fondi, mossa che sarebbe contestata in tribunale – ma ha parlato ancora dell’importanza di fermare l’immigrazione irregolare.
«Proprio mentre parliamo, grandi e organizzate carovane di migranti marciano verso gli Stati Uniti», ha detto Trump. «È una questione morale. Il nostro confine meridionale senza leggi è una minaccia alla sicurezza e al benessere economico di tutti gli americani. La tolleranza verso l’immigrazione non ha niente di compassionevole; anzi, è molto crudele». In realtà gli attraversamenti illeciti del confine sono in grande calo rispetto a qualche anno fa, e i dati non suggeriscono correlazioni particolarmente solide tra la condizione di immigrato irregolare e la propensione a commettere reati; in questi mesi, poi, è stata l’amministrazione Trump a essere spesso accusata di crudeltà, soprattutto per la sua politica di separazione dei bambini dai loro genitori al confine.
Il discorso sullo stato dell’Unione, trasmesso a reti unificate dalle tv statunitensi, è anche un’occasione per il presidente di rivolgersi al paese e mostrarsi in pieno controllo della situazione: per questo ormai da qualche anno i parlamentari del Congresso sono diventati in qualche modo parte dello spettacolo, attirando l’attenzione per come applaudono (o non applaudono), per come si vestono e per come reagiscono alle parole del presidente. I parlamentari Repubblicani hanno applaudito fragorosamente quando Trump ha parlato di immigrazione irregolare, di aborto e della «minaccia del socialismo», cantando di tanto in tanto anche cori “U-S-A! U-S-A!”; i Democratici invece hanno applaudito soprattutto quando Trump si è congratulato per il numero senza precedenti di donne elette alle elezioni di metà mandato del 2018. Donne – elette quasi tutte col Partito Democratico – che peraltro si sono vestite di bianco in onore delle suffragette, fornendo un gran colpo d’occhio in mezzo agli abiti scuri degli uomini.
Anche la presidente della Camera Nancy Pelosi, seduta dietro Trump, ha applaudito poco e tiepidamente soltanto quando Trump ha parlato di infrastrutture e congedi parentali, a parte il passaggio sulle donne; alla fine del discorso ha applaudito Trump in modo visibilmente sarcastico, in quella che è diventata una delle immagini più diffuse e commentate della serata. Quello di stanotte è stato per Trump il primo discorso al Congresso in cui si sia trovato ad affrontare una maggioranza di parlamentari a lui ostili: dopo due anni con il Congresso dalla sua parte e i Democratici privi di ogni potere contrattuale, le prime settimane di confronto e negoziato con l’opposizione rappresentata da Nancy Pelosi non sono andate bene per la sua amministrazione.
Trump ha annunciato che incontrerà di nuovo il dittatore nordcoreano Kim Jong-un in Vietnam i prossimi 27 e 28 febbraio, e ha aggiunto che negli Stati Uniti è in corso «un miracolo economico»: l’unica cosa che può fermarlo, dice, sono «guerre stupide e indagini faziose e ridicole», in riferimento sia all’indagine federale sul caso Russia che alle indagini parlamentari che i Democratici probabilmente avvieranno nelle prossime settimane. La frase tradisce la preoccupazione di Trump e dei Repubblicani per il prossimo biennio: Trump è arrivato alla metà della sua presidenza con l’approvazione di appena il 37 per cento degli americani, un dato che ha pochissimi precedenti, ed è l’unico presidente a non aver mai avuto il consenso di metà degli americani nella storia del noto istituto demoscopico Gallup.
È tradizione che un esponente del partito di opposizione rivolga – fuori dal Congresso, a favore di telecamere – una “risposta ufficiale” al discorso sullo stato dell’Unione. I Democratici hanno scelto di far pronunciare il loro discorso a Stacey Abrams, che ha appena perso per pochissimo le elezioni a governatrice della Georgia. «Sappiamo che la collaborazione tra le parti potrebbe produrre un piano sull’immigrazione all’altezza del Ventunesimo secolo», ha detto Abrams, «ma questa amministrazione ha scelto invece di mettere in gabbia i bambini e separare le famiglie». Abrams, che è afroamericana, ha detto poi: «Dobbiamo pretendere da tutti – da chi occupa le istituzioni ai nostri parenti – di prendersi le responsabilità di parole e gesti razzisti, e definire il razzismo per quello che è: sbagliato».