La contestata legge francese contro i teppisti
Sarà votata oggi e contiene norme molto severe pensate soprattutto per controllare le manifestazioni di piazza
Oggi, martedì 5 febbraio, l’Assemblea Nazionale francese voterà una proposta di legge molto controversa definita “anti-casseurs” (anti-teppisti). La proposta era stata presentata a fine gennaio dopo tre mesi di manifestazioni anche violente dei “gilet gialli” da un senatore del partito di centro-destra Les Républicains e ha guadagnato il sostegno del governo del presidente Macron. Ma i deputati, anche all’interno della stessa maggioranza di governo, sono molto divisi sul testo: alcuni lo considerano positivo e necessario per il rispetto dell’ordine pubblico, altri ne parlano come di un provvedimento contro le libertà civili e che farebbe tornare la Francia «sotto il regime di Vichy», filonazista e durante il quale venivano attuate schedature di massa.
Il testo contiene, secondo gli esperti, diversi punti che sembrano difficili da attuare, dal punto di vista legale, morale o semplicemente pratico. La proposta, all’articolo 2, vuole ad esempio dare ai prefetti il potere di vietare a «qualsiasi persona verso la quale sussistano serie ragioni per ritenere che il suo comportamento costituisca una minaccia» la partecipazione a una manifestazione. Il divieto colpirebbe anche «qualsiasi persona che appartenga a un gruppo o che abbia rapporti regolari con individui che incitano, facilitano o partecipano alla violenza». Fino ad ora, solo un giudice poteva emettere un divieto del genere e nel contesto di una condanna, non preventivamente.
Le persone che verrebbero interessate dall’articolo 2 sono, secondo i critici, definite in modo molto vago e molti deputati, anche di maggioranza, hanno sottolineato che solo le persone che sono già state condannate per quel tipo di violenza possono ricevere un divieto: la richiesta di questa modifica è stata respinta dal governo. La creazione di un divieto amministrativo di manifestare (IAM) è ispirata al Daspo degli stadi, ma secondo molti vìola lo spirito della Costituzione: tali divieti si oppongono alle libertà dei cittadini e delle cittadine di muoversi, di esprimersi e di incontrarsi. Sebbene il diritto di manifestare non sia poi esplicitamente menzionato nella Costituzione francese, il Consiglio costituzionale ha riconosciuto nel 1995 un «diritto all’espressione collettiva di idee e opinioni». Dal luglio del 2016, questo diritto può essere sospeso, ma solo in caso di stato di emergenza.
Un altro problema dell’articolo 2 è l’aspetto discrezionale della misura che, come dicono i dati sui ricorsi relativi alle misure simili allo stadio, ha comunque generato applicazioni improprie piuttosto sistematiche. Il potere del divieto verrebbe trasferito insomma dai tribunali (che agiscono in base a prove e indagini) ai funzionari e ai dirigenti (che potrebbero agire in modo non regolare o verificato).
Le persone colpite dal divieto di manifestare verrebbero poi automaticamente schedate in un elenco già esistente, quello delle persone ricercate (RPF), che contiene già 620 mila nomi a disposizione della giustizia, della polizia, della gendarmeria e delle dogane: quali informazioni verrebbero conservate e per quanto tempo dovrebbe essere stabilito da un successivo decreto. Ma questa schedatura, sempre a discrezione dei prefetti, riguarderebbe non solo i soggetti colpevoli di aver commesso violenza, ma anche qualsiasi persona che in modo generico «appartenga a un gruppo o abbia rapporti regolari con individui che incitano, facilitano o partecipano» alla violenza, senza che quella persona avesse mai ricevuto una condanna penale. Per Lauréline Fontaine, docente di diritto pubblico e costituzionale alla Sorbonne, «non si dovrebbe apparire nell’elenco delle persone ricercate a causa della nostra appartenenza a un gruppo. Mi sembra problematico basare un’integrazione al RPF sulla base di un criterio che non rileva un’infrazione».
L’articolo 4 della proposta di legge prevede poi la pena di un anno di reclusione e una multa di 15 mila euro per una persona che «volontariamente, totalmente o parzialmente, nasconda il proprio viso». La ragione di questa misura è stata spiegata dal senatore che ha presentato inizialmente la proposta di legge: «Se una persona arriva coperta, non è perché fa freddo». Diversi avvocati e organizzazioni non governative temono però che il provvedimento, comunque molto vago, porti a degli eccessi o scoraggi in modo significativo l’esercizio del diritto di manifestare, compromettendo anche la sicurezza dei manifestanti. «Tenendo conto della violenza di alcuni manifestanti e delle forze dell’ordine oggi, dobbiamo imperativamente proteggerci, anche dai gas lacrimogeni», ha detto a Le Monde l’avvocato Arié Alimi, spiegando come una norma del genere avrebbe effetti negativi anche per persone che partecipano a manifestazioni con le migliori intenzioni.
Anche Amnesty International si è opposta a questa misura, che considera «illegale secondo il diritto internazionale». Per la ONG, la punizione dei manifestanti non può basarsi esclusivamente sull’uso «di un equipaggiamento protettivo, che può nascondere parzialmente il volto». Oltre al «rischio di mettere in pericolo la salute e la sicurezza fisica dei manifestanti», Amnesty ritiene che questa misura avrà un «effetto deterrente forte per l’esercizio del diritto di protestare» e che potrà anche «portare ad arresti arbitrari».
Un ultimo punto molto discusso del testo di legge prevede che lo Stato, fino ad ora responsabile civilmente per danni derivati da crimini o reati commessi con la forza o con la violenza durante le manifestazioni, possa presentare ricorso contro «gli autori dell’atto dannoso». Il primo ministro Edouard Philippe ha parlato di principio di responsabilizzazione dei manifestanti, in modo che «siano i ladri a pagare e non i contribuenti». Da un punto di vista pratico, però, secondo molti esperti potrebbe essere difficile avviare tali procedimenti.
Questi e altri punti sono stati contestati dalla sinistra, ma anche da alcuni esponenti della maggioranza che hanno già annunciato che si asterranno o che voteranno contro facendo notare come potrebbe essere applicata questa legge in caso di un governo di estrema destra. Il provvedimento anti-casseurs, secondo alcuni, è stato poi pensato esclusivamente per colpire politicamente i “gilet gialli” e per rispondere (solo in una direzione) ai duri scontri di piazza avvenuti negli ultimi mesi tra forze dell’ordine e alcuni manifestanti. Anche le forze di sicurezza sono state infatti criticate per un uso eccessivo della forza, come dimostrano moltissimi video e le decine di manifestanti che hanno riportato danni permanenti a causa soprattutto dell’uso massiccio di proiettili di gomma.