Mezza Europa ha riconosciuto Juan Guaidó come presidente del Venezuela
Da stamattina Spagna, Francia, Regno Unito e Germania, tra gli altri, dopo che il presidente Maduro si è rifiutato di indire le elezioni anticipate
Molti paesi europei (Spagna, Francia, Germania, Regno Unito, Danimarca, Svezia, Austria, Paesi Bassi, Portogallo, Lituania, Lettonia e si attendono a breve simili dichiarazioni da altri paesi) hanno riconosciuto Juan Guaidó come presidente ad interim del Venezuela: alla mezzanotte di domenica 3 febbraio è infatti scaduto l’ultimatum chiesto da diversi paesi europei al presidente Nicolás Maduro per indire elezioni presidenziali anticipate. L’ultimatum è stato respinto, e Maduro, anzi, ha annunciato nuove elezioni legislative per modificare l’Assemblea nazionale controllata dall’opposizione e di cui Guaidó è presidente, che aveva già svuotato di ogni potere.
Dopo la scadenza dell’ultimatum, il primo paese a parlare è stato la Francia. Il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian ha detto che Juan Guaidó «ha la legittimità di organizzare elezioni presidenziali, in quanto nuovo presidente ad interim» e che la Francia avrebbe consultato i suoi partner europei per risolvere il conflitto pacificamente e per evitare una guerra civile. Un messaggio simile è stato scritto poco dopo dal presidente francese Emmanuel Macron su Twitter.
Les Vénézuéliens ont le droit de s’exprimer librement et démocratiquement. La France reconnaît @jguaido comme « président en charge » pour mettre en œuvre un processus électoral. Nous soutenons le Groupe de contact, créé avec l’UE, dans cette période de transition.
— Emmanuel Macron (@EmmanuelMacron) February 4, 2019
Il riconoscimento di Guaidó è stato poi annunciato anche da altri paesi. Il primo ministro spagnolo, il socialista Pedro Sánchez, ha detto in un’intervista televisiva: «Il governo spagnolo annuncia ufficialmente il riconoscimento del presidente dell’Assemblea del Venezuela, Guaidó, come presidente incaricato del Venezuela (…) La legittimità democratica di Juan Guaidó deriva dalla sua condizione di presidente dell’Assemblea Nazionale». Sánchez ha anche annunciato che promuoverà un piano di aiuti umanitari per il Venezuela, poiché centinaia di migliaia di rifugiati stanno lasciando il paese. Una dichiarazione di riconoscimento per Guaidó è stata fatta in mattinata anche dalla Svezia, dalla Danimarca, dalla Germania, dai Paesi Bassi, dal Portogallo, dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz e dal ministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt.
El régimen de #Maduro se ha negado hasta la fecha a aceptar unas elecciones presidenciales libres y justas. Por este motivo, consideramos desde este momento al Presidente @jguaido como Presidente interino legítimo de conformidad con la Constitución venezolana.
— Sebastian Kurz (@sebastiankurz) February 4, 2019
Nicolas Maduro has not called Presidential elections within 8 day limit we have set. So UK alongside European allies now recognises @jguaido as interim constitutional president until credible elections can be held. Let’s hope this takes us closer to ending humanitarian crisis
— Jeremy Hunt (@Jeremy_Hunt) February 4, 2019
La Russia, che continua invece a sostenere Maduro insieme principalmente a Cina e Turchia, tramite il portavoce del presidente Vladimir Putin ha parlato di «ingerenza» da parte dell’Europa: «Vediamo i tentativi di legittimare l’usurpazione del potere come un’interferenza diretta e indiretta negli affari interni del Venezuela».
Qualche ora fa, in un’intervista al canale televisivo spagnolo La Sexta, il presidente venezuelano Maduro aveva detto che non avrebbe mostrato «codardia di fronte alle pressioni» di chi supporta il suo avversario. E ancora: «Perché l’UE deve dire a un paese del mondo che ha già indetto elezioni che deve ripetere quelle elezioni, perché non sono state vinte dai suoi alleati di destra? Stanno cercando di colpirci con gli ultimatum per costringerci a una situazione estrema di confronto». In realtà le elezioni presidenziali sono considerate irregolari da moltissimi esperti e osservatori, e a quelle legislative – vinte dall’opposizione – era seguito l’esautoramento del Parlamento.
Intanto la comunità internazionale è ancora divisa sulla crisi venezuelana e per il momento quella espressa in mattinata dai governi di alcuni paesi europei non è la posizione ufficiale dell’UE, che per ora ha diffuso un comunicato piuttosto vago riguardo alla autoproclamazione di Guaidó come nuovo presidente del paese, avvenuta lo scorso 23 gennaio in occasione delle grandi proteste di piazza contro il regime di Maduro. Venerdì 1 febbraio l’Unione Europea aveva proposto un riconoscimento implicito di Guaidó, che però era stato bocciato dall’Italia, dalla Grecia, dalla Finlandia e aveva fatto emergere molte divisioni.
Il governo italiano, in particolare, ha preso finora posizioni contraddittorie riguardo alla crisi politica in Venezuela: il M5S ha detto (ma non senza contraddizioni interne) di non voler riconoscere Guaidó per la sua tradizionale opposizione alle interferenze occidentali nei paesi stranieri, ma secondo quanto dichiarato da Luigi Di Maio l’Italia starebbe comunque lavorando diplomaticamente perché il governo Maduro venga rimosso e ci siano nuove elezioni. La Lega di Matteo Salvini ha invece fatto sapere in modo chiaro che «Maduro sta piegando il suo popolo con la violenza e con la fame» e ha chiesto nuove elezioni. Si è espresso invece con più chiarezza il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che parlando all’inaugurazione di un centro di accoglienza per migranti ha detto che «non vi può essere né incertezza né esitazione: la scelta tra volontà popolare e richiesta di autentica democrazia da un lato, e dall’altro la violenza della forza e le sofferenze della popolazione civile».
La prossima tappa diplomatica sarà una riunione che si svolgerà giovedì 7 febbraio a Montevideo, in Uruguay: sarà presente il cosiddetto “gruppo di contatto” formato da otto paesi membri dell’UE (Germania, Spagna, Francia, Italia, Portogallo, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia) e da quattro paesi latino-americani (Bolivia, Costarica, Ecuador e Uruguay). L’obiettivo dichiarato dal gruppo è «contribuire a creare le condizioni affinché emerga un processo politico e pacifico, consentendo ai venezuelani di determinare il loro futuro attraverso elezioni libere e credibili».
Nel frattempo, domenica 3 febbraio in un’intervista alla CBS, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che aveva riconosciuto la legittimità di Guaidó non appena si era dichiarato presidente in carica – ha spiegato che un intervento militare degli Stati Uniti in Venezuela è «certamente un’opzione» e ha fatto sapere anche di aver respinto la richiesta di Maduro di un incontro. La Russia, la Cina e la Turchia continuano invece ad appoggiare il leader socialista che gode anche del sostegno, molto importante, delle forze armate venezuelane.