Chi non vuole il “backstop”, cosa propone?
Il meccanismo inserito nell'accordo su Brexit per evitare la creazione di un "confine rigido" tra Irlanda e Irlanda del Nord non piace a molti, ma le alternative scarseggiano
Quando martedì il Parlamento britannico ha incaricato il governo conservatore di Theresa May di tornare a Bruxelles per rinegoziare il “backstop“, cioè quel meccanismo inserito nell’accordo su Brexit concluso da Unione Europea e governo May per evitare la creazione di un “confine rigido” tra Irlanda e Irlanda del Nord, in molti si sono chiesti: sì, ma qual è la proposta alternativa? Trovare un’intesa sul “backstop” sembra essere diventato fondamentale per convincere il Parlamento britannico ad approvare un accordo ed evitare lo scenario del “no deal” (nessun accordo), considerato catastrofico da diversi politici ed esperti. Il problema è che il Parlamento britannico non sembra avere le idee chiarissime sul “backstop”: ci sono alcune proposte alternative, ma nessuna sembra essere abbastanza solida da convincere l’Unione Europea a tornare sui suoi passi, e nessuna sembra tenere sufficientemente in considerazione il rischio di un aumento delle tensioni in Irlanda del Nord.
Il “backstop” è uno dei passaggi più controversi e contestati dell’accordo su Brexit bocciato a larghissima maggioranza dal Parlamento britannico lo scorso 15 gennaio (qui la spiegazione lunga di cos’è il “backstop”).
L’accordo prevede che il 29 marzo (data fissata per Brexit) si entri in un periodo di transizione di due anni (prolungabile) durante il quale tutte le attuali regole europee rimarranno in vigore: in questo periodo Regno Unito e UE cercheranno di concludere i complicati accordi commerciali per regolare i loro rapporti post-Brexit. Se questi accordi non verranno trovati, allora si attiverà il “backstop”, un meccanismo che assicura che tra Irlanda (stato membro UE) e Irlanda del Nord (regione del Regno Unito) non si crei un “confine rigido”, con controlli a merci e persone, che rischierebbe di indebolire l’accordo del Venerdì Santo, cioè quell’accordo di pace che negli anni Novanta mise fine al conflitto nordirlandese.
Il “backstop” prevede che tutto il Regno Unito rimanga parte dell’unione doganale e che l’Irlanda del Nord rimanga anche all’interno del mercato unico europeo per quanto riguarda le merci: è un meccanismo voluto fortemente dall’Irlanda e che l’UE ha definito “non più negoziabile”.
Nella sua versione definitiva, però, il “backstop” non piace a diverse forze politiche britanniche. Non piace ai sostenitori della “hard Brexit”, perché prevede che per uscire dall’unione doganale ci voglia il consenso sia del Regno Unito che dell’UE: condizione che potrebbe legare in maniera indefinita il paese alle regole europee. Non piace nemmeno al DUP, il partito nazionalista nordirlandese favorevole all’integrazione dell’Irlanda del Nord con il Regno Unito, che teme che differenziare il trattamento ricevuto dall’Irlanda del Nord rispetto al resto del paese sia il primo passo verso l’integrazione della regione britannica nella Repubblica d’Irlanda.
Quindi, che fare? Finora il Regno Unito non ha formalizzato una vera e propria proposta alternativa, probabilmente perché nessuna sembra avere l’appoggio della maggioranza del Parlamento. Si è parlato però di alcune soluzioni, che BBC ha messo in fila.
Usare la tecnologia
Uno dei passaggi più contestati del “backstop” è quello che prevede che l’Irlanda del Nord rimanga all’interno del mercato unico europeo per quanto riguarda le merci. In sostanza, per quanto riguarda le merci è come se il confine tra UE e Regno Unito si spostasse dalla linea che corre tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda al tratto di mare che separa l’Irlanda e la Gran Bretagna: una cosa per molti inaccettabile.
Una soluzione proposta è eliminare questa differenza di trattamento e rispostare il confine per le merci tra Irlanda e Irlanda del Nord, cercando di renderlo il meno possibile “rigido”, per esempio attraverso l’uso della tecnologia.
I sostenitori di questa soluzione prendono come esempio il confine che esiste tra Norvegia (parte del mercato unico senza essere membro dell’UE) e Svezia (membro UE), uno dei più tecnologicamente avanzati del mondo. Qui i posti di frontiera attraversati dalle auto sono dotati solo di telecamere che utilizzano un sistema automatico di riconoscimento della targa, e un sofisticato sistema informatico consente a molte merci di essere dichiarate alla dogana prima ancora che escano dai magazzini. I camion che trasportano beni, però, sono comunque obbligati a fermarsi alla frontiera per i controlli: a Svinesund (Norvegia), il principale punto di passaggio tra i due paesi, ogni giorno vengono controllati 1.300 camion, ogni controllo dura in media 20 minuti. Dopo Brexit il volume di merci trasportate tra Irlanda e Irlanda del Nord potrebbe essere più elevato e i tempi più lunghi.
La quantità di merce trasportata non è l’unica cosa da considerare. Lars Karlsson, ex funzionario di frontiera svedese che ha scritto un rapporto per il Parlamento europeo su come la tecnologia potrebbe essere usata al confine irlandese, ha detto a BBC che al confine tra Svezia e Norvegia ci sono comunque i posti di frontiera, un elemento che nel caso di Irlanda e Irlanda del Nord potrebbe provocare grandi tensioni e controversie, perché indebolirebbe di fatto l’accordo del Venerdì Santo: l’esplosione di un’autobomba all’inizio di gennaio a Derry, la seconda città dell’Irlanda del Nord, ha mostrato come il rischio di precipitare di nuovo nella violenza esista e che non sia poi così lontano.
Sabine Weyand, capo negoziatrice di Brexit per l’UE, ha detto: «Abbiamo studiato tutti i confini di questa terra, qualsiasi confine che ha l’UE con un paese terzo; semplicemente non c’è modo di eliminare del tutto i controlli».
Usare la tecnologia + nessun controllo alla frontiera
È la proposta dell’European Research Group (ERG), cioè l’organizzazione parlamentare britannica che riunisce i conservatori che appoggiano la “hard Brexit”, ovvero uscire del tutto dall’UE di modo da poter firmare liberamente trattati commerciali con paesi terzi senza essere legati alle regole europee. La proposta dell’ERG è di usare la tecnologia esistente e di fatto abolire i controlli alla frontiera: o meglio, spostarli. In generale, i controlli sulle merci verrebbero svolti tutti nei magazzini, un sistema che non richiederebbe infrastrutture fisiche lungo il nuovo confine tra UE e Regno Unito. I prodotti per i quali l’UE richiede verifiche obbligatorie nel momento della loro entrata nel mercato unico – per esempio alcuni prodotti animali – verrebbero invece controllati nelle vicinanze del punto di passaggio, in territorio irlandese.
Secondo i critici, però, questa proposta non risolverebbe il problema del rischio di violenza contro le strutture dei controlli, che potrebbero essere prese di mira tanto quanto quelle poste lungo il confine. La stessa preoccupazione era stata espressa lo scorso anno dal capo della polizia nordirlandese George Hamilton, che aveva detto che eventuali nuove postazioni di frontiera sarebbero potute diventare oggetto di minacce.
Tecnologia futura
Un’altra soluzione proposta, molto costosa, è quella di evitare del tutto controlli fisici alla frontiera usando un sistema satellitare ancora da sviluppare. Karlsson, lo svedese che ha scritto il rapporto sulla tecnologia per il Parlamento europeo, ha spiegato: «Il conducente del mezzo avrebbe un telefono con sé, collegato a un satellite. Quando il camion passa il confine, il computer lo registra in maniera automatica».
È un sistema che potrebbe risolvere parte dei problemi presentati dalle due proposte precedenti, ma che lascerebbe alcune questioni aperte. Non sarebbe pronto prima di qualche anno, per esempio, e non si capisce come potrebbe funzionare nel caso di autisti di mezzi non registrati nel sistema satellitare. Non risolve nemmeno il problema dell’obbligo imposto dall’UE di effettuare controlli fisici su alcuni tipi di prodotti particolari.
Mettere una data di scadenza al “backstop”
Di fronte alle difficoltà delle proposte che prevedono soluzioni definitive, alcune forze politiche britanniche hanno semplicemente chiesto che al “backstop” venga messa una data di scadenza, oppure che il Regno Unito possa decidere di ritirarsi dal meccanismo in maniera unilaterale, senza necessariamente avere l’approvazione dell’Unione Europea. Il problema di questa proposta è che l’UE ha già detto di no. E ancora no.
Beautiful (in the Economist) pic.twitter.com/HjR2FwPtmB
— Caroline de Gruyter (@CarolineGruyter) February 1, 2019
Lasciare la possibilità di far decadere il meccanismo del “backstop”, o di uscirne unilateralmente, significherebbe per l’UE rinunciare alla garanzia che tra Irlanda e Irlanda del Nord non si crei un “confine rigido”. È una cosa che l’Irlanda non vuole a nessun costo e su cui l’Unione Europea ha detto e ripetuto di non voler transigere.
Il problema sembra essere senza soluzione, perché al momento non esiste alcuna proposta accettabile sia per l’UE che per il governo e il Parlamento britannici. Ma non è solo questo.
Come ha scritto sul Guardian Dearbhail McDonald – responsabile economia e finanza di INM, l’editore del principale quotidiano irlandese – «nessun modello economico può rappresentare gli inqualificabili costi umani e psicologici del ritorno di un “confine rigido” tra Irlanda e Irlanda del Nord. Molti sostengono che le soluzioni tecnologiche – droni e simili – risolveranno la questione. Ma è una farsa: i controlli fisici tra due territori divisi da un confine si possono eliminare solo quando si fa parte di un’unione doganale e quando esiste un’ampia legislazione condivisa». McDonald ha inoltre ricordato come i primi colpi del conflitto nordirlandese furono sparati in posti di frontiera come la città di Newry e provocarono la successiva militarizzazione del confine. Il “backstop” «è molto di più che tariffe e commercio. Riguarda la nostra identità», ha concluso Mcdonald.