La “cannabis light” è legale, dice la Cassazione
Si è espressa contro un sequestro preventivo dello scorso ottobre, chiarendo alcuni aspetti della legge che erano stati male interpretati
La Corte di Cassazione ha depositato venerdì le motivazioni di una sentenza con la quale ha stabilito che la vendita della cosiddetta “cannabis light” è legale, accogliendo il ricorso di un 28enne che aveva subito un sequestro lo scorso ottobre a Porto Recanati, in provincia di Macerata. In particolare, la Cassazione ha stabilito che anche se la legge del 2016 che regola la cannabis light non parla esplicitamente della sua commercializzazione, «risulta del tutto ovvio» che la contempli.
La cannabis light è quella che contiene un basso livello di THC, cioè il principio attivo comunemente associato all’effetto stupefacente della marijuana; contiene invece il CBD, principio attivo che ha tra gli effetti principali una sensazione di rilassatezza. Dal 2016 la cannabis light è regolata in Italia con la legge 242. Da allora sono nati in tutta Italia decine di negozi specializzati nella vendita di cannabis light e di prodotti da essa derivati, che ormai si possono spesso trovare nelle normali tabaccherie.
Negli ultimi mesi del 2018, però, c’erano stati una serie di sequestri preventivi in varie città di Italia: uno di questi è quello oggetto del ricorso alla Cassazione. I sequestri erano stati decisi per analizzare la quantità di THC nei prodotti venduti, e avevano anche riguardato un semplice cliente che ne aveva comprati. Come aveva spiegato la stessa polizia, i sequestri erano stati fatti per la «forte spinta» seguita «all’arrivo in provincia del Questore Antonio Pignataro». A inizio gennaio la questura di Macerata aveva anche chiuso una tabaccheria di Civitanova Marche che vendeva cannabis light, dopo la denuncia di una donna che aveva scoperto che sua figlia l’aveva acquistata.
La Cassazione però ha stabilito che se il commerciante è in grado di documentare che la cannabis proviene da coltivazioni che rispettano la legge del 2016 la polizia non può procedere con sequestri preventivi, a meno che non ci siano seri sospetti che il commerciante stia mentendo. Può soltanto prelevare dei campioni per verificare che il contenuto di THC non superi lo 0,6%. Anche su questo punto particolare la Cassazione ha precisato delle cose: e cioè che è lo 0,6%, e non lo 0,2% come altre sentenze avevano ritenuto, il limite entro il quale la cannabis è regolata dalla legge del 2016 e non dalla 309/1990, cioè la legge Vassalli che regola le sostanze stupefacenti dopo l’abolizione della Fini-Giovanardi.
La Cassazione ha stabilito che la polizia non può sequestrare preventivamente nemmeno le piante di un coltivatore, se può dimostrare che i semi usati sono quelli contemplati dalla legge del 2016. Se, dopo un controllo, il contenuto di THC supera lo 0,6% la polizia può sequestrare o distruggere le piante, ma «anche in questo caso è esclusa la responsabilità dell’agricoltore». La Cassazione ha poi deciso che, visto che la coltivazione della cannabis light è legale, lo è anche la sua vendita: la legge non lo specifica perché non ce n’è bisogno, in pratica.