L’incerto futuro del mercato automobilistico
Il calo delle vendite in Cina e una crisi generale stanno complicando le prospettive di molte aziende, che reagiscono tagliando i costi e alleandosi
Nel 2018 le vendite di automobili in Cina, il principale mercato al mondo, sono diminuite del 2,8 per cento. Si tratta della prima diminuzione in venti anni, e questo sta creando problemi e preoccupazioni per tutti i produttori. Lo scorso anno in tutto sono state vendute in Cina circa 28 milioni di auto, ma le previsioni per il 2019, secondo Michael Dunne, CEO della società di consulenza ZozoGo, dicono che ci sarà un ulteriore calo del 5 per cento nelle vendite. «C’è semplicemente troppa incertezza in un’economia che rallenta» ha detto Dunne, che in passato è stato anche presidente di General Motors in Indonesia, «c’è preoccupazione per la sicurezza del lavoro e poi c’è una grande nuvola di angoscia sulle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina».
Le preoccupazioni principali per le case automobilistiche, come ha raccontato l’Economist, derivano proprio da queste tensioni e dalla guerra commerciale che va avanti da mesi a suon di dazi da una parte e dall’altra. Al termine dell’ultimo G20 di Buenos Aires il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e quello della Cina Xi Jinping avevano annunciato una tregua di 90 giorni, ma ciononostante l’accordo non è ancora stato trovato, e i dazi degli Stati Uniti su molti prodotti cinesi non sono ancora stati revocati. Proprio il mercato cinese, che per anni è stato in forte crescita, è stato quello che ha permesso ai principali gruppi mondiali di continuare a crescere e far fronte invece ai problemi dei loro mercati interni, che fossero l’Europa o gli Stati Uniti.
Come ha spiegato Bloomberg, infatti, i grandi gruppi automobilistici statunitensi hanno dovuto fare fronte negli ultimi anni a grossi cambiamenti nel mercato: da una parte un calo complessivo delle vendite, dall’altra un calo ancora più grande del segmento delle berline, che fino a quel momento aveva garantito i guadagni maggiori. I consumatori statunitensi, ha scritto Bloomberg, si sono spostati decisamente verso SUV e pickup, e molti grandi produttori si sono trovati impreparati a far fronte a questo cambiamento. Per anni il problema è stato tamponato grazie alla crescita del mercato delle auto aziendali e destinate al noleggio, ma ora si cominciano a sentire gli effetti del grosso calo degli acquisti da parte di privati.
Per prepararsi a un futuro pieno di difficoltà, la riduzione dei costi e i licenziamenti sono sembrate a molte aziende l’unica soluzione in questo momento di crisi. È il caso di General Motors, che ha annunciato che nel 2019 taglierà quasi 15mila posti di lavoro nel Nord America, di Ford che lo scorso settembre ha annunciato il licenziamento di 24mila dei suoi 200mila dipendenti, nel tentativo di risparmiare 14 miliardi di dollari all’anno (circa 12 miliardi di euro), e di Jaguar Land Rover, di proprietà del gruppo indiano Tata Group, che invece licenzierà 4.500 persone per risparmiare 3,2 miliardi di dollari (2,8 miliardi di euro).
Per le case automobilistiche, però, tagliare i costi per aumentare velocemente i profitti è solo una delle alternative per affrontare la crisi. L’altra, che diverse aziende stanno valutando, è quella della condivisione dei costi, attraverso alleanze e, in alcuni casi, fusioni. Il 15 gennaio, ad esempio, Ford e Volkswagen hanno annunciato un accordo per produrre insieme veicoli commerciali a partire dal 2022 e per sviluppare insieme automobili di nuova generazione, come quelle elettriche o quelle che si guidano da sole. Secondo gli analisti del settore, le alleanze tra le case automobilistiche potrebbero essere il solo modo in futuro per limitare i costi e poter contrastare un colosso come Google, che da tempo sta investendo nelle ricerche sulle auto a guida autonoma e che nei prossimi anni potrebbe diventare un diretto concorrente nel mercato automobilistico.
Le fusioni tra i grandi gruppi saranno secondo l’Economist l’argomento principale di conversazione nel 2019, e una delle voci che si sono fatte più insistenti nelle ultime settimane è stata quella su una completa fusione del gruppo formato da Nissan e Renault. In seguito all’arresto dell’ex presidente del gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi e CEO di Renault, Carlos Ghosn, accusato di aver deliberatamente sottostimato i suoi compensi nei report alle autorità di borsa, sembra che per ora il piano sia stato messo da parte, ma secondo l’Economist in futuro sentiremo ancora parlare di progetti simili e la fusione tra Fiat e Chrysler voluta da Sergio Marchionne ha dimostrato che collaborazioni del genere possono funzionare anche se c’è l’oceano di mezzo.