Come i musulmani stanno cambiando il turismo

Sono sempre più giovani, ricchi e desiderosi di viaggiare, e ci sono sempre più siti che consigliano come farlo e hotel attrezzati ad accoglierli

(AP Photo/Mahmoud Illean)
(AP Photo/Mahmoud Illean)

Dal 2016 il turismo musulmano è cresciuto del 30 per cento, favorendo la nascita di ristoranti, alberghi e altre strutture attenti alle sue esigenze: offrono menu con piatti privi di maiale (vietato nell’Islam), resort con piscine separate per uomini e donne, voli aerei con sole bevande analcoliche e itinerari con interruzioni che permettono di pregare cinque volte al giorno, come prescrive il Corano. Secondo uno studio di Mastercard e Crescent Rating, nei prossimi dieci anni il fatturato del turismo halal, cioè conforme alla legge islamica, passerà dagli attuali 180 a 300 miliardi di dollari, circa 265 miliardi di euro.

Fino a qualche anno fa, i musulmani si spostavano soprattutto per andare a trovare i parenti lontani, per una gita nel paese di origine o in pellegrinaggio, ma ora le cose sono cambiate. «In Europa la comunità musulmana è alla terza o quarta generazione: è ben istruita e ha lavori ben pagati», ha spiegato al New York Times Ufuk Secgin, capo del marketing di Halal Booking, un motore di ricerca dedicato ai viaggiatori musulmani.

Per i musulmani, però, viaggiare nei paesi che non lo sono non è facilissimo: un po’ per la difficoltà a trovare piatti adeguati – la cucina halal vieta l’alcol e il maiale, quindi strutto e molti salumi, e richiede una particolare macellazione degli animali – un po’ perché spesso gli hotel, le spa e le spiagge non prevedono strutture separate per uomini e donne, che consentono a queste di trovarsi a proprio agio. Per questo nel 2015 la londinese Soumaya Hamdi ebbe l’idea, dopo un viaggio in Malesia con il marito e il figlio di 4 mesi, di aprire Halal Travel Guide, una piattaforma di consigli, raccomandazioni e itinerari per turisti islamici. Sempre nel 2015 Mikhael Goh, uno studente di Singapore in trasferta a Seul, aprì Halal Will Travel, ora diventata una comunità online per viaggiatori musulmani letta da 9,1 milioni di persone al mese.

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Halal Trip offre pacchetti di viaggio appositi – che si tratti di pellegrinaggi religiosi o tour per millennials, cioè i nati dopo la metà degli anni Ottanta; aiuta a localizzare la direzione della Mecca verso cui rivolgersi per pregare, anche in volo, stabilendo gli orari in cui farlo tenendo conto dei fusi orari; e ha ovviamente una mappa di ristoranti halal. Halal Booking offre strutture che prevedano spiagge, piscine e spa separate per uomini e donne, bar e ristoranti senza alcol e con cibo halal. Si possono selezionare strutture sia parzialmente che interamente halal, dove per esempio l’alcol è completamente proibito: in Italia ci sono 17 resort che offrono cibo halal, ma c’è soltanto un hotel che lo serve esclusivamente, l’Hotel Kappa a Mestre.

Un altro punto di riferimento è Crescent Rating, che dal 2008 realizza e utilizza analisi e ricerche sul turismo musulmano in tutto il mondo, organizza conferenze sul tema, stila classifiche sugli hotel e offre corsi per albergatori e ristoratori su come attirare turisti islamici. Secondo una ricerca di Crescent Rating e Halal Trip, entro il 2020 i turisti musulmani in tutto il mondo saranno 156 milioni. Al momento le destinazioni non musulmane preferite sono Germania, Russia, India, Regno Unito e Cina.

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In pochi anni la mancanza di siti che offrano informazioni complete sul turismo musulmano, come fanno Yelp o TripAdvisor per gli altri turisti, è stata colmata da siti e blog di nicchia tenuti e destinati a donne giovani, che ora sono diventati veri punti di riferimento. Il New York Times cita per esempio Passport and Plates della blogger losangelina Sally Elbassir; Arabian Wanderess di Esra Alhamal, che racconta com’è per una ragazza musulmana viaggiare da sola facendo attenzione ai costi; e Muslim Travel Girl della bulgara Elena Nikolova. Questa per esempio è la sua guida di Roma, dove racconta il timore di essere trattata poco cortesemente perché velata e di essere stata smentita dalla «carineria degli italiani che abbiamo incontrato. Le persone sono molto amichevoli e gli sconosciuti ci sorridono»; qui consiglia altre città e regioni italiane, come Palermo e la Puglia, qui invece suggerisce cosa vedere, dove dormire e cosa mangiare a Venezia.

La maggior parte di questi blog e piattaforme non vuole solo semplificare la vita dei musulmani all’estero, ma anche spingerli a scoprire posti nuovi, lontani dalle mete più tradizionali e rassicuranti. Altre volte però le mete esotiche sono scelte dagli stessi clienti: Goh ha raccontato che «le destinazioni più popolari in cui lavoriamo sono Giappone e Corea del Sud. I nostri clienti sono giovani – hanno tra i 25 e i 30 anni – e molto influenzati dalla cultura pop coreana e da Instagram».

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Trovare strutture dove pregare è una delle preoccupazioni principali, ma «il fattore numero uno è la buona qualità di cibo halal: sto parlando di cibo locale autentico che sia anche halal» ha spiegato Hamdi di Halal Travel Guide. Per questo sono numerosissimi i siti, blog e account Instagram che suggeriscono ristoranti dove trovarlo. Tra i più seguiti c’è Halal Girl, che vive a Londra e segnala piatti halal in giro per la città e nei luoghi che visita: è utile per sfrangiare un po’ di pregiudizi e rendersi conto che halal non vuol dire soltanto couscous, falafel e shawarma ma anche frappuccini, hamburger, dim sum cinesi e pizze.

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