«Ma quali otto giorni!»
Lo ha detto il ministro degli Esteri venezuelano durante una riunione ONU, criticando l'invito di alcuni paesi europei a convocare nuove elezioni entro inizio febbraio
Sabato a New York si è tenuta una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per discutere della grave situazione in cui si trova il Venezuela. Alla riunione era presente anche il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza, che ha duramente criticato la posizione presa sabato dai governi di Spagna, Germania, Francia e Regno Unito sul Venezuela: questi paesi avevano detto che avrebbero riconosciuto il leader dell’opposizione Juan Guaidó come legittimo presidente del Venezuela nel caso in cui entro otto giorni il regime di Nicolás Maduro non avesse convocato nuove elezioni libere e democratiche. Arreaza ha detto:
«Ma quali otto giorni! Perché non convoca le elezioni direttamente il presidente Pedro Sánchez [il primo ministro spagnolo, ndr]?
Arreaza ha accusato l’Europa di interferire negli affari interni del Venezuela, prendendosela in particolare con il limite fissato a otto giorni e con il primo ministro Socialista spagnolo Sánchez, e ha definito la sua azione «quasi infantile». Arreaza ha criticato anche gli Stati Uniti, che dopo le grandi proteste antigovernative di mercoledì in diverse città venezuelane avevano annunciato di riconoscere come presidente legittimo del paese Juan Guaidó.
La riunione del Consiglio di sicurezza era stata chiesta la scorsa settimana dal segretario di Stato americano Mike Pompeo, dopo giorni di proteste antigovernative. In un comunicato diffuso mercoledì dall’ONU, il segretario generale António Guterres chiedeva alle varie parti politiche del Venezuela di «abbassare la tensione» e invitava tutti gli attori più rilevanti coinvolti negli scontri ad avviare un dialogo politico credibile. La riunione di sabato ha confermato le divisioni che continuano a esserci tra i membri permanenti con potere di veto al Consiglio di Sicurezza: gli Stati Uniti, già schierati dalla parte di Guaidó; il Regno Unito e la Francia, pronti ad appoggiarlo se non verranno convocate nuove elezioni; e infine Cina e Russia a difesa del regime di Maduro.